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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 1 giugno 1996
L'OPINIONE 31 Maggio 1996

"TRANSPARTITO? NON SOLO A PAROLE"

"Il partito radicale non è morto, ma non sta tanto bene. Anche per la sua alleanza col Polo"

Articolo di Gabriele Paci

La questione e' oggi quella dell'esistenza di partito radicale, cioe' uno o più partiti delle radicalità, o del Partito Radicale, cioe' una forza politica.

Che riprenda, evolvendo, la dinamica laica, liberata, nonviolenta e quindi rivoluzionaria, del partito radicale cosi' come Pannella l'ha concretamente costruito.

II Pr non e' morto, anche se, certo non sta tanto bene. II fatto che una parte leggermente preponderante del Pr (attorno al 95 96 per cento), dando vita alla "Lista Pannella Riformatori abbia scelto come interlocutore il Polo incassando una serie di sconfitte non solamente elettorali, nulla toglie al fatto che il Pr transnazionale (e, almeno formalmente, transparititico) sia ancora una forza vitale. E' il motivo per cui continuo ad essere iscritto, ritenendo la mia collocazione fisiologicamente radicale almeno altrettanto legittima. C'è da chiedersi quanti condividano la scelta di destra tra gli iscritti Pr degli ultimi tre anni (che sono cosa diversa dagli ascoltatori ed ancor piu' dai telefonatori di Radio Radicale).

Tra gli iscritti e gli elettori degli anni precedenti, che sarebbe interessante interpellare (su queste e altre piu' importanti questioni) proprio ora che il Pr ha appena compiuto i 40 anni (la riunione preparatoria si tenne nel dicembre '55, nell'aprile successivo la nascita). Come il dottor Guillottine, Pannella è stato vittima della sua creatura, entrambi decapitati dalla 'macchina' che avevano contribuito ad imporre, la ghigliottina uno, il maggioritario l'altro? E' il punto di partenza di una riflessione, ma procedendo si toccano le modalita' con cui ha affrontato la rivoluzione (non solo maggioritaria) che aveva prefigurato e contribuito a causare.

E' possibile (e utile) salvare il patrimonio delle battaglie radicali? Proprio dieci anni fa il XXXII Congresso si era posto questo interrogativo e a domanda se occorresse salvare il partito, rispondeva che era necessario salvarne le speranze, salvarne le ragioni'.

II Pr ha fornito alla democrazia ed alla metodologia politica alcuni capisaldi, di metodo (nonviolenza, i mezzi che prefigurano il fine invece di giustificarlo, la rottura delle 'conventio ad excludendum'...), e di prassi. a) Aggregazione sul 'da farsi', sugli obbiettivi concreti. b)

Coraggio delle rotture. Coraggio di giocare le partite anche a rischio di perderle. L"'antivedere'` pannelliano determinato (brevemente cennando) dai grandi cambiamenti sociali nel decennio'65 '75, si no alla prefigurazione delle nuove forme politiche, dal mutamento di nome e simbolo al transpartito transnazionale. E' un patrimonio teorico e pratico, dalle grandi alle minime cose, che può ancora dare frutti.

Se esista ancora l'Italia laica è interrogativo che possiamo serenamente lasciare ad Adornato, Maccanico e Marzullo.

Interrogarci su virtu' e limiti della politica di Pannella, dal superamento del Pr alla Lista Pannella, ci porta dall'approdo della disfatta elettorale alle ipotesi di prospettiva. Sfilandosi dalla sua naturale fisiologica collocazione, Pannella ha sottratto alla sinistra una forza fondamentale, capace di generare feconde contraddizioni, di metterla in crisi senza paura di perdere assessorati o ministeri, capace (a volte) di renderla vincente. Pannella non ha invece aggiunto nulla (o quasi) a quella destra nella quale è andato, contro natura, a collocarsi. Alcune parole di Gianfranco Spadaccia sono da sottoscrivere: 'Il 21 aprile (...) ha vinto soprattutto un'Italia che aspira ad una maggiore onestà e pulizia e che, quando non ha scelto la strada della protesta e della demagogia, ha preferito in maggioranza l'Ulivo al Polo. Non dico che i pescecani, gli evasori, i corruttori e i corrotti siano tutti dall'altra parte (...) ma l'ltalia degli onesti ha creduto che il tasso di onestà e pulizia dell'Ulivo fosse m

aggiore. (...) E in questa Italia c'è probabilmente la maggioranza di coloro che nel passato hanno votato Pannella". Invece da parte del leader e sodali si registra un certo astio rancoroso verso la sinistra, non solo (a volte legittimamente) verso i suoi dirigenti, ma anche verso la sue gente, nei cui confronti si ascoltano da "Radio Radicale" cose mai rivolte ai ragazzi e agli uomini di destra che si tentava di recuperare al dialogo ai tempi del "muro di Berlino" della politica italiana. Un atteggiamento che causa reazione uguale e contraria, e che è percepito come tale non solo a sinistra. Parallelamente avanza il tentativo di "rivincita" democristiana: demonizzare la storia e l'immagine di Pannella e dei radicali, impresa impossibile da portare a compimento in passato. Proprio oggi, a maggior ragione, servirebbe una forza democratico-libertaria dinnanzi al rischio postdemocristiano (post?) rappresentato dai popolari (?) di Bianco e di Rinnovamento (?) di Dini. Ma, ancor di più, il "pericolo DC" non è sol

o all' interno dei tre partiti democristiani (Ppi,Dini,CCD-CDU);dell'Ulivo e del Polo.

