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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Angiolo - 30 maggio 1996
Dibattito sullo Stato sociale: risposta a Della Vedova
ALLEANZA TRASVERSALE CONTRO IL CORPORATIVISMO

di Angiolo Bandinelli

"L'0pinione", 30 maggio 1990 (pag.6)

[L'articolo viene inserito in Conferenza nella sua forma integrale. In parentesi quadre le parti 'tagliate']

***

Su "L'Opinione" del 26 maggio, Benedetto Della Vedova pone il problema di come liquidare quello Stato sociale che, nella sua forma storica attuale, è il massimo impedimento al progresso del paese e dei suoi cittadini. Il suo intervento delinea temi e percorsi che dovrebbero essere prioritari per forze politiche ed ideali intese a mantenere il paese ancorato alla comunità mondiale, liberandolo da quei miti di concertazione, di solidarismo, di unanimismo che formano la sostanza e la ragion d'essere delle nostre classi dirigenti e dei loro partiti, "Ulivo" in testa, in questo eredi in solido del corporativismo fascista.

Evitando la stesura di ricettari a breve termine (e molti ne leggiamo, invece, in questi giorni di sbandamento e di disillusione) lo spessore di una opposizione liberale va misurato oggi esclusivamente dalla sua capacità di affrontare quei temi e percorsi e di dotarsi degli strumenti politici adeguati ad un lavoro a lunga scadenza, cui puntare senza esitazioni e sbandamenti per imporli al paese. [Non sarebbe, questo, uno sterile arroccarsi, ma anzi il modo ideale per intessere un ampio dialogo, su scala internazionale olteché nazionale, con analoghe forze che dovunque si vengono manifestando].

La liquidazione dell'attuale Stato sociale va perseguita, ammonisce Della Vedova, con la determinazione con cui in Inghilterra e negli Stati Uniti lo stanno facendo "da sinistra" esecutivi forti che "hanno come interlocutori e referenti direttamente i cittadini e gli elettori", scartando invece, perché pericoloso innanzitutto in termini di democrazia, il modello di ristrutturazione e di riorganizzazione seguito nei paesi dell'Europa continentale, Germania in testa (la strada, cioè, indicata dal tandem Prodi-Veltroni), dove le onnipotenti organizzazioni sindacali impongono priorità che quasi mai sono quelle "della generalità dei cittadini" ma quelle di una "oligarchia che mira innanzitutto a mantenere le proprie prerogative di potere".

All'uscita dell'ultimo conflitto mondiale alcuni coraggiosi superstiti di vecchie culture liberali, un Einaudi e un La Malfa (Ugo), si strinsero assieme per portare il paese, riluttante e scalciante, nell'Europa di allora. Ebbero come alleati un De Gasperi cattolico tridentino e come guardaspalle anticlericali e laici tipo Ernesto Rossi o Pannunzio. Come avversari dovettero affrontare il Togliatti protezionista, i sindacati corporativi, buona parte del ceto industriale e delle sue associazioni di categoria, le cricche più o meno 'bananiere' e le associazioni dell'agricoltura. Oggi sarebbe opportuna una analoga alleanza trasversale, in forme adeguatamente organizzate, di quanti intendano combattere l'aspra, difficilissima battaglia per tenere agganciata l'Italia al mercato e alle locomotive della produzione, da cui gran parte degli interessi aspira a staccarsi nell'illusione di sottrarsi ai cambiamenti, le innovazioni, le urgenti rivoluzioni produttive e sociali richieste dai tempi. Questo dovrà essere il pri

mo obiettivo dei liberal-liberisti di oggi.

Ma al percorso indicato da Della Vedova appartengono anche temi e problemi che invece vengono affrontati in contesti separati, irrelativi, occasionali: la questione del Nord-Est, le politiche dei consumatori e la promozione (sì, proprio) del consumo, il destino degli extracomunitari, tanto per ricordarne alcuni. Lo smantellamento dello Stato sociale è un problema non solo di compatibilità (ce lo dice già Della Vedova) ma di ampio respiro culturale. E allora, prendersela con Bossi, con la Lega, con i Comitati antifisco è del tutto fuorviante, mentre dall'Atlantico al Pacifico all'Oceano Indiano si moltiplicano le conferme del nascere e dell'affermarsi di economie 'regionali' il cui sviluppo, legato con la globalizzazione telematica dei mercati, contesta alle radici le pretese dello Stato nazionale a governare i flussi finanziari ed economici, e si segnala altresì che a questo circuito appartiene anche la Padania, ben al di là e ben oltre il Carroccio e le ronde antifisco. Ugualmente, è stupido prima che inuti

