articolo di fondo pubblicato sul quotidiano Il Mediterraneo del 30/11/95
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Nemmeno i caschi blu...
di Sergio Scandura
Catania come Sarajevo. Mai un paragone come quello fatto ieri dal procuratore capo Gabriele Alicata stato cosø calzante. Consentitemi un accostamento cinico e provocatorio. L'arresto di Santapaola (difficile da inquadrare come "cattura"), in fondo non sembra essere stato un buon affare per lo Stato. Per anni Nitto Santapaola riuscito, in modo feroce e spietato, a garantire un particolare "federalismo" criminale riuscendo a tenere uniti - dal nord al sud del nostro paese - i pezzi da novanta delle famiglie catanesi e dell'imprenditoria illecita al pari del mitico maresciallo "Tito" dell'ex Jugoslavia. Ora che Nitto "Tito" Santapaola, non riesce pi· a garantire quel tipo di "federalismo" con l'impegno e la presenza di una volta, spuntano all'improvviso: serbo-croati, serbo-montenegrini, serbo-bosniaci e via dicendo. Alla balcanizzazione catanese, non sono riusciti a fare fronte nemmeno i caschi blu inviati dallo stato attraverso una operazione chiamata "Vespri siciliani". Alla presenza dei reparti milita
ri a Catania, qualcuno ebbe a sostenere che "finalmente gli organici delle forze dell'ordine respiravano potendo essere impiegati per compiti ben pi· importanti". Nonostante i caschi blu, i dati numerici a Catania delle risorse umane e materiali di polizia, carabinieri e guardia di finanza sono decisamente deprimenti e chissß se il ministro "tecnico" degli Interni Coronas del governo "tecnico" Dini se ne sono accorti. L'allarme dei sostituti catanesi della DDA di una gravitß senza precedenti. Prendo atto con piacere che un sostituto procuratore si sia reso conto che non si pu aspettare ogni sera l'arrivo di un pentito come una donna capricciosa e preziosa attesa da sempre, per poi avviare attivitß investigative sul passato, mai sul presente e, perch no, anche sul futuro. Poco conta se Giuseppe Pulvirenti, meglio noto come " u malpassoto" sia in carcere o meno: tolto un generale serbo-bosniaco come Giuseppe "Mladic" Pulvirenti, se ne trova un altro. Occorre arrivare altrove. Finch ai magistrati inquirent
i continueranno ad arrivare "le carte" degli investigatori sulla parte militare delle cosche catanesi non si risolve nulla. Per soldi, lo sapete, si fa di tutto: piuttosto che stare pietosamente a elemosinare una paga da "art.23" qui a Catania si disposti a partecipare ad un commando omicida a qualsiasi ora del giorno e della notte e in qualsiasi posto, anche in pieno centro se necessario. Sono bravi armieri, ottimi soldati e pagati profumatamente grazie ai ricavi miliardari del traffico di droga. Per colpirli al cuore dei loro interessi, bisogna scoprire chi tiene i conti di Cosa Nostra. Chi sono i loro commercialisti (quelli con la residenza a Campione d'Italia o a Lugano), i loro intermediari nelle burocrazie degli enti locali (forse inutile cercarli tra le forze politiche), chi riesce ad imporre i propri uomini nei consigli d'amministrazione delle realtß imprenditoriali catanesi?
"Non bisogna abbassare la guardia". "C' un calo di tensione". "La magistratura isolata". Frenate - per favore - i soliti appelli (la mia solidarietß a Enzo Bianco che non sa pi· come deve far capire a Roma che stiamo nei guai). L'annuncio delle dimissioni dei sostituti, seppure delicato per le funzioni da loro svolte, giß una piccola inversione di tendenza. Cronisti, magistrati, politici e catanesi "navigati" nelle vicende di cronaca degli ultimi dieci anni non possono non ricordare: nell'88 (Bianco Sindaco) vennero al Palazzo degli Elefanti con gli elicotteri. Il palazzo di cittß era pieno zeppo di cecchini, sirene dappertutto, c'erano il presidente della commissione parlamentare antimafia Gerardo Chiaromonte, l'alto commissario per la lotta alla mafia Domenico Sica, i rappresentanti della magistratura associata.
Poi sono passati fiumi di ministri di Grazia e Giustizia. Da Vassalli a Conso passando per Martelli fino ad arrivare ad un paradosso: i magistrati catanesi in agitazione non hanno oggi un autentico interlocutore vista l'inesistenza di un ministro guardasigilli. Ottomila persone indagate e centosettanta pentiti, spostano il problema anche nei confronti degli avvocati e dei giudici "veri e propri" - quelli che devono fare materialmente i processi per intenderci - costretti a fare ogni giorno acrobazie nelle Corti d'Assise e nei Tribunali. Come se non bastasse, i pubblici ministeri, devono rinunciare spesso alla attivitß investigativa per lavorare sugli impianti accusatori nei dibattimenti in corso. In un processo come quello de "L'orsa maggiore", per esempio, ci sono decenni di storia criminale chiamati in causa compresi, l'omicidio di Giuseppe Fava e l'attentato alla villa di Pippo Baudo (scusate se vi sembra poco). Cambiate registro, trovate un modo, inventiamoci qualcosa di alternativo: iniziative forti -
magari anche di disobbedienza civile - senza emulare azioni di tipo "leghista" e privilegiando un senso civico, se esiste ancora. Sindaco, Questore (quando riesce a stare almeno un anno qui a Catania), Prefetto, Arcivescovo e chi pi· ne ha pi· ne metta.