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Partito Radicale Angiolo - 27 gennaio 1996
DOSSIER SCALFARO. testo n.7 (necessita di ulteriore controllo sulla registrazione)

INTERVISTA DI LAURA CESARETTI A OSCAR LUIGI SCALFARO

RADIO RADICALE, 30-12-91

(...)

DOMANDA - Presidente, siamo alla fine dell'anno e tutta l'Italia - sicuramente tutta l'Italia politica quanto meno - aspetta il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, di questo anno probabilmente particolare. Lei cosa si augura di sentire, cosa le piacerebbe sentire?

SCALLFARO - Mah, si tratta di un fine anno che è l'ultimo fine anno del settenario; quindi penso sia una sintesi dei sette anni e un augurio per ciò che verrà dopo. Ma vede, io quando sento questi messaggi - li ho sentiti tutti evidentemente, data la mia età e la mia presenza in politica - penso certe volte con tristezza, vorrei dire, alla fatica che una persona deve fare, prima per non ripetersi e secondo per ottenere un ascolto vero; perché domani il Capo dello Stato parla, da dopodomani tutti i giornali parlano che ha parlato il Capo dello Stato. Perché? Perché é il Capo dello Stato.

Riuscire, quando una persona ha una posizione di rilievo, a farsi ascoltare esattamente per ciò che dice (in modo che la persona è stata tratta dalle cose, dalle parole, dal tono, dalla sostanza prima che dalla carica) credo che sia lo sforzo più meritorio e più difficile. L'unico pensiero che posso fare é quello di comprendere questo non facile adempimento, questo non facile compito.

DOMANDA - A proposito di auguri, Presidente, nell'ultima seduta di quest'anno della Camera, lei, in qualità di decano parlamentare, ha rivolto al Capo dello Stato un augurio. Ci è parso che distinguesse il saluto rivolto all'uomo da quello rivolto al ruolo. Era solo un impressione, questa distinzione sottolineata?

SCALFARO - No, no. Io ritenevo sarebbe stato estremamente (...) non fare gli auguri al Capo dello stato. Secondo la mia natura, il mio modo di pensare sarebbe stato - come dissi - farisaico e formalistico far finta di nulla e dire 'auguri, devozione'. Io non credo a queste cose perché mi sembrano commedie, penso sempre che il destinatario abbia diritto a un rispetto sostanziale e non ad un rispetto formale.

E allora io ho fatto gli auguri al Capo dello Stato in modo sentito, non in modo formale. Però, proprio per dimostrare che non erano ne' farisaici ne' formali, ho detto chiaro che questi auguri prescindono - in quel clima natalizio - da modi diversi di vedere, da valutazioni e da commenti e sono auguri alla persona, nel pensiero che questa persona incarna la più alta magistratura, che ha compito sostanziale di essere garante, un compito enorme, Aggiunsi che personalmente questi auguri erano fatti con affetto. Aggiunsi: "Liberi, ma con affetto". E io ho bisogno sempre di mettere le posizioni chiare, perché questa é una mia esigenza, un mio modo di esprimermi rispetto a chi é destinatario; liquidare una persona con quattro auguri formalistici è un discorso che non mi sentirei di fare. Il Parlamento ha seguito, devo dire, mi ha dato atto: ancora oggi ho trovato un collega che mi ha detto parole buone per l'intervento, cioè il Parlamento - come sempre generoso con me - mi ha ascoltato con molta attenzione e quin

di ha raccolto - non posso dire sia stato condiviso da tutti - però certamente mi pare abbia apprezzato questa distinzione, necessaria e doverosa. Gli applausi che sono scoppiati in aula lo hanno sottolineato, direi.

DOMANDA - Presidente, in quella sede - lo ricordava poco fa - lei ha anche parlato di divergenze, appunto, con il Presidente della Repubblica. Quali sono?

SCALFARO - Beh, di questo io parlai più di una volta alla Camera: la prima volta che ne parlai in modo marcato fu ancora nel luglio dell''89. Ricordo che in aula era la prima volta che qualcuno prendeva la parola su questi temi e ci fu un momento di attenzione e vorrei dire di stupore, di meraviglia; notai e poi anche seppi, dopo, che qualche collega andò a chiamare qualche altro collega dell'opposizione, quasi per dire vieni a sentire cosa sta capitando.

Ho cercato sempre, devo dire con l'aiuto di Dio, di mantenere un grande rispetto per l'istituto e per la persona, rispetti entrambi che io sento fortemente, ma anche un rispetto alla verità (lo sento come dovere), soprattutto il tema che ripresi in modo più marcato e più pesante; ancora di recente qualcuno ha detto che è stato l'intervento più duro, in fondo, su questi temi, ancora questo nel luglio scorso. Durante il dibattito sul messaggio sulle riforme...

Perchè il punto che mi rincresce molto di sottolineare è che - nel momento in cui il Capo dello Stato (questa è la sostanza delle cose che ho detto) si inserisce totalmente nel dibattito, partecipa, si schiera e finisce per avere alleati di volta in volta nei partiti che sono schierati, e che diventano i partiti del presidente - viene meno il punto vitale che noi abbiamo voluto nello spirito e che esce dalle norme della Costituzione: che il Capo dello Stato dovesse essere il supremo garante, supremo garante e assolutamente incompatibile come partecipe di uno schieramento, di un impostazione, di una scelta politica.

Questo io dissi, in aula, che non vedevo assolutamente... - allora era vivo, adesso è un pò sopito ma è un tema che c'è sempre ed è più che legittimo, intendiamoci, fra chi pensa valida la repubblica parlamentare che abbiamo, con le eventuali correzioni che si possano fare per migliorarla, per adeguarla di più ai tempi, per renderla più rispondente all'attesa della gente... Ma mi sembrava estremamente strano che il Capo dello Stato fosse, per così dire, capo di un movimento, che sostenesse una Repubblica presidenziale. Perchè questo è un discorso che riguarda le forze politiche: le quali hanno diritto di schierarsi in modo vario, ma nessuno può dire da questa parte oppure da quest'altra parte c'è anche il Capo dello Stato. Queste sono state le cose fondamentali, insomma, che mi hanno trovato in dissonanza.

E io ritengo che questi ultimi anni (soprattutto l'ultimo ma vorrei dire gli ultimi due anni di questo settennato, e quindi di questa nostra legislatura) hanno sofferto della mancanza di un punto di riferimento quale la Costituzione aveva previsto e preveda tuttora. Un'altra cosa ho detto anche in questo saluto, e che ho ripetuto ancora una volta, è che si possa pensare - secondo me sbagliando - che la Costituzione globalmente intesa ha fatto il suo tempo. Ritengo che sia gravissimo errore politico il pensare questo, e mi pare anche errore costituzionale, nel senso che la Costituzione ha dei valori altissimi che sarebbe un peccato mettere in discussione. Ma qualunque schieramento si ritenga di seguire su questo tema la Costituzione intanto c'è, è nella pienezza della sua forza, deve essere totalmente rispettata poichè non si può pensare che mentre si sogna una Costituzione diversa e ritenuta migliore si ritenga morta questa lasciando i cittadini senza una base sulla quale possano muoversi e vivere e nella qu

ale i loro diritti hanno delle garanzie.

DOMANDA - Onorevole Scalfaro, Lei ha fatto parte della Costituente.

A più di quarant'anni di distanza:che ricordo e che giudizio dà del lavoro fatto allora? E la entusiasma, nelle attuali condizioni, l'idea di partecipare a una seconda Costituente?

SCALFARO - Dico subito, su questo secondo tema, che tutto può essere fatto - abbiamo (...) che ha dimostrato di digerire tante cose, di avere uno stomaco di particolare ampiezza e capacità di macinazione - ma personalmente ritengo stramberia e follia parlare di un'altra Costituente. Le Costituenti nascono da rivolgimenti. Noi abbiamo in Europa (...) che possono portare e debbono portare che certi Paesi debbano farsi una nuova Costituzione; basterebbe vedere la situazione dellla ex Jugoslavia e della ex Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche: ormai si sono divise, ognuna vuole l'autonomia, poco a poco dovranno vedere che norme hanno, che scelte fare, su quali carte muoversi, quali garanzie scritte dare, e poi come le attuano i singoli popoli: processi enormi. Ma che si punti d'iniziativa - grazie a dio senza nessuno di questi fenomeni traumatici - a inventare una nuova Costituente...ma perché? Perché qualcuno se la sogna, o perché qualcuno cerca inutili glorie? La Costituente si ebbe dopo la dittatura

fascista, dopo una guerra disastrosa, con stragi, morti, guai, dopo una guerra civile (a me rincresce chiamarla guerra civille, però fu una guerra civile, la guerra di Liberazione) guerra di italiani mescolati tra i tedeschi. Dopo tutto questo, lo Statuto albertino come si trovava? Si trovava in mezzo alle macerie, perché era già totalmente imrogliato dal regime fascista, che si era fatto delle sue disposizioni, un Gran Consiglio che decideva le cose e aveva alterato pressoché tutto, la Camera dei Deputati era andata a farsi benedire, c'era la Camera dei Fasci e delle Corporazioni nella quale come era l'elezione? Era di categoria fasulla; quindi il discorso era, a questo punto, obbligato - necessario e necessitato - che ci fosse una Assemblea Costituente. Adesso, a un certo momento, dice:" E noi decidiamo un'altra Costituente...Mah!, non faccio ulteriori commenti, sono tesi, a mio avviso, desolanti...

 
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