MILLE VOLTI DI MARCO IL DIGIUNATOREIN PARLAMENTO UN OPUSCOLO DI AUTOPROPAGANDA
L'autobiografia di Pannella
"Mille Marchi si intitola un opuscoletto autobiografico con foto in bianco e nero che Marco Pannella, leader storico dei radicali italiani, darà a tutti i senatori e deputati della Repubblica"
articolo di Filippo Ceccarelli
pag.5
PANNELLA QUARANT'ANNI DA LEADER
Mille marchi sono, al cambio, una discreta sommetta: circa un milione e 100mila lire. Ma Mille marchi, come estensione plurale e dilatamento iconografico di Marco Pannella, cosa sono, una fortuna o una disgrazia? Mille Marchi si intitola un opuscoletto di foto in bianco e nero che la settimana prossima tutti i senatori e deputati della Repubblica si troveranno in casella. Sulla copertina il soggetto.protagonista - ma anche ideatore, editore, diffusore e astuto responsabile marketing - li fissa già da ora con aria concentratissima, nell'intensità quasi ipnotica della persuasione. Volti pagina e c'è Pannella per terra, in gessato spiegazzatissimo, che viene gettato via dai gendarmi. Poi lui giovane, lui vecchio, lui grasso, magro, seduto, in piedi, in volo, da solo e in compagnia delle più alte autorità spirituali del mondo, dal Papa al Dalai Lama. E occhi spiritati, braccia aperte come ali spiegate, boccate di fumo, capelli bianchi su girocolli neri, denti, smorfie, cappuccini, bavagli...
Scheletrico alla macchina da scrivere, oppure travestito da Amleto, da Nosferatu, da Babbo Natale, da miliziano croato. Mille Marchi, appunto, dal 1953 a oggi. Un'autocelebrazione senza precedenti, ma anche un'offerta, la più sfrontata possibile, di se stesso. Con un paio di copie pilota, l'altra sera, e un imprevisto banchetto di raccolta firme per i referendum subito piazzato nell'atrio del Teatro Parioli, , s'è presentato al Costanzo Show : uno contro tutti. Qui, da vecchio leone dell'intrattenimento tv, ha retto per più di due ore di trasmissione scavalcando decisamente i "tutti", salvo chiamarli di tanto in tanto "questi qui", dandogli dei "trogloditi" e controllando chi lo applaudiva e chi no. "E tu, non t'allargare troppo!"ha ingiunto a Pecoraro Scanio; "E io che t'ho fatto eleggere al Parlamento Europeo..." ha gelato un Sandro Fontana piuttosto ringalluzzito. "Siamo tutti ammirati" mormorava ad un certo punto il senatore Folloni; "Tu digiuni - se ne è uscito verso la fine uno sconsolato Nicky Vendola
- e io mi sento un verme". Ogni tanto, da un poderoso pacchetto da 25, cacciava fuori ed accendeva golosamente una Gauloise. Peccato non sia andata in onda la scenetta di uno del pubblico che protestava: "Perché lui fuma e noi no?". "Perché voi siete plebaglia" ha risposto Pannella con un allegro sogghigno. Quindi ha mostrato e poi s'è appeso al collo il solito cartello: 06-6826, carta di credito o vaglia telegrafico per il sostegno ai referendum (la mattina dopo erano già arrivati 60 milioni, ma lui vuole arrivare a 4 miliardi). Sempre estenuante, espressivo, torrenziale, alternando moduli teatrali alla Ermete Zacconi e uno strano romanesco colloquiale, ha rivendicato l'onestà sua e dei suoi ("neanche un affitto, neanche un concorsetto"). Con "voi che ci guardate" ha promesso di "spartire il pane della verità" contro le censure del servizio pubblico e i boicottaggi degli uffici comunali. A Scalfaro, recuperando una certa qual dolce solennità, ha rivolto parole di preghiera. La settimana prossima, secondo r
agionevoli calcoli, sarà raggiunta la maggioranza assoluta dei parlamentari che avranno sottoscritto in appello a suo favore.A scorrere le firme si trova davvero di tutto: picchiatori e giudici, rottami della Prima e astri nascenti della Seconda Repubblica , uomini-azienda e indipendentisti, gangster e operaisti. Mille Marchi, certo,è dedicato anche a loro, ma la smodata trasfigurazione del soggetto, la sua presenza moltiplicata su sfondi planetari ed epocali (la cupola di San Pietro, il simbolo dell'Onu), la stessa sacralità implicita nella foto con gli anziani genitori, costituiscono un fenomeno che non ha eguali nella politica e nella comunicazione. La scelta delle immagini, affidata ad Angiolo Bandinelli, Aurelio Candido e Maurizio Turco, privilegia naturalmente il Pannella a digiuno. Neturalmente perché dal punto di vista delle energie, della fantasia e della resa è, in assoluto, il miglior Pannella, il più magnetico nella sua gracilità quasi sacrificale, un'altra persona rispetto a quel Pannella gonfi
