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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 22 gennaio 1996
APPELLO DEL MOVIMENTO DEI CLUB PANNELLA-RIFORMATORI

PETIZIONE POPOLARE PER LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE

DELLA REPUBBLICA, OSCAR LUIGI SCALFARO

GIOVEDI' 25 GENNAIO, GRANDE MANIFESTAZIONE A MILANO

DALLE NOVE DEL MATTINO ALLE VENTIDUE

CENTO TAVOLI PER FIRMARE

Il Movimento dei Club Pannella-Riformatori rivolge un appello all'opinione pubblica, alle forze democratiche, a tutti coloro che non rinunciano alla speranza della grande Riforma liberale e liberista, presidenzialista americana, federalista, federalista europea, perché immediatamente firmino la petizione popolare con la richiesta di dimissioni nei confronti del presidente della Repubblica, nell'auspicio e pronti a sostenere le iniziative volte ad ottenere la sua messa in stato di accusa, secondo quanto previsto dall'art. 90, II^ comma della Costituzione.

Nel silenzio della stampa e dei mezzi di informazione, di quanti si prestano a coprire le gravissime responsabilità del Presidente della Repubblica, solo poche voci, come quella del giurista cattolico Sergio Cotta, si sono coraggiosamente levate. "Il Capo dello Stato - ha detto Cotta - in una misura mai prima avvenuta nell'Italia repubblicana, ha espropriato il parlamento, sotto il paravento di governi tecnici che tali non sono, poichè sono tecnici di parte".

L'appello promosso dai Club Pannella-Riformatori corrisponde sicuramente a un sentimento ormai diffuso nel Paese. Non vi è chi non conosca persone che sono, rabbiosamente quasi, mobilitate o animate nei confronti del Presidente della Repubblica. Occorre tradurre tutto questo innanzitutto in ragionevolezza, individuando gli elementi di critica, di polemica rispetto alla gravità della situazione, senza insulti ma - dall'altra parte - per colpire al cuore una vera e propria operazione di regime. Una operazione di regime che ha come precedente, pallido, quello del 1976 o '77, della "unità nazionale", della costituzione di un Gran Consiglio dei Partiti che fuori della Costituzione, fuori delle Istituzioni - perché il Presidente della Repubblica non era allora direttamente disponibile - assicurava la gestione politica e di potere del Paese.

Noi oggi abbiamo un Presidente della Repubblica che - con grande "professionalità" e decisione - riesce ad essere il cuore stesso dello schieramento di rilancio del "regime" dopo la sua crisi. L'operazione è chiara: dal '92 in poi si sono liberati di una parte troppo esposta del regime stesso: oggi si tratta di rilanciarlo e di "costituzionalizzarlo" in qualche misura: è questa l'essenza stessa della partitocrazia, una società e uno Stato non fondati sul "lavoro" come dice la Costituzione, o altro, ma una società e una Costituzione libanesi, cioé fondati sulle etnie e sulle fazioni.

Non è caso che in questi giorni si stia levando dai "cespugli" un coro di rane assordante. Sui quaranta e più partiti che ci sono, oltre 35 non solamente vogliono questa direzione politica del Presidente Scalfaro ma anche il "ticket", il tandem Scalfaro-Dini, per sottolineare la continuità dello schieramento politico che ha imposto il cosidetto "governo dei tecnici" al paese. Costoro hanno qualificato e stanno sempre più qualificando i loro obiettivi: dopo aver per un anno sostenuto una formula politica che è ributtante a livello teorico e della costituzione dello Stato repubblicano, quella del "governo dei tecnici"; dopo aver costituito l'assemblaggio di tutto il meno dignitoso, della Lega, dei partiti, ecc. (sul quale la sinistra, sbagliando molto spesso, per settanta-ottanta anni ha vomitato contro: i "comitati di affari della borghesia", "i tecnici al servizio dei poteri occulti e contro lo Stato di diritto", e così via) questo schieramento è convinto di essere nella fase dell'assalto finale.

Sono tutti mobilitati in modo che ancor oggi il Presidente, con la scusa di fare il punto sulle consultazioni, ha potuto rivolgere una sorta di appello al paese, dicendo: "Qualcuno mi chiede ancora qualche minuto, o qualche gioro (non è nominato, ma è evidentemente Berlusconi) e io, nella mia responsabilità, dinanzi alla posta in gioco, le riforme, ecc., non posso essere sordo...", subito poi precisando: "In modo non necessariamente formale continuerò nelle prossime ore nelle mie consultazioni, continuerò nella mia opera (perché di questo si tratta)...".

