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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Paolo - 28 novembre 1995
COMUNICATO STAMPA
Roma, 28 novembre 1995

ZINGARI-POLSI ROTTI: LETTERA APERTA ALLE TESTATE GIORNALISTICHE ROMANE DI PAOLO PIETROSANTI, RAPPRESENTANTE ALLE NAZIONI UNITE DELLA UNIONE INTERNAZIONALE DEI ROM.

Domani è un altro giorno, e di polsi spezzati o di comprensibili nervosismi si cesserà di parlare.

Scoppierà una bombola di gas in un campo nomadi, ne moriranno 10 o 100. Poi cesserà l'emozione, che naturalmente, fisiologicamente non dura mai più che pochi giorni. Pochi, tanto pochi da non accompagnare altro che le parole programmatiche e di intenzioni che si fermano presto.

Scema l'emozione, non rimane la politica. Non rimane l'amministrazione delle cose dei cittadini. Fino al prossimo dramma, fino al prossimo caso di violenza, di esasperazione. O fino al prossimo atto nobilmente spettacolare.

Eppure quello degli Zingari è un problema di persone. Vi sono al mondo più Zingari che Ungheresi, più Zingari che Greci o Portoghesi. Molti di più. Siamo tra i 20 e i 30 milioni. Tanti.

Eppure le amministrazioni non riescono a guardare agli Zingari se non quale minoranza sociologica. Da assistere, da circoscrivere, da paternalisticamente elogiare per presunti stati di natura conservati e testimoniati, magari nella jungla delle città.

Forse nessuno pensa che il Sindaco Rutelli è assai più nomade di qualsiasi Zingaro del mondo. Che un consigliere di amministrazione di qualsiasi azienda di una certa consistenza è più nomade di qualsiasi Zingaro.

Vi è un acecità così radicata in tutti e ciascuno che è difficile non pensare che il problema zingaro non troverà soluzione se non nella estinzione di quella etnia.

Non c'è un solo zingaro che ammetta di essere tale il cui nome sia noto ad altri che ad una ristrettissima cerchia di persone. Mentre sono molti coloro che in spirito di buona volontà di fanno carico caritativamente delle condizioni esistenziali degli Zingari. Encomiabili, senza dubbio.

Ma gli Zingari stanno scomparendo. Finendo. Estinguendosi - eppure mettono al mondo molti figli. Finiranno per inadeguatezza. Come i muli, che prima o poi non serviranno più.

Conosco Zingari laureati, avvocati o professori universitari. Non in Italia. In Italia c'è ad oggi una sola persona zingara che abbia una laurea. E sono pochissime le Università italiane che studino questo popolo. Mi chiedo se le tesi di laurea in antropologia culturale zingara nell'ultimo decennio, in tutti gli atenei italiani, abbiano superato la decina.

Vi sono, in questo paese, fuochi di paglia di attenzione se una bambola regalata ad una ragazzina zingara contiene una bonba. E poi basta. Uno Zingaro accettabile, qui in Italia, è uno che tace, se ne sta lontano, vive di assistenza. E gratifica coscienze etnicamente bianche.

La pubblica amministrazione si limita a non porsi il problema. Se non per un giorno. Un po' come avviene per lo smog: le centraline segnalano l'emergenza, di gas o di polsi rotti; si ferma il traffico per mezza giornata, o si chiacchera un po' di ragazzini zingari, e poi tutto torna come prima.

Eppure Rita Haywort era zingara per metà, eppure Yul Brynner era zingaro.

E vi sono in Europa circa 12 milioni di Zingari; meno di 100.000 in Italia. Sufficienti per avere un seggio alle Nazioni Unite - o almeno dovrebbero esserlo. Magari lo saranno.

Io chiedo a nome di nessuno, io chiedo agli abitanti di questa città di pensare agli Zingari anche quando nessun polso viene spezzato. A questa città e ai giornali di questa città di pensare agli Zingari anche quando non ne muore nessuno. Dopotutto la buona amministrazione, e dunque il buon convivere, significa proprio essere capaci di superare, o prevenire, le emergenze emotive.

Deve chiedersi, questa città, se sia davvero possibile che un popolo di 20 o 30 milioni di persone sia in grado di non esprimere altro che furti, borseggi, violenze. O se non sia invece, la società dei bianchi, in grado di non vedere altro che piccola criminalità, condannando un popolo ad un aimmagine e una identità diversa da quella vera.

 
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