o e frustrato che una volta, con una straordinaria immagine, Gianluigi Melega definì "una portaerei nel Lago di Nemi". Anche ora, non a caso, è a digiuno, sia pure con modalità tecniche ormai piuttosto personali: ha iniziato due mesi fa, è passato allo sciopero della sete, stava per morire, s'è beccato due flebo controvoglia, poi ha ricominciato a bere, s'è fatto una "magnifica pizza napoletana" l'ha compensata rinunciando a sei cappuccini nei due giorni seguenti. Resta il fatto che Marco Pannella è uno dei pochi, anzi è l'unico fra i protagonisti della vita pubblica, a potersi permettere il lusso - se di lusso si tratta - di rifare quello che aveva già fatto venti o trent'anni prima. La marcia contro la Rai, perciò, la distribuzione di hascisc, la candidatura girovaga a rischio (vedi Napoli), il giornale e il digiuno, appunto. Il tutto in genere a mani nude, senza mai spendere una lira e sempre raccogliendo una popolarità e un consenso, soprattutto esterno e talvolta addirittura incredibile, che vanno ben o
ltre i pur miseri confini elettorali delle liste che portano il suo nome. E che lo pongono in una specie di dimensione rarefatta, al di sopra dei Poli e delle sfiducie, come unico, vero e grande "rompicoglioni" - così lo ha definito De Crescenzo al Costanzo Show - di cui prima o poi non sarà possibile non sentire la mancanza. E' forse questa, veniva da pensare osservandolo l'altra sera in tv, la lezione poeticamente spropositata di Pannella. Quel suo insistere sul deserto del Sahel che deve "fiorire"; quel suo approccio protettivo con Berlusconi che farà "la fine di Maxwell"; le microcomposizioni recitate da Loretta Goggi ("Speranza non è che tu venga/Verresti e sarebbe speranza"); le minacce di occupare l'ufficio dell'"alleato " Dotti per riavere 450 milioni da Forza Italia; lo spossante mettere e rimettere in gioco se stesso a partire dal proprio corpo. E dal proprio "io" strabordante, quindi, risorsa e maledizione di un personaggio che può vantare una longevità senza pari, ma la paga con questo narcisismo
così coerente e scoperto. Anche così si può osservare questo Mille Marchi che sarebbe riduttivo giudicare con i parametri dell'auto-culto della personalità. Perché l'opuscolo in realtà, è oltre. E se le immagini del santo, del giullare, dell'agitatore, del salvatore, sono fulminanti nella loro varietà autobiografica, la relativa "Pannellanea" - così è presentata nel testo una piccola antologia in prosa preceduta da due elogi di Sciascia, sulla persuasione, e di Pasolini, sullo scandalo - lascia persino smarriti. "Io - si legge - sono quello a cui l'impiegato un po' spaurito che ha dato sempre del Lei al capo ufficio, dice per strada, vincendo la sua frustrazione e la sua cultura 'ciao Marco'". Oppure: "Mi fanno passare per un capopopolo perché temono che possa apparire come uno statista". E parla di guerra, di fame, di droga, ma anche di masturbazione e di brodo con dadi, burro e parmigiano. E briga, impiccia e profetizza, vola, si offre a tutti, nella sua più eccessiva irrequietudine: Prendere o lasciare.
Così consapevole di vivere in un mondo che lo ha dato per morto troppe volte da far stampare lì, su Mille Marchi, in epoca di stucchevoli parenti-testimonial, la dichiarazione della sorella donna di poca fede: "A Marco gli si è spappolato il cervello...". Il che, pur con tutti gli errori, le furbizie, le follie e le asprezze del caso, sembra ancora da dimostrare.