L'art. 3.2.1 dello Statuto nazionale al comma II stabilisce che nel Consiglio generale "Ogni club che ne abbia titolo è rappresentato dal suo Presidente ovvero dal delegato permanente designato dal Club sulla base del proprio ordinamento interno".
L'anonima ordinanza interpretativa citata dal compagno G.Francia nel testo 4841 pare considerare come alternativa la rappresentanza del club da parte del presidente o del delegato permanente. L'interpretazione fa un po' specie, considerato che, secondo il comma IV della disposizione transitoria dello stesso statuto nazionale, "l'ordinamento interno dei Club deve comunque attenersi ai seguenti criteri: (...) 4) attribuzione al Presidente del Club della responsabilità di informare gli iscritti su tutte le decisioni degli organi deliberativi e le indicazioni degli organi esecutivi del Movimento".
Ora, in forza della presunzione di coerenza che si dovrebbe concedere allo statuto nazionale, non è molto chiaro perché, nel caso di elezione o nomina d'un delegato permanente, il/la presidente del club debba comunque ragguagliare gli iscritti su fatti e decisioni di cui quasi certamente non ha diretta conoscenza, avendo partecipato al consiglio non lui (o lei) ma il/la delegato/a. Non sembra infatti serio che il club deleghi qualcuno a rappresentarlo in consiglio generale ma non a rendergli conto di ciò che il consiglio abbia deciso e di ciò che costui o costei in tal consesso abbia fatto o no. Si deve forse dedurne che il delegato debba godere della totale e incondizionata fiducia del presidente del club, dovendo quest'ultimo assumersi la responsabilità degli atti del delegato ? E che quindi il delegato debba essere nominato dal presidente e non eletto dall'assemblea del club ?
Secondo infatti un basilare concetto democratico (che immagino nessuno voglia contestare ; ma in democrazia si può discutere di tutto, n'est-ce pas ?) non può esservi delega di potere senza una corrispondente responsabilità del soggetto investito del detto potere nei confronti di chi tale potere -essendone titolare- ha delegato. Nel caso in questione, perciò : 1) o il presidente del club o il delegato rappresentano il club in virtù di un diritto divino e quindi non devono rispondere a nessuno dell'esercizio del loro potere di rappresentanza ; 2) o il solo presidente è investito d'un diritto divino e conseguentemente il delegato deve rispondere a lui solo ; 3) o il presidente rappresenta democraticamente il club e a quest'ultimo risponde dell'esercizio del suo potere di rappresentanza, ma allora l'eventuale delegato dovrà essere : a) o nominato dal presidente, il quale si assumerà di fronte all'assemblea la responsabilità degli atti del delegato ; b) o eletto dall'assemblea del club, ch'egli (o ella) ragguagl
ierà sulle decisioni del consiglio generale nel quale la rappresentava, assumendosi dinanzi ad essa le relative responsabilità ; 4) o il delegato si fa i cazzi suoi e mantiene in permanenza (di qui all'eternità) la sua carica. E le ipotesi potrebbero moltiplicarsi combinando le anzidette.
Ci interessa però qui individuare le basi logiche della suddetta ordinanza interpretativa. Può non essere inutile rifarsi al cosiddetto statuto-tipo (testo 1951), il quale all'art. 2, comma IV, stabilisce che "Il Presidente è il responsabile politico del Club, convoca e presiede l'Assemblea dei soci, intrattiene i rapporti con i Segretari Nazionali, informa tempestivamente i soci delle decisioni adottate e delle indicazioni espresse dagli organi deliberativi ed esecutivi del Movimento". Il presidente essendo quindi responsabile, e presumendo che lo sia in ordine a tutte le sue attribuzioni, ci si può limitare alle ipotesi 3a), 3b) e 4).
Su quale delle tre ipotesi sia preferibile si può discutere (spero), così come della durata del mandato del delegato. Infatti, com'è possibile non porsi la questione -relativamente alle ipotesi 3a) e 3b)- della certezza del diritto sulla base del quale il delegato esercita le sue funzioni ? Escludendo invero l'ipotesi d'elezione a vita, che mal si concilierebbe con il principio di responsabilità (che peraltro potrebbe in linea teorica essere fatto valere con metodo antidemocratico attraverso la soppressione fisica del delegato), occorre porre un limite alla durata del mandato. Ma in questo caso, chi potrebbe escludere -in assenza di norme-quadro- che il club (o il presidente nell'ipotesi 3a)) possa fissare per il delegato un mandato limitato -in via di fatto o di diritto- a un consiglio generale ?
Che qualcuno ci illumini.