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Conferenza Movimento club Pannella
Cucco Enzo - 24 gennaio 1996
su Arbasino e i matrimoni gay
prima proposta al movimento dei club pannella

pur continuando a non trovare il tempo per inserire il pezzo de L'Espresso sui matrimoni (c'e' qualcuno che ha da spendere due ore a battere a computer il pezzo...?) mi sembra interessante e utile riversare alcune riflessioni sulla questione.

Il pezzo di Vattimo sull'Espresso e quello di Arbasino sulla Repubblica che ho inserito in conferenza, sono entrambi meravigliosi esempi di due intelligenze che fanno venire il nervoso.

Avrete certamente notato che in tutti i loro scritti (e per quanto conosco il Vattimo, anche in tutti i consessi pubblici non strettamente omosessuali) non solo in quelli citati, non hanno mai usato la prima persona plurale. Non gli scappa mai un "noi omosessuali..." lasciando nel vago e nel sottinteso cose che peraltro molti sanno. Scandalo? Voglia di scoperchiare pentole sconosciute? No, per nulla, non mi interessa punto (come si direbbe in Toscana) sapere con chi va a letto questo o quell'intellettuale. Ma certo le cose non passano inosservate. E le tirate alla Arbasino contro i "distintivi" e l'"orgoglio" puzzano troppo di intellettualume intellettualmente disonesto e schizzinoso, facendo finta di dimenticare (loro che fanno le tirate) che la "gente" non sono le cento persone che frequentano e rifrequentano nel giro delle case editrici e dei quotidiani italiani. Da cui di certo non ti arriveranno mai palate di merda (oggi, ovviamente, perche' anche solo quindici anni fa....).

L'orgoglio di cui anch'io mi sono fregiato pubblicamente non sta tanto in quell'effimero senso di potere e autoaffermazione che dura proprio poco (avete certamente provato una cosa simile tutti voi quando vi innamorate di una persona: volete farlo sapere a tutti, vi baciate in pubblico, siete felici e lo volete manifestare al mondo. Ecco, il nostro orgoglio aveva spesso questo stile), ma in quella rottura della censura e del silenzio, dell'ipocrita cortina perbenista che ha nascosto per anni, per secoli, migliaia di vite, migliaia di storie meravigliose o disgraziate. Certo quando di rompe la cortina dell'ipocrisia esce fuori di tutto, anche quel frou frou e quel cancan di cui si lamentano Vattimo e Arbasino. Ma preferisco poter criticare gli eccessi si esibizionismo piuttosto che lamentare il silenzio e la censura piu' feroci.

"L'amore che non osa dire il suo nome" oggi osa. E il Signor Arbasino discetta sulla necessita' di riformare il codice civile per trovare una soluzione ai problemi delle coppie non eterosessuali - anzi, giustamente pone anche il problema delle coppie basate non su vincolo affettivo-sessuale. Ma non ricorda, fa finta di non capire, che questo problema e' stato ri-conosciuto, anzi sta per esserlo, solo grazie a una manciata di pazzi "esibizionisti" che 25 anni fa cominciarono a non tacere piu'. A non piu' sopportare ipocrisia e silenzio.

Potrebbe essere giunto il momento di una bella, libertaria e integerrima proposta di legge, magari di iniziativa popolare, di riforma del diritto di famiglia, che colga l'indicazione contenuta nella rivoluzionaria Raccomandazione del Parlamento europeo. Lancio qui la proposta, senza nascondere la mano, pronto a lavorarci su con chi vuole impegnarsi con me. Non e' argomento semplice, ci sono mille implicazioni complesse, ma da qualche parte si dovra' pur cominciare. Anche contro le false timidezze pseudotattiche della sinistra, che ha presentato proposte di riconoscimento delle unioni civili, rimuovendo letteralmente il nodo del problema. Che non e' quello del riconoscimento delle convivenze (in epoca di divorzio acquisito discettare sull'estensione dei diritti e delle facilitazioni delle famiglie tradizionali alle unioni di fatto e' quasi un controsenso. Rendiamo, piuttosto, meno farragginosa la legge sul divorzio) ma la legalizzazione e l'individuazione di diritti e doveri per quelle coppie di persone dell

o stesso sesso che intendono "farsi una promessa" legale.

Altro ancora e' il riconoscimento del valore della convivenza in determinate situazioni sociali (la figlia unica che vive con i genitori vecchi e li assiste, ecc. ecc.) che piu' che riforma del diritto di famiglia abbisogna di riforma del regime assistenziale.

A voi.

 
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