le demonizzare il consumo e il consumismo perché immorali e distruttivi, senza avvertire il valore rivoluzionante di una economia globale che poggia sempre più sullo scambio di 'cultura' prima che di merci, e senza conseguentemente porsi il problema di come e dove indirizzare questo flusso inarrestabile fatto di cose e forse di gadget, ma anche di informazioni, di conoscenze e di linguaggi. Infine, è da struzzi continuare a rinviare il problema di come regolare ma anche secondare in modo intelligente l'ingresso degli indispensabili extracomunitari [ad es. proponendo alla scuola non di ripristinare l'insegnamento dogmatico, clericale e buonista degli istituti cattolici, ma come rinnovare il Ministero di Viale Trastevere facendone un 'think tank' capace di porre in essere progetti educativi e culturali interculturali, non quelli che si immagina Veltroni ma del tipo di quelli apprestati da Dewey per gli Stati Uniti della rivoluzione rooseveltiana o per la Turchia laicizzata].

C'è una classe dirigente capace della necessaria spregiudicatezza, che sappia affrontare questi problemi senza cacciare la testa sotto le gonne del buonismo di destra o di sinistra, senza perdere tempo sul bilancino del dare e dell'avere tra 'liberals' e cattolici, e senza aver paura, ogni volta che occorrano citazioni, di scegliere il Popper che studia la nonviolenza e il Friedmann che raccomanda la liberalizzazione del mercato della droga ?

[Chi vorrà relegarsi in una opposizione comunque difficile e dura senza illudersi in rapidi, facili ritorni alla ribalta? Quali, i soggetti disponibili ad attivarsi per almeno cinque lunghi anni, con la volontà e la determinazione di "inventare", o almeno scoprire, le grandi leggi, i percorsi ardui e ancora confusi, del liberalismo del XXI secolo? Un liberalismo che sappia essere levatrice per il mercato telematico globale, la mondializzazione dei problemi e delle speranze, la meticciazione delle culture, il superamento dello Stato-nazione, ma anche la necessità di definire un inedito diritto delle genti che dia forma positiva ai nuovi valori e norme, tendenzialmente universali e dunque laicamente 'religiosi'?]

Mi pare sia da escludere dal novero dei candidati ad un progetto di questa ampiezza il Polo in quanto tale. Tutto ci dice che il Polo intende essere, nella volontà del suo creatore ed unico suo garante Berlusconi, un tranquillo soggetto di area moderata, attento alle ragioni del cattolicesimo legato alle gerarchie nelle diverse forme del dopo-DC, non alieno da accordi di potere se non di regime, comunque condizionato dalla presenza di una Alleanza Nazionale che deve fare i conti, più che con le eredità ideologiche, con il suo insediamento meridionale così restìo ad abbandonare la logica dell'assistenzialismo e dell'intervento pubblico a pioggia.

Se non sul Polo in quanto tale, potremo far conto sulle sue componenti interne dichiaratamente liberali? Non le sottovaluto, e credo vada fatta loro fiducia; ma resto dubitante sul fatto che esse, da sole, possano esercitare altro che un'opera di resistenza e di agitazione se non di testimonianza, troppo poco per la conquista della leadership intellettuale e politica sull'intera opposizione.

Ad altri soggetti, esterni al Polo, toccherà dunque il compito di essere il volano di una opposizione di questo spessore. E quì io sono un po' più ottimista: credo infatti che, nella attuale frantumazione delle iniziative e delle energie, vi sia comunque una polifonia di presenze attive (basta pensare ai giornali "di area", a Radio Radicale) che possono lavorare bene se solo sapranno connettersi in un tessuto interattivo, non chiuse in egoistiche pregiudiziali ma consapevoli della necessità di un lavoro convergente sugli snodi essenziali, le strade, i contenuti, i metodi utili ad affrontare le urgenze prima e gli obiettivi di lunga scadenza poi.

[Un lavoro di ricucitura che saldi i frammenti dell'opposizione liberale è dunque prioritario, urgente. Occorrerà individuare occasioni flessibili eppur adeguate per far crescere il potenziale comune, e sopratutto armarsi di una enorme pazienza e di una forte capacità di sacrificio, individuale e di gruppo]. Purtroppo, il vero punto debole di un tale programma è costituito dal mondo intellettuale e universitario. Qui, l'accademia ulivista trionfa, mentre le presenze liberal-liberiste appaiono cristallizzate su una identità tutta libresca, amorosamente storicista ma per nulla propensa ad una fresca, audace sperimentazione nel senso sopra indicato, per rinnovare la progettualità liberale e proiettarla verso il XXI secolo e i suoi obbligati esiti illuministi.

Angiolo Bandinelli

 
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