Sicché non si può escludere che dopo quarantottore, o giù di lì, si proceda, e si proceda come si procedeva nel '77, nel '78, nel '79, nell'80, tentando di imporre anche alla Camera, alle istituzioni, fino a farla divenire legale a posteriori, la situazione che si è venuta determinando di fatto, in cui c'è un Presidente della Repubblica che è il leader di uno schieramento politico, del "Gran Consiglio dei Partiti". Come al momento del caso Moro.

Occorre dunque che il Movimento dei Club Riformatori, e quanti lo hanno sostenuto, facciano i conti con la realtà dello scontro politico; e anche con la determinazione, l'istinto sicuro, il riflesso di esclusione che scatterà nei loro confronti dopo la prova di forza sociale e civile data con il deposito di undici-dodici milioni di firme in Corte di Cassazione (cosa che quegli altri ritenevano inimmaginabile), e dopo che i sondaggi hanno cominciato a dare segnali dell'inizio di un trasferimento sul piano del potenziale elettorale della forza, del prestigio acquisito.

Una guerra è in corso nel nostro Paese, da dieci o venti anni, e tutto questo è normale, scontato, ed è accaduto. Ma noi dei Club Pannella-Riformatori abbiamo visto giusto, ancora una volta: noi abbiamo chiamato allo scoperto nellla sua qualità di leader politico quello che dovrebbe essere invece il Capo dello Stato. E abbiamo preso una iniziativa che ha senso solo se riusciremo a consentire a masse importanti del Paese, in questi giorni, subito, di render visibile, manifesta, la loro sfiducia, la sfiducia di una parte importante del Paese, nei confronti del Capo dello Stato. E nei confronti dello schieramento politico che attorno a lui si va estendo, rafforzando, con la prospettiva di "riforme" - doppio turno e semipresidenzialismo - che non a caso i Club, i Riformatori indicano da sette-otto anni come il punto obbligato di arrivo di una controriforma che è contro le riforme democratiche e di alternativa e ripropone ancora in Italia - in modo più ordinato - il gioco delle "alternanze" tra "Poli" che il Pa

ese ha conosciuto benissimo dal '46-'47.

Tra Fanfani e Andreotti - non dimentichiamolo - si avevano vere e proprie alternanze, di politica e, se si vuole, anche di blocchi sociali. Per decenni si sono avute "alternanze", all'interno del mondo contrapposto a quello comunista; inizialmente democristiane e poi - quando la partitocrazia era ormai entrata in crisi - assicurate anche con il passaggio da presidenti del Consiglio democristiani a presidenti del Consiglio laici (con Spadolini o Craxi, per lunghissimi anni al governo della partitocrazia). Oggi si è passati ai tecnici, con l'obiettivo di avere, se possibile, qualcuno che sia - magari un democristiano come Prodi (ma questo probabilmente non andrà in porto) - in netta continuità col passato. In questa situazione, la personalità di Scalfaro è oggettivamente quella dell'ultimo della serie dei "grandi Mostri" della partitocrazia e del potere. Oggi sicuramente Scalfaro è un grande Andreotti, un grande Moro, una grande Fanfani: assicura la rivincita di quelli che sembravano i condannati da Tangento

poli.

Si continua a contrapporre Berlusconi e Di Pietro. Ma si ignora il fatto che le forze e i partiti di potere di oggi vivono con i patrimoni di ieri, frutto del bottino di venti anni di Tangentopoli: le varie formazioni democristiane se lo sono divise fra di loro, ufficialmente, e lo stesso è vero per gli altri partiti: per il PDS con la sua esposizione di oltre 440 miliardi (quelli ufficiali) verso il sistema bancario italiano, con la complicità attiva della Banca d'Italia. Tutto questo oggi risulta, nella continuità, rafforzato. Venti anni fa doveva arrivare Calvi per fare certe operazioni e promettere ai partiti, attraverso il Banco Ambrosiano, i finanziamenti dei quali c'era bisogno, Oggi non è più Calvi, non è più il Banco Ambrosiano, oggi c'è una situazione ufficiale, nello Stato: in queste ore, al Senato, è stata concessa la procedura legislativa per il finanziam pubblico dei partiti. Tre anni fa venne vinto il referendum per abolire tutto questo, e tutto questo continua.

Come Club Pannella-Riformatori, diamo un giudizio allarmato circa quanto ci sta accadendo dal momento in cui abbiamo detto che dobbiamo dare ai cittadini che sono contro tutto questo - come contro i pateracchi, l'inciucio - la possibilità di esprimersi, offrendo loro un vero e proprio "servizio pubblico" per fare sì che non vi sia separatezza, separazione totale tra i sentimenti popolari e le operazioni che si stanno conducendo e che sono l'esaltazione del potere del Presidente della Repubblica così adoperato. Noi siamo riusciti, nella raccolta delle firme per i referendum, a muoverci tra enormi difficoltà, a trovare i cancellieri, a risolvere tutti i problemi connessi alla autenticazione e poi alla certificazione. Siamo da sempre abituati a lavorare, a lottare per i referendum.

