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Partito Radicale Angiolo - 24 gennaio 1996
DOSSIER SCALFARO. Testo n.4

"...Mi pare assai ardito che propugnatore di riforme costituzionali sia il Capo dello Stato. Egli ha giurato fedeltà a questa Costituzione, e ne deve essere, per debito costituzionale, supremo garante. Può certo segnalare, con messaggi al Parlamento, deficienze e limiti: ma mettersi a capo di un movimento riformatore pare in contrasto con i suoi compiti e le sue responsabilità. Dalla Costituzione esce indiscutibilmente una figura di Presidente della Repubblica come supremo magistrato, supremo garante, supremo moderatore, e perciò punto di riferimento. Tale compito lo pone fatalmente, necessariamente e doverosamente fuori dellla dialettica politica, delle scelte politiche, pena la perdita di quelle condizioni essenzialli e lo stravolgimento dell'interpretazione costituzionale".

Con queste parole l'on. Oscar Luigi Scalfaro, nella seduta della Camera del 23 luglio 1991, commentava il messaggio in materia di riforme istituzionali che l'allora Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, aveva rivolto alle Camere.

E così proseguiva: "Il fare intendere di preferire la Repubblica presidenziale a quella parlamentare, il privilegiare con evidenza talune soluzioni su altre, inserisce il capo dello Stato nelle dirette responsabilità politiche, certamente in aperto contrasto con la parola, e sopratutto con lo spirito della carta Costituzionale, e ne rende vano e impossibile l'alto compito di garante. Disattendere, non applicare la Costituzione vigente con la motivazione di ritenerla superata è del tutto inammissibile(...).

Per rispetto alla verità, devo aggiungere che il messaggio non può essere valutato come documento isolato, ma deve essere considerato nel contesto politico di interventi certamente non collimanti con i compiti di un supremo moderatore; interventi che, valutando situazioni storiche o contingenti, traggono argomentazioni e valutazioni nei confronti di personaggi politici, di partiti e di fatti che, anche contro le intenzioni, inseriscono il Capo dello Stato nel vivo della politica attiva, che è responsabilità a lui sottratta dal dettato costituzionale.

E' fuori dubbio che da tempo l'interpretazione della suprema magistratura [cioè la Presidenza della Repubblica, n.d.r.] costituisce riforma di fatto della nostra Costituzione. Mancherebbe al suo dovere il Parlamento che facesse finta di nulla o che, con grave danno per lo Stato e le istituzioni, pensasse di minimizzare ogni cosa. Guai se il Parlamento, pur con serenità e con grande rispetto, non si schierasse per la verità e sfuggisse alle sue responsabilità! Ne andrebbe del prestigio delle più alte istituzioni, della comprensibilità dell'azione politica presso i cittadini e della credibilità, ma sopratutto ne discenderebbe ulteriore grave danno allo Stato democratico e ulteriori lesioni allo Stato di diritto."

E infine (almeno per la nostra selezione): "Vi è un secondo tema da prendere in considerazione, il reiterato appello alla sovranità popolare (...). Nel messaggio (punto 1.9, pag. 64 del documento pubblicato sul resoconto stenografico della Camera) il Presidente della Repubblica constata (cito testualmente) 'la volontà di partecipazione attiva della gente alle scelte fondamentali che riguardano l'assetto del nostro sistema', fa particolare richiamo a 'quando si deciderà sui modi e sulle forme della partecipazione popolare al procedimento di rinnovamento delle istituzioni e, quindi, sul modo di riconoscere e di riaffermare in concreto la naturale e primigenia preminenza della sovranità popolare e il carattere originario dell'essere il popolo in democrazia l'unico e vero sovrano reale'. Senso di responsabilità e di rispetto mi impediscono un commento immediato [seguono altre analoghe citazioni di estratti del messaggio presidenziale, n.d.r.]. Se democrazia è la più corretta espressione della sovranità del popol

o e perciò è il sistema di reggimento dei popoli che più di ogni altro rispetta i diritti, i doveri e la dignità della persona, l'appellarsi genericamente ed enfaticamente al popolo sovrano, al di fuori delle regole della democrazia stessa, è non solo ardito ma, al di la delle intenzioni, può diventare seriamente pericoloso e dannoso".

Altre citazioni, dello steso senso, sarebbero possibili. Ma in sostanza l'intervento dell'allora onorevole Scalfaro è integralmente di decisa denuncia del comportamento dell'allora Presidente della Repubblica, quale si manifestava anche nel messaggio alle Camere, giudicato e criticato come tale da esorbitare dalle responsabilità e dalle prerogative costituzionali proprie dell'altissima carica. Certo, nel suo lungo intervento l'on. Scalfaro difendeva l'attuale Costituzione esattamente come la difende oggi, e criticava il Presidente Cossiga, che manifestava le sue preferenze per soluzioni di tipo presidenzialista, sulla stessa linea di quando, oggi, fa di tutto per sabotare la spinta maggioritaria e presidenzialista in atto. Ma, al di là del continuismo e della coerenza formale, l'allora deputato Scalfaro criticava e denunciava comportamenti debordanti e inconstituzionali del Capo dello Stato che sono, forse persino aggravati, i suoi comportamenti attuali.

Lo Scalfaro che da deputato depreca Cossiga, quando si appella continuamente al popolo sovrano indebitamente scavalcando il Parlamento e la forma parlamentare della Repubblica, è lo stesso che, ignorando lo strumento costituzionale del messaggio alle Camere e con le sue continue esternazioni tellevisive e non, continuamente, di fatto, si rivolge al popolo ponendolo contro le sue stesse leggi, quale è il referendum che ha introdotto il maggioritario, ecc.

 
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