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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 30 aprile 1996
L'OPINIONE Martedì 30 Aprile

CHISSA' DOVE VANNO I RADICALI

TEODORI: "NIENTE OTTIMISMI, MA..."

1. il Partito Radicale è stato una necessità per chiunque, tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta, volesse condurre un'azione politica liberale, non accontentandosi di proclamazioni verbali ma volendo realizzare elementi nel fuoco della realtà che, non solo per slogan, era davvero un regime partitocratico.

Il Pr un miracolo: perché non affogò nella palude degli accomodamenti realpolitici che in un modo o nell'altro segnarono tutti i partiti laici; perché non cadde all'ombra delle potentissime egemonie democristiana e comunista; perché seppe vedere con occhi autenticamente liberali tutti i difficili passaggi della Prima Repubblica; perché rialzò prepotentemente le bandiere del radicalismo liberale che imputridivano in una palude immobile; perché fece nascere una classe dirigente le cui qualità politiche, intellettuali e umane non hanno precedenti se non nella breve e intensa stagione dell'azionismo.

L'origine e la fonte del miracolo si chiamò Marco Pannella. Ma il leader carismatico ne costituì anche il limite e poi ne volle la dissoluzione.

2. Non sono tra quelli che ritengono i radicali vittime del maggioritario che così fortemente vollero. Sarebbe una spiegazione meccanicistico-elettoralistica. Il Partito Radicale è stato vittima di colui che miracolosamente alitò lo spirito che diede vita alla creta politica con cui mano a mano andava plasmandosi: Pannella. Del resto la storia stessa documentale e testimoniale nell'ultimo decennio dimostra quanto profonda, potente, determinata ed esplicita è stata la pulsione del capo radicale nel disfarsi di quell'organismo politico costituito da uno specialissimo impasto di uomini, strutture, idee, comportamenti e modalità d'azione che fu il Pr da lui ritenuto erroneamente un ingombro e una limitazione al suo potenziale di affermazione politica.

L'intera vicenda precede sia la stagione referendaria che ha abbattuto la proporzionale sia la crisi della Repubblica provocata da Referendum, Lega e Tangentopoli. Poi i rapporti con Berlusconi e il berlusconismo, o lo zigzagare nella nuova conformazione bipolare del sistema politico hanno rappresentato solo una conseguenza dell'assioma tenacemente perseguito da parte di Pannella di potere e dovere operare da solo o, al massimo, con un movimento omonimo, così denominato non tanto per ragioni di comunicazioni politica quanto per effettiva e totale identificazione tra il corpo politico e il suo leader-creatore.

3. In politica non vi sono né ricette né eredità. La questione che si ripropone è se vi sia e quale possa essere la forza - nuova o vecchia, pannelliana o extrapannelliana - capace di tenere alte le bandiere delle battaglie civili e che abbia la medesima capacità, intelligenza e intransigenza che furono del Partito Radicale. Io però sono tutt'altro che ottimista.

4. Mi è difficile usare il termine laico. Non perché io lo sia profondamente, direi anticlericalmente. Ma perché anche noi laici dobbiamo abituarci ad usare - nonostante gli abusi - il termine liberale, e basta. Perché il rapporto ra la parola e la cosa ci dice che "laico" in politica ha corrisposto alla resistenza nella stagione di egemonia democristiana (e comunista) e di insediamento capillare cattolico e clericale nella società. Forse oggi le cose sono diverse, non dico migliori, ma diverse. Un'Italia liberale certamente esiste, ma è divisa, sparpagliata, mistificata, senza istituti, rappresentanza, e leadership. E, soprattutto, non ha gambe e braccia politiche.

5. Non posso ripetere in poche righe quel che con passione politica, affetto personale e voglia di verità ho cercato di scrivere nel mio recente libro dedicato a Pannella. Oggi l'amico, il compagno, è in un'impasse forse senza precedenti per profondità e radicalità. Marco Pannella non ha mai riconosciuto gli errori che ha compiuto, una delle poche debolezze che ha avuto è stata di non aver mai ammesso di avere sbagliato. Se oggi Pannella si volge intorno, si accorge da quanta solitudine politica sia circondato proprio nel momento in cui più che mai vi sarebbe bisogno della sua presenza e delle sue straordinarie doti per tenere alte le bandiere liberali.

Quello che personalmente e politicamente vorrei chiedergli è di avere una nuova grande forza di fare quel che non è riuscito ma i a fare: aprire pubblicamente una vera riflessione sulle ragioni dell'insuccesso. Non serve a nulla evocare parallelismi con la solitudine degli antifascisti negli anni trenta.

Se fosse così, ma non lo è, sarebbe gioco facile ricordare che la storia si presenta la prima volta sotto forma di tragedia e la seconda volta come una farsa. Ma questo non è il momento di scherzare.

 
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