L'altro rischio è "Unità nazionale bis". C'è chi l'ha visto delinearsi nelle parole di Luciano Violante dopo l'elezione alla guida della Camera, con la Lega al posto delle Br, An Forza Italia al posto della Dc e il Pds a quello dei Pci. A differenza dell' unità nazionale prima maniera, questa volta il patto non è affatto scontato, è uno degli esiti possibili, neppure il più probabile. Ma entrambi questi rischi hanno la propria radice nella "democristianità", con il suo portato di consociazione e paura delle rotture, del cambiamento; insomma l'andreottismo nella sua parte ancor più nefasta di quella filomafiosa. E almeno da questo virus il Pr e Pannella rimangono vaccinati e rappresentano, comunque un antidoto importante.I partiti "radicali" (Lega, Rifondazione, Fiamma e, se facciamo riferimento a quel che dicono d'esseree non a quel che sono oggi, anche i Verdi) hanno raggiunto il 22 per cento dei voti nel proporzionale alla Camera, che vale un 25% se anche Lega e Fiamma si fossero presentate ovunque.

Ma che capacità di dialogo c'è con questi elettori e le classi dirigenti che esprimono? Che capacità di parlare ancora alla gente, facendosi capire? Gesti, parole, iniziative, ossessive presenze in video appaiono a volte ripetitive e devastanti all'inverso: non rompono più il video, rompono solo. Perso il loro carattere rivoluzionario diventano routine, come la musica da Requiem di Radio Radicale, della quale pochi ascoltatori ricordano che venne introdotta come colonna sonora per sottolineare lo sterminio, per fame nel mondo. Occorre quindi anche ridare senso alle cose, ai dati di rottura divenuti oggi dati scontati e/o di conservazione.

Spero che sia infondato il pessimismo di chi ritiene "assolutamente impossibile" reinventare il Partito Radicale. Il seminario che sino domenica scorsa ha impegnato esponenti del Partito Radicale, della Lista e di chi, pur all'interno di percorsi diversi e ritiene ancor oggi la forza radicale generatrice di felice dinamica politica, ha dimostrato che energie e capacità di ideazione ancora ci sono. Allora che fare? Alcune cose semplici, di quella semplicità che è difficile a farsi, che non rappresentano la soluzione, ma rimettono in cammino.

a) Rottura di continuità. Capire quali nuove forme e forze per ripartire.

b) "Digiuno" di politica, tirarsi fuori, spurgarsi come le chiocciole nel barile di segatura, non per essere mangiati.

c) Ridare corpo ai due fondamenti del Pr: transnazionale e transpartitico Forse qualcuno accarezza l'ipotesi di superare la dicotomia tra Pr e Lista Pannella Riformatori: sbocco possibile per chi veda come il Pr in quanto tale sia stato in parte "svuotato" e "trasferito" nella lista Pannella. Per rinunciare al Pr da un lato forza autonoma, dall'altro vero transpartito, può forse voler dire incamminarsi davvero verso la fine. E' chiaro che l'opzione del dialogo rapporto con il Polo tanto più dinnanzi alla possibile imminente dissoluzione di Forza Italia, non verrà abbandonata, cosi come la strategia radicale del rapporto con Craxi pur tra rotture e riappacificazione.

Ma, accanto a questa, un partito, radicale che torni ad essere davvero transpartito, può: accogliere e ritener forza dinamica anche chi ritiene, necessario sviluppare la propria radicalità dentro la sinistra. Magari creando strutture, club, associazioni, comitati per alcuni referendum, che si muovano in questa direzione

d) I referendum da soli non bastano. Siamo passati dai tre ai sette, ai dieci ed ora ai venti, forse arriveremo ai duecento... Ma come dimostrano esemplarmente quelli sulla responsabilità civile dei magistrati prima sulle trattenute sindacali poi disattesi nelle conseguenze legislative e di fatto. Senza una forza parlamentare e nel Paese che difenda ed affermi le conseguenze dei referendum, ciò continuerà a succedere.

e) Riprendere alcune battaglie, a partire dalla questione dello sterminio per fame nel mondo. A partire dalla quale riproporre il problema del rapporto nord/sud, chiamando il

governo Prodi/Veltroni a precise riflessioni ed impegni.

Da un lato, quindi una forza non solo radicale, ma di Partito Radicale è necessaria, al Paese, alla democrazia, anche alla libertà e alla speranza personali. Dall'altro occorre verificare se, quanto e quando questa possa rifiorire dal ceppo del Pr. Che non è morto, come sostenevano negli anni '60 Eugenio Scalfari ed altri "radicali storici", come sostengono nuovamente oggi, di fatto, altri radicali più o meno storici. La differenza è che allora c'era Marco Pannella, oggi...

 
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