IL DILEMMA MAI RISOLTO. SCARSA INFORMAZIONE O QUESITI IN OVERDOSE?
Articolo di Luca Tentoni pag.2
Il problema denunciato da Marco Pannella riguardo la scarsità di informazione sulle sue raccolte di firme è reale. I telegiornali delle reti pubbliche fanno meno di ciò che potrebbero, e su quelle private sembrano lontani i tempi dei martellanti spot che invitavano ad andare alle urne, e a votare "no" contro i quesiti "antiberlusconiani". Quando il confronto fa spettacolo, come nel caso della "battaglia delle reti", l'attenzione dei mezzi di comunicazione è elevata. Però è anche vero che nel '78, ai tempi del monopolio RAI (o quasi), a parlare di abolizione del finanziamento dei partiti e della legge Reale sull'ordine pubblico i radicali erano soli. Forse molto più di oggi. Tuttavia in quella occasione Pannella sfiorò il colpaccio: i "sì" contro i "soldi dello Stato" ai partiti superò il 43% dei voti validi. Non fu sufficiente, certo. Ma si ebbe l'impressione che gli italiani avessero ben compreso il messaggio del leader radicale. I temi in discussione, in quegli anni, erano pochi e di facile presa. Dal divo
rzio (1974) all'abolizione della preferenza unica (1991) gli elettori si sono espressi sempre in modo inequivocabile. Persino quando l'astensione dei cacciatori (1990) aveva fatto fallire una consultazione referendaria per mancanza del quorum di votanti 8andò al seggio solo il 43,4% degli aventi diritto) l'indicazione era stata chiara. Poi la democrazia diretta, grazie ai "ritagli elettorali" dei quesiti di Mario Segni (1991 e 1993) ha conosciuto una stagione esaltante. Parallelamente però, il numero delle schede è aumentato (otto nel '93, dodici nel '95) e si è diffusa la sensazione che su alcuni quesiti l'interesse fosse scarso. Talvolta forse, il superamento del quorum necessario per rendere valida la consultazione è stato conseguito grazie all'"effetto di trascinamento"esercitato da tematiche di maggior richiamo come la battaglia antipartitocratica o, come ricordavamo, la disputa sul numero delle reti Fininvest. Lo scorso 11 giugno, infatti, nonostante il grande risalto dato da stampa e televisione all'
avvenimento, solo il 57,9% degli Italiani ha deciso di cimentarsi con il rompicapo referendario che l'attendeva al seggio. E' su quest'ultimo dato che sarebbe opportuna una riflessione: avere spazio in TV e sui giornali non basta neppure quando si ha molto da proporre. Quando si ha una o due grandi campagne ideali da sostenere, è facile orientare gli elettori, far comprendere loro i dati positivi e negativi dell'abrogazione di una legge. Ma quando nel paniere referendario c'è di tutto, l'abbondanza finisce per rendere l'offerta "troppo" ricca. E' difficile da spiegare, specie quando le materie sulle quali si vuole intervenire sono complesse, e non le si può liquidare con poche battute. Gli Italiani, a quanto pare, non sono stanchi della democrazie diretta. Ma forse desiderano un po' di chiarezza. Il mare di quesiti alimenta il rischio che l'aumento costante dell'astensionismo e della disaffezione possa condurre il Paese dell'arcobaleno di schede ad un mesto requiem referendario.