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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Antonella - 26 novembre 1995
PERCHE' IL PALAZZO TEME I REFERENDUM
"Il Giornale", 25 novembre 1995

di Iuri Maria Prado

prima pagina

Già avevo scritto di voler tornare sul tema dei venti referendum promossi dai Riformatori. E l' occasione particolare per affrontare nuovamente l'argomento, la offre un corsivo di Stefano Folli pubblicato sul "Corriere della Sera" il 23 Novembre. A coloro i quali lamentano che i cittadini italiani non sono sufficientemente informati sulla campagna referendaria attualmente (e ancora per poco in corso), altri oppongono tradizionalmente, questo argomento: che l' informazione è necessaria, è dovuta, no quando vengono raccolte le sottoscrizioni, ma solo dal momento in cui sono indetti i referendum. E al medesimo argomento ricorre appunto il commentatore politico del "Corriere" nell' articolo citato. Scrive Folli: "I grandi quotidiani, proprio perché sono fogli d' opinione e non di partito, seguono le loro priorità e non possono trasformarsi in fogli militanti". Il quadro cambia, invece -continua Folli- quando i referendum sono convocati: "Allora si che il dovere dei giornali diventa quello di offrire ai cittadi

ni ogni possibile elemento per giudicare e decidere".

Ma queste argomentazioni non possono essere seguite. Vediamo perché. "E' indetto referendum popolare per deliberare l' abrogazione, totale o parziale, di una legge..."dice la Costituzioni"...quando lo richiedono cinquecentomila elettori..."Chi firma, dunque, a strettissimo rigore, esprime qualcosa di più rispetto alla semplice volontà che venga indetto il referendum: presumibilmente la sottoscrizione implica già il "sì" all' abrogazione proposta. E sarebbe proprio questa circostanza -secondo tanti e secondo l' articolo di Folli- a militare per l' opportunità che la scelta degli elettori (la scelta di sottoscrivere o no) sia operata in regime di libertà e dunque senza condizionamenti da parte della stampa, della televisione, eccetera.

Tre obiezioni.

1) Per poter "scegliere" il cittadino dovrà pur essere informato. se il cittadino non sa, non può sottoscrivere, e dunque non sottoscriverà: ma sarebbe una "scelta", questa? Certamente no.

2) Ammesso che anche la non-sottoscrizione sia una scelta (implicitamente sia il "no" all'indizione del referendum sia il "no" all' abrogazione proposta); pure ammesso, dunque, che già nel corso della campagna referendaria, della raccolta delle firme, davvero si svolga nel paese e tra i cittadini uno scontro di opinioni tra il "si" e il "no", allora a maggior ragione proprio in tal fase sarebbe assolutamente necessario favorire il dibattito, tramite servizi, commenti, opinioni che consentano il confronto dei diversi orientamenti, e, appunto la scelta dei cittadini. Non ci si rende conto, cioè, di come sia proprio l' argomento della presunta libertà di scelta ( di sottoscrivere o no la richiesta di referendum), ad imporre che nel corso della campagna si faccia quell' informazione che, invece, si vorrebbe rinviata al tempo della convocazione degli elettori (e cioè in un tempo in cui la presunta "scelta" -di sottoscrivere o no- è già stata fatta).

3) Ancora, non si vede perché i referendum debbano essere considerati diversamente e "declassati" rispetto alle altre iniziative di modificazione legislativa. Forse che i giornali, la televisione, non si occupano delle proposte di legge, dei decreti, dei regolamenti, se non quando essi sono definitivamente adottati e resi esecutivi? Non scherziamo per piacere. E' assolutamente abitudinario che i giornali, la televisione, gli osservatori, gli opinionisti, i politici, riportino, discutano, commentino, il contenuto di proposte, programmi e disegni solo allo stato di mero progetto. Ed è proprio e solo in forza di questa (sana) abitudine che il corpo elettorale può - per usare le parole di Folli - "giudicare e decidere". Ebbene, allora ci si domanda perché mai questa abitudine sarebbe impropria nel caso dei referendum?

E infine sostenere che della campagna referendaria i giornali, siccome "fogli d'opinione", non dovrebbero occuparsi più che tanto, è davvero inconcludente. Aborto, legge elettorale, responsabilità civile e carriere dei magistrati, Ordine dei giornalisti, privatizzazioni, sanità pubblica, locazioni, sostituto d'imposta... Non sono temi meritevoli di commento, di "opinione", appunto? La realtà è un'altra: i referendum sottraggono alla classe politica l'esclusiva dell'attività di governo e la diffondono nel Paese: per questo sono temuti, per questo non se ne parla.

 
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