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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 4 dicembre 1995
Francesco Rutelli
T R A N A T H A N E B O T T A I

di Angiolo Bandinelli

("L'Opinione", 4 dic. 1995, pag.1/10)

Il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, già sostenitore del maggioritario a due turni per i Comuni, aggrega ora alla sua maggioranza Ppi e Comunisti Unitari. Un "ribaltone", o che cosa? Fuori della maggioranza resta solo An. Ma, giunti a metà del mandato, il giochino non basta.

Rutelli sa che deve rimboccarsi le maniche. Promesse e progetti non bastano più. La città mostra segni di impazienza, e gli avversari lavorano a capovolgere il voto di due anni fa, per gestire loro il Giubileo, e magari le sospirate Olimpiadi.

Sarà interessante seguire le vicende romane, non solo per quel che riguarda il destino della città. Nella persona di Rutelli passa un capitolo del ricambio del personale politico nazionale. E Rutelli vuole, in questo ricambio, avere una parte importante, da protagonista. E' dunque in questa ottica che vanno giudicate, pensiamo, le sue recenti mosse: un certo indurimento negli atteggiamenti, insospettabile in chi aveva vinto le elezioni come il "piacione" in motorino per cui tifavano adolescenti e mamme delle periferie, il ripudio del suo passato di "referendario" pannelliano (l'ampliamento della maggioranza va in questa direzione), la rivalutazione di Bottai...

Qualche giorno fa, a un gruppo di cittadini che gli chiedevano di salvare il centro storico dal degrado che lo usura (tra dieci anni lo stupendo travertino di Piazza Navona sarà del tutto mangiato dalle piogge acide) il sindaco rispondeva seccamente, prima di abbandonare la sala:"Il centro non sarà mai un museo". La risposta era, sul piano del metodo, sbagliata e dunque, detta da persona intelligente, suona cinica; perché il problema va rovesciato: il centro storico romano 'è' - piaccia o no - un museo, e come tale va consegnato all'urbanistica moderna perché lo salvi dal degrado.

Risposta cinica, dunque. Ma un politico deve saper governare anche il suo cinismo, non esserne succube. Almeno se vuole fare cose grandi e durevoli. Rutelli è dunque in bilico, il suo destino arriva finalmente nelle mani. Purtroppo, nel grigiore dell'attuale personale politico non è detto che il meglio si faccia largo e non prevalgano invece scelte mediocri e strumentali. Sarebbero, allora, tempi dolorosi per tutti.

Rutelli arrivò al partito radicale a metà degli anni '70, su una scalcagnata Vespa. Si diede subito da fare organizzando un gruppetto di entusiasti antimilitaristi e dirigendo un suo giornalino di battaglie nonviolente, graficamente elegante anche se singolarmente alieno da asprezze e polemiche. Quei rutelliani erano chiamati, nel partito, le "giovani marmotte". Ma Rutelli si conquistò la fiducia di Pannella ed emerse rapidamente, da segretario regionale del Lazio a segretario del partito: efficiente, sempre "su piazza", a Roma o a Comiso o dovunque ci fosse movimento. Nell'83 Pannella lo candidò, sponsorizzandolo in una trasmissione elettorale (la conduceva, se non sbagliamo, Tortora) come il "volto nuovo" del radicalismo italiano (e qualcuno non ha mai perdonato l'iperbole). Il giovane deputato fu molto bravo, anche da Presidente del gruppo. A metà degli anni '80, quando Pannella decise la svolta del Partito "Transnazionale e transpartito" anche lui, come Franco Corleone e Adelaide Aglietta, trasmigrò tra

i Verdi. La sua scelta a candidato a sindaco di Roma è storia recente.

In questi ultimi due anni Rutelli si è trasformato parecchio, assumendo posizioni - sul sistema elettorale o sui referendum - che oggettivamente lo allontanano dal suo passato. Tra il Nathan indicato da Pannella e il Governatore Bottai sembra che la bilancia delle sue preferenze penda per quest'ultimo.

Sicuramente non è decisione indolore, Rutelli è anche uomo di affetti e memorie. Forse lo lusinga l'immagine che potrebbe venirgli da un diverso modello di politico, il realista, il "decisionista" sbrigativo: ed ecco l'insofferenza per le critiche degli ambientalisti e degli abitanti del centro (definitivamente condannato alla perdita della secolare centralità per essere emarginato a uno dei tanti problemi della metropoli che già si viene disegnando), gli accordi sul Giubileo (una occasione non colta per avviare per un ridisegno complessivo dei rapporti urbanistici tra Roma e il Vaticano), il puntare sulle Olimpiadi, oltre che per il prestigio che gliene verrebbe, per dotare la città di qualche attrezzatura. E poi le sfide con l'onnipresente Sovrintendente La Regina, con le Ferrovie di Necci, con il Sottosegretario alle Aree Urbane Scalzini, tutte opportunità di affermarsi come l'efficientista adatto ad ancor più alti traguardi.

L'uomo è abile a intuire situazioni e prospettive, per aver studiato alla eccezionale scuola di Pannella; ma, nella gran corsa, dovrà vedersela con competitori che si chiamano D'Alema, Cacciari o Veltroni, a sinistra, mentre a destra non si vedono altrettante figure di uguale spessore (Fini, forse Casini?). Tutti con alle spalle un partito, o strutture forti, o una rete di solidarietà...

Se dovessimo pensare che in Rutelli combattono due anime, ci prenoteremmo ad essere spettatori dello scontro. A seconda di quale dei due Rutelli vincerà, potremmo divinare cosa aspettarci in termini di politica nazionale e di future leadership. L'abbandono di Nathan (se confermato) non sarà un elemento marginale di giudizio. Optare per Nathan significava il tentativo di formare a Roma, una città che ne è estremamente povera, una classe dirigente (non solo amministrativa) decisa ad affermare la sua autonomia rispetto alle pretese di un governo (per non parlare del Vaticano) che non ama una concorrenza sotto casa. Bottai evoca invece l'immagine di un "governatorato" in rapporto subalterno alle richieste dei due dirimpettai (e, dimenticavamo, del partito). La scelta è ostica, ma sono questi gli unici percorsi possibili (per il resto, dopo Papa Sisto V, c'è solo squallore clericale) se si vuole fare uscire Roma dall'attuale degrado. Un tragitto in cui la città è molto indietro rispetto, per es., a Napoli, che an

che nel suo sfacelo appare sempre partecipe di un destino di capitale d'impronta grandiosamente europea.

Chi potrà essere il candidato che la destra opporrebbe a Rutelli, in un confronto che non sia di basso profilo? Bottai non ci piace, ma il rischio è che si ritorni, e sarebbe il disastro, ai Petrucci o ai Signorello.

Angiolo Bandinelli

 
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