PANNELLA, ADDIO AL "MUSEO" RADICALE
Camera, sfrattati da Forza Italia, i Riformatori abbandonano le stanze di tante battaglie: "Qui erