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Conferenza Movimento club Pannella
Cucco Enzo - 26 gennaio 1996
Rivoluzioni annunciate/ Il matrimonio fra gay
LASCIATE CHE SI SPOSINO

di Gianni Vattimo

L'Espresso, 21 gennaio 1996, p.22

La gay liberation non e' piu' gia' da tempo una faccenda rivoluzionaria, come e' stata ai suoi inizi. In Italia, il primo movimento di liberazione omosessuale si chiamo' "Fuori!", Fronte Unitario omosessuali rivoluzionari italiani. Il suo fondatore, il torinese Angelo Pezzana, si e' spostato negli ultimi anni su posizioni politiche sempre piu' vicine a Forza Italia, come del resto molti altri "libertari" e antiproibizionisti provenienti dal dal Partito Radicale. Ma fa comunque ancora un certo effetto vedere che la causa del matrimonio tra omosessuali viene abbracciata, con l'evidenza della cover story, dall'"Economist" di questa settimana; anche se, come si sa, nel mondo anglosassone il nesso tra "liberalismo" come dottrina del mercato e "libertarismo" e' tradizionalmente piu' stretto che da noi.

Le ragioni per cui un giornale liberalconservatore puo' raccomandare di riconoscere il diritto degli omosessuali ad avere unioni stabili socialmente sancite come veri e propri matrimoni sono in parte analoghe a quelle che, gia' da anni, inducono molti conservatori americano come Milton Friedman a sostenere la liberalizzazione delle droghe. Cioe' anzitutto ragioni legate alla laicita' dello Stato e alla preoccupazione per la stabilita' sociale. Uno Stato laico non puo' ragionevolmente imporre ai suoi cittadini una concezione metafisica della natura, discriminando coloro che desiderano condurre una vita di coppia con partner dello stesso sesso. E in secondo luogo: una concezione non miope della stabilita' sociale richiede che si tenga conto del disagio e dell'infelicita' in cui sono costretti a vivere quei cittadini che si vedono cosi' discriminati. Anche perche', ragione niente affatto marginale per "The Economist", sembra statisticamente provato che i singles (omosessuali o no; ma i primi sono naturalmente n

umerosi) tendono a gravare di piu' sui bilanci della sicurezza sociale, perche' mancano loro tutte quelle strutture di sostegno che la famiglia, bene o male, offre. Ancora di recente, un argomento simile e' stato evocato in Italia da Rocco Buttiglione per raccomandare una politica di piu' aperto sostegno alle famiglie numerose: i figli e i nipoti possono essere un ottimo surrogato della pubblica assistenza, liberando ospedali e case di riposo da tanti vecchi che non hanno chi si occupi di loro.... Ma allora, si dovrebbe adesso chiedere a Buttiglione, perche' opporsi tanto accanitamente a famiglie gay, anch'esse in linea di principio capaci di divenire strutture di sostegno socialmente utili ( tanto piu' se si riconoscesse finalmente loro anche in diritto all'adozione)?

"The Economist" non fonda la sua proposta solo su argomenti teorici, di economia e di filosofia politica. Rispecchia anche e anzitutto una profonda trasformazione che ha avuto luogo in quasi tutte le societa' negli ultimi decenni. Non solo negli USA e nel mondo industrializzato si sono diffuse le associazioni di omosessuali e i movimenti di gay liberation: il vasto panorama che accompagna l'editoriale del giornale inglese da' conto di una miriade di iniziative pubbliche che esistono ormai in paesi come la Turchia, o Sri Lanka, il Pajistan, lo Zimbabwe. E che si diffondono intensivamente anche utilizzando le reti informatiche, attarverso cui viaggiano le notizie di ognisopruso o persecuzione antigay dei governi e delle amministrazioni locali, amplificando le reazioni e potenziando le iniziative di difesa. Tutto cio' costituisce lo sfondo di una trasformazione che, almeno per ora, sembra generale e irreversibile: l'omosessualita' e' diventata "normale", perdendo l'alone di patologia o di perversione morale che

l'ha accompagnata per una parte della storia della civilta' (anche se non cosi' generalmente come talvolta si tende a credere). Da questo punto di vista, il panorama dell'"Economist" e' particolarmente significativo: uno degli argomenti della polemica antigay dei piu' retrivi ambienti cattolici e anche della nuova destra e' infatti che la liberazione omosessuale sia solo un aspetto del consumismo neocapitalista della decadente societa' occidentale. Ora, e' vero che le lesbiche dello Zimbabwe si collegano con Londra via Internet; ma sono pur sempre presenti e agiscono in una cultura che non e' esattamente quella della corrotta e consumistica metropoli occidentale.

Non sembra esserci piu' posto, dunque, per la rivendicazione di una essenza "naturale", e naturalmente eterosessuale, della famiglia e del matrimonio. Cio' che chiamiamo natura ha solo il peso, certo niente affatto trascurabile, di una prima "abitudine": il che significa che parlamenti e governi dovranno bene tener conto di essa nell'adeguare le leggi alla nuova situazione, per esempio nel legiferare sul diritto di adozione di bambini da parte di coppie gay. Puo' ben darsi che un bambino abbia difficolta' a crescere bene avendo una famiglia con due genitori dello stesso sesso; ma solo perche' la maggioranza dei suoi compagni hanno famiglie di tipo tradizionale. Un po' come un bambino ebreo che cresca in una comunita' tutta cristiana, con compagni di scuola che celebrano il Natale e l'Epifania e altre feste di cui lui non sa niente. Se dunque si puo' accettare una certa prudenza sul terreno delle adozioni, non sembra piu' rimandabile una riforma del diritto di famiglia che abolisca la discriminazione contro l

e unioni di fatto, non solo omosessuali. Riforma che ha precisi risvolti concreti, a cominciare dal diritto a ereditare pensioni, liquidazioni, beni vari da parte del partner (omo o etero)sopravvissuto, che oggi invece e' trattato come un estraneo.

La questione, e' bene ripeterlo, ha un significato di portata generale per la stessa democrazia: opporsi al riconoscimento delle famiglie omosessuali si puo' solo in nome della credenza filosofica in un'essenza naturale della famiglia, credenza che non puo' essere ragionevolmente professata da uno Stato laico. Se no, tanto vale far scrivere la Costituzione dal Papa e identificare la Corte costituzionale con il Sant'Uffizio.

Che cosa perde la cultura gay da questa generale normalizzazione? I poeti maledetti saranno maledetti, certo, ma sono anche poeti... Tuttavia non si deve rimpiangere in eterno il tempo glorioso della rivoluzione in atto, se c'e' qualche possibilita' che la rivoluzione finisca in una qualche vittoria. Le frontiere dell'eccezione, dell'anormalita', della diversita' che non puo' mancare in una societa' vitale, si spostano continuamente. Ci saranno certamente (purtroppo o per fortuna?) altri tabu' da violare, altre normalita' da scompigliare. Non possiamo essere troppo affezionati alle nostre vecchie catene....

 
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