Il nome e il cognome di una persona non sono mai poco significativi,
soprattutto calandosi nella realtà di coloro che nelle città, nei
paesi, nelle scuole, nei condomini, sul posto di lavoro digiunano
compiendo una azione nonviolenta per raggiungere un obiettivo
politico. Non a caso Marco Pannella ha giustamente messo nome e
cognome alla propria lista e al proprio movimento. Chiunque, anche la
persona più anonima potrebbe imitarlo e su questo si regge gran parte
del modello uninominale all'americana di cui il movimento è promotore.
Dunque la prima forma di violenza impercettibile ma psicologicamente
rilevante, è quella di considerare, squalificandoli, i nomi e i
cognomi di per se poco importanti se non definiti all'interno della
divisione sociale del lavoro. Tizio Caio Sempronio, per #Cappato#,
romano, attivista e conosciuto all'interno del movimento, non
significa nulla. Per me, invece che sento alla radio un nome, quel
nome, può significare tutto, anche l'adesione al digiuno in quanto è
quel nome, non quella professione, a convincermi che è giusto unirmi a
questa iniziativa. Riconosco in quel nome una identità e un motivo di
condivisione politica che #Cappato# invece riconoscerebbe desumendoli
dalla professione. Non so come ci riesca, forse ha delle doti
particolari.
E' un po' come quello che mi diceva molto tempo fa Laura Terni, che
ringrazio per avermi spiegato un concetto di cui non avevo, almeno
all'inizio, afferrato il senso. "Non sono radicale in quanto donna,
per bacco!", sosteneva Laura. Giusto. Parimenti ritengo corretto,
nei limiti di un onesto confronto, dire che non si è nonviolenti solo
in quanto normali imprenditori, normali operai, normali casalinghe,
normali puericultrici, normali disabili...piuttosto in quanto, con il
proprio nome e cognome, si è innanzitutto cittadini che hanno deciso
di farsi sentire, di ribellarsi. Il senso della mia polemica non era
certo quello di accusare le conduttrici della trasmissione radiofonica
di essere fasciste, ci mancherebbe, semplicemente ho fatto notare che
l'archetipo su cui si regge quel tipo di informazione è scorretto, è
vile, non rende la giusta dignità politica che un nome e un cognome,
del tutto anonimi a me, possono assumere per un altra persona, per un
altro cittadino.
Se proprio vogliamo dare più concretezza alla identità dei
digiunatori, almeno chiediamogli, magari in diretta, alle ultime
elezioni per chi hanno votato, se hanno, oltre al movimento, qualche
altra simpatia politica. Rendiamo questo tipo di digiuno davvero
politico e non una sorta di censimento per categorie che informa i
cittadini utenti di Radio Radicale che cinquanta medici, trenta
casalinghe, duecento studenti, quarantotto disoccupati etc. compiono
un digiuno a staffetta o ad oltranza. Anzi molto spesso accade, come
a Pordenone, che gli stessi giornali locali se ne infischino dei
digiuni nonviolenti perchè una persona politicamente sconosciuta
magari non osa o non ritiene prassi normale avvisare della propria
iniziativa gli organi di informazione. E sul giornale, qualora
l'informazione dovesse passare, sarebbe bello, oltre che utile, che
l'interessato non venisse definito solo per la categoria lavorativa
alla quale appartiene (per quale motivo poi?), bensì per le idee, per
i motivi che la spingono a tale gesto. Questa è visibilità, è
riconoscimento politico.
Nessuna ipocrisia in tutto questo, mi pare di scorgere. Anzi, il fatto
di dedicare gran parte del mio tempo libero per scrivere su Agorà
invece che andare a spasso, non è sintomo di rabbia. E qualora lo
fosse, chiuderei il computer e me ne infischierei di quello che ci si
può trovare scritto. Mi spiace che questa mia longeva attività dia
fastidio a #Cappato# ma non è costretto a leggermi, dopotutto, come
non è costretto a digiunare.
Personalmente non ho nulla da giustificare in quanto condivido il
*motivo* del digiuno, ma non il *metodo* con il quale è promosso su
radio radicale. Tutto qui.