Ma se siamo abituati al più difficile, rispetto al meno difficile - nella raccolta di firme per una petizione non c'è bisogno, anche se nel più assoluto, rigoroso rispetto delle regole, del cancelliere e delle autenticazioni, con tutto l'onere che questo comportava - dovremo essere nei prossimi giorni più capaci ancora di mettere a disposizione della gente, non solo e non tanto i militanti, ma puramente e semplicemente i tavoli, aprendoli alle nove di mattina, ovunque possibile, per dare alla gente l'opportunità di trasformarsi in militanti, in "tavolinari", per un giorno o per un'ora.

Occorrono migliaia di tavoli. Con Radio radicale, con pochissimi appoggi (come il "Giornale" di Feltri) il Movimento dei Club pannella-Riformatori dovrà essere capace, in una situazione che non è ancora di assoluta solitudine ma che potrà esserlo assai presto, di fare uscire nelle strade, nelle piazze, ovunque, un massimo di tavoli che è comunque minore al massimo dei tavoli che sono stati necessari, coi cancellieri e tutto il resto, per i referendum.

Occorre che ciascuno che in questo momento ci ascolta si interroghi. Con urgenza. Da oggi, tutti e ciascuno di noi non dovrà, non si potrà permettere un giorno di sosta, riuscendo ad essere gente tra la gente, come pesci nell'acqua, per conquistare, con il milione, il mezzo milione di firme che chiedono le dimissioni di Scalfaro, una grande testinmonianza popolare. Non esiste alternativa.

Occorre superare, vincere la rassegnazione, la resa. Se questo momento passa senza una reazione, una presa di coscienza, il Paese si rassegnerà a Scalfaro, a quello che Scalfaro chiede alla gente. E il disegno è chiarissimo: costringere al doppio turno e al semipresidenzialismo, utilizzando per questo gioco delle parti, uno scoperto gioco delle parti, "cespugli" ed ex democristiani, che non rappresentano nulla e cui vengono dai spazi informativi pari e superiori a chi invece è depositario effettivo di una rappresentanza popolare,

Questa è - oggi - la situazione: quindi, immediata ripartenza, o partenza, nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, negli isolati e nei fabbricati, rivolgendoci a tutti, alla gente per le strade e alle scuole, nelle Università, alle forze politiche, per superare una situazione gravissima di mancato immediato successo dell'inziativa. Se non si riuscirà di consentire alla gente, alla gente alla quale si rivolge anche il Presidente Scalfaro, di firmare, la gente e noi stessi saremo battuti, e verrà liquidata l'unica forza esistente di opposizone e per l'alternativa.

E occorre anche rivolgere un appello alla sinistra, alla massa di quanti, lì, sembrano rassegnati a non fare politica ma solo a guardarla, a stare a vedere cosa fa la propria "etnia".

Giovedì, a Milano, vi sarà una concentrazione di tavoli, dalla mattina alla sera, con decine e decine di tavoli. E noi rivolgiamo un appello ai deputati, e in primo luogo ai deputati riformatori, e ai consiglieri regionali, perché siano presenti con il loro tavolo.

Occorre ripeterci, ripetere quanto è accaduto con i referendum: ma questa iniziativa vale - politicamente - per subito. Se si strapperanno subito molte decine, centinaia di migliaia di firme, esse avranno una incidenza; anche se costoro riusciranno a chiudere il "papocchio", questa raccolta sarà un momento di crisi, sarà l'aggregazione di tutti coloro che sono scontenti, da Rifondazione ad Alleanza Nazionale (che in realtà oggi non mobilitano i loro militanti, non fanno lotte nel Paese).

Non dimentichiamolo, Dini non ha mai presentato dimissioni irrevocabili. Se noi raccogliessimo, entro sette giorni, decine di migliaia di firme, sarà un fatto politico che potrà essere catapultato ad impedire che si percorra la strada del governo sostenuto da Berlusconi e D'Alema, o perlomeno per non liquidare il procedimento di messa sotto accusa del Presidente della Repubblica, se vogliamo cambiare tipo di Presidente della Repubblica.

L'interrogativo oggi è: la politica è ancora possibile? Ce lo dobbiamo porre. Ciascuno di noi, ciascun cittadino se lo deve finalmente porre.

 
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