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Conferenza Movimento club Pannella
Salvidio Ascanio - 7 febbraio 1996
Matrimonio "gay": falso problema

Un movimento liberale non puo' avere come obiettivo la introduzione del matrimonio gay. Semmai, l'obiettivo e' quello di eliminare il "valore pubblico" del contratto matrimonio e dell'intero diritto di famiglia che ne deriva. Solo riducendo il matrimonio ad un mero contratto tra privati, senza alcuna valenza "pubblica" si puo' consentire a tutti, e non solo agli omosessuali, di "praticare" ogni tipo di unione in piena liberta' e, soprattutto, in piena responsabilita'......

Tuttavia, questo discorso, proprio perche' e' liberale, ai "gay" che conosco non piace. Essi non vogliono essere liberati dai vincoli dell'attuale ordinamento illiberale, bensi' desiderano inserirsi in esso come una qualunque delle tante corporazioni sociali e ideologiche che ne fanno parte. I piu' intelligenti tra loro temono che una completa liberalizzazione del diritto matrimoniale e di famiglia finisca, alla lunga, per danneggiarli. Sono, infatti, consapevoli, che le unioni eterosessuali a carattere pi· o meno stabile, monogamiche o poligamiche, sono il risultato di una lunghissima evoluzione avvenuta in centinaia di migliaia di anni di "assenza di regime". E, quindi, si rendono conto che se la "unione omosessuale" entra direttamente in competizione con la "unione eterosessuale" (quindi senza il filtro delle leggi, delle sovrastrutture giuridiche, della giurisprudenza, ecc.), la prima probabilmente perdente.

Il vero paradosso e' questo: i "gay" hanno paura della liberta', perche' essi stessi intuiscono di essere "garantiti" proprio dal sistema che li emargina. Un po' come i cosiddetti "manager pubblici" italiani, persone spesso di grande valore, ma sempre vittime di un complesso amore/odio nei confronti di un vero regime di libera concorrenza. Il che' spiega anche perche', in tutto il mondo, la generalita' dei "gay" sia politicamente sensibile alla "sinistra" identificabile con la cultura dello stato, della irregimentazione, del controllo supremo. Prova ne sia la diffidenza della comunita' omosessuale verso il movimento libertario americano, visto come una minaccia, proprio perche' rompe il classico schema sinistra/conservatori.

Se fossi un omosessuale vivrei questo fatto come un vero dramma. Infatti, la sinistra, da Goebbels a Bassanini, sfrutta sempre gli omosessuali per abbattere i regimi liberali o conservatori (vedi il caso von Fritsch oppure il recentissimo ed italianissimo caso "F"). Una volta preso il potere, la sinistra li scarica, o nel forno crematorio oppure, se hanno fortuna, nel dimenticatoio.

Per questo motivo, sempre se fossi un omosessuale, riterrei una vera follia il cercare una "soluzione istituzionale" al mio disagio di sentirmi "emarginato". Perche' una eventuale soluzione di questo tipo, quale, ad esempio, la estensione alle unioni omosessuali del "valore pubblico" che oggi hanno le unioni eterosessuali, sarebbe un altro tassello nella gia' soffocante struttura delle norme di stato. E alla fine del percorso c'e' sempre la fregatura in agguato, che puo' essere l'oblio roseo e ipocrita di marca pidiessina, ma puo' diventare presto, da qui a trent'anni, una riedizione delle camere a gas.

Molto meglio lottare per una rivoluzione liberale. Certo, alla lunga, la riduzione del matrimonio a contratto privato, potrebbe provocherebbe la "fine" delle "unioni omosessuali" quale fenomeno statisticamente rilevante o osservabile. Ma il vantaggio per i singoli omosessuali val bene, io credo, questo rischio.

Il discorso, d'altra parte, non vale solo per i "gay". Quanti sono, ad esempio, quelli che predicano la liberta' solo perche' sperano, sotto sotto, di ottenere una estensione di privilegi al loro caso specifico, alla loro categoria, al loro gruppo, alla loro casta ?

Quanti ne conosciamo, ad esempio, disposti a battersi per la completa liberalizzazione dell'uso e del commercio di droga, i quali, pero', non sono disposti a rinunciare al privilegio del posto di lavoro sicuro ? Eppure, il posto di lavoro sicuro e' possibile, alla lunga, solo se lo stato si fa carico di "plasmare" la sfera personale dei lavoratori, di "educarli", assicurando cosi' alle imprese una soglia di "idoneita' minima". Lottare per la "droga libera" significa rintuzzare questa tentazione statalista . Non puo' esserci, quindi, una lotta ne' giusta, ne' completa, se non e' fatta dando alle imprese la liberta' di assumere chi vogliono e come vogliono. Anche in questo caso, una vittoria della liberta' voluta solo da una parte (e quindi una falsa liberta') condurra' fatalmente al filo spinato ed alle camere a gas. Magari non subito, ma fatalmente ci si arriva.

 
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