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Conferenza Movimento club Pannella
Palumbo Stefano - 22 novembre 1995
LA STAMPA 22 NOVEMBRE 1995

CON LA REGIA DI MARCO VA IN SCENA LA RIVINCITA DEL CORPO QUALUNQUE

IL CASO TRASGRESSIONE E POLITICA

Un colpo di grande teatro ben oltre il cerone e gli spot della politica dell'immagine.

Articolo di Filippo Ceccarelli pag.5

Due milioni e mezzo, quasi nulla è costato a Pannella ed alla sua tribù il messaggio più impressionante che la politica - se la parola esprime ancora qualcosa - è riuscita a trasmettere negli ultimi anni. Due milioncini e mezzo per l'affitto del teatro, per i tecnici delle luci e i microfonisti. E basta. Otto corpi nudi, e ancora più nudi perché inflacciditi dal digiuno e fulminanti nella loro primordiale imperfezione, hanno annichilito qualsiasi sofisticata strategia comunicativa, riducendo l'eleganza leccata degli spot a un giochino per bimbi ricchi e viziati. Se si pensa infatti ai miliardi spesi da poli e partiti per le loro gigantesche messe in scena elettroniche, per preziose consulenze, sondaggi fasulli, improbabili image-maker e inni ridicoli, se si pensa ai dannatissimi compromessi imposti dalla norma televisiva, se si pensa al cerone, al media-training, ai visagisti e alle perigliose "comparsate" da Mara Venier, ecco, la rappresentazione tutta teatrale dei riformatori è stata una lezione - e una

rivincita - tanto semplice quanto sconvolgente. Se poi la gente andrà anche a firmare per i referendum, a questo Pannella ed i suoi dovranno dire grazie, al corpo. Perché mai, in tempi moderni, il corpo è stato così protagonista di un "atto politico". E mai, forse, a memoria di giornalista, un avveduto governo dei media (attesa calibrata, accesso disciplinato, postazioni tv fisse, niente flash, niente mucchi selvaggi) ha raggiunto tali livelli di fantasia e perfezione tecnica. L'evento, oltretutto, c'era. Emozioni forti e ben manipolate. Bisogna starci. Del tutto avvezzo, ormai, al bombardamento dei nudi "belli" e pubblicitari, gli spettatori si s sono trovati di fronte otto corpi in carne ed ossa, otto disgraziati che mai avrebbero pensato a mostrarsi in quel modo e che, evidentissimamente, soffrivano. Una violenza aliena da qualsiasi virtuoso esibizionismo. Pance, peli, peni, peticelli, smagliature. Una nudità disperata e fanatica che per forza di cose e per inesorabili ricordi visivi evoca certe immagini

di lager e, prima dei lager, richiamandoli dai primordi della storia, ammassi di prigionieri e forse anche mucchi di cadaveri. Vero teatro, insomma, con i dovuti effetti catartici. Peccato per la musica: assente. Ma la complessa regia di Pannella, questa volta, s'è voluta esprimere per sottrazione e fissità. Dovevano, proprio quei corpi, "emettere silenzio". Si sentiva solo la sua voce. "Questa è la nuda verità", "questi sono i nostri corpi, nudi", "la nostra denudata politica", "la nostra nuda lotta", "le nostre nude mani". E allora, di fronte a tale ammasso di carne moscia, immobile e vergognosa, sparivano dall'orizzonte nevrotico della vita pubblica italiana tante altre vane nudità, quella incompleta e promozionale di Benetton, quella provocatoria di Sgarbi, quella atletica di Tomba, quella patinata di Barbareschi, quella rubata a Casini, quella rinfacciata alla Mussolini, quella nascosta della Pivetti, quella contraffatta di Di Pietro a scherzi a parte...

"Così come ci siamo fatti ricchi della nostra storia - continuava l'invisibile Pannella - ci facciamo forti del nostro magrore". Come mai proprio lui, inventore, autore, regista e sopratutto persuasore di esseri umani comprensibilmente tormentati, abbia scelto di non mostrarsi è questione piuttosto complicata, che forse va al di là della giustificazione ufficiale ("Non ero in digiuno") per depositarsi, suscitando pure un certo sgomento, oltre i confini delle misteriose e a volte anche dolorose dinamiche carismatiche della famigli radicale. E tuttavia, nessuno più di Pannella conosce e ha sperimentato, lungo l'arco di un trentennio, ormai, il terribile magnetismo del corpo come arma politica. In altre parole, ha già dato, e ampiamente. Non solo perché lì, in una dimensione fisica e a tratti addirittura sensuale, affondano le radici storiche del radicalismo italiano: l'"amore libero" dei beatniks nostrani, perciò, la mozione al congresso del 1967 sulla liberazione sessuale, la battaglia per la pillola, l'util

izzo in senso divorzista di quell'ircocervo porno-libertario che è stato il primo Abc. Fino ad uno spot del 1986 in cui diversi testimonial figuravano nudi dalla cintola in su, o al giornale che metteva in prima pagina il disegno di un pene eretto contro gli stupri in Bosnia. No, di suo, di personalissimo, Pannella può dire di aver sempre messo in gioco la pelle, la faccia, i capelli, i polmoni, le labbra, gli abiti e naturalmente, a suo modo, anche le "vergogne" più corporali. Tra il remoto digiuno del 1974, quando per la prima volta offrì invano di farsi fotografare nudo, e lo sciopero della sete di due mesi fa, segnato da terrificanti bollettini medici che davano conto di quello che stava accadendogli "dentro", c'è un'ininterrotta tiritera di bavagli, sandwich, rigonfiamenti, cliniche della salute, travestimenti (Amleto, clown, miliziano, Babbo Natale) e perfino aste con risvolti feticisti (il "dolcevita" venduto a lire 530 mila). Il tutto per rimanere fedele a quel suo preferito verso di Rimbaud, "le ra

isonnable déréglement de tous les sens", il ragionevole sregolamento di tutti i sensi. Non a caso Modugno, malandatissimo, arriva ai radicali sulla sedia a rotelle. O prima ancora ci arriva il "diverso" e "scandaloso" Pasolini. Non a caso nelle liste del pr viene eletto il consigliere comunale sieropositivo. E la stessa Cicciolina, quella specie di sogno di natura incubatica che mostrava "la tettina" dovunque e a chiunque, cerca e trova ospitalità da Pannella. Il quale ieri avrà pure citato Isaia, ma dopo tutto, considerata l'esposizione di quella carne confusa e volutamente sconcia, poteva pure prenderla più alla lontana, con Adamo ed Eva: "Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture". E forse, a pensarci bene, è proprio questa sua spaventosa coscienza del potere del corpo, del suo e di quello degli altri, che lo rende a tanti - ma non a troppi, se si considera che è in campo da un quarto di secolo - così odioso, e anche dia

bolico. "Buffone" gli dicono da anni ed anni. Che sarebbe El gracioso spagnolo, il Tolper e il Rupel germanici, il Jester o Fool del teatro elisabettiano. E il pagliaccio, in Italia. "Una figura - ha scritto di recente in un dotto articolo il mensile cattolico Cartabianca - che è anche lontana erede della maschera del diavolo, frequente nelle sacre rappresentazioni medievali: e Pannella ha quel tratto diabolico che lo fa erede del peggior Medioevo". Siamo, come si vede, al di là della "politica". Anche la scena nuda di ieri lo era, ma in parte. Nell'era che celebra il trionfo dell'apparenza, questa apparenza è stata portata alle più estreme e semplificate conseguenze. Alberto Arbasino si è chiesto "quali 'balzi' ancora più avanzati - ci potranno essere - nell'immaginazione fisiologica". Pannella risponde che già nel 1968 sentiva parlare dei bonzi che si dava fuoco. Ma è una risorsa o una tragedia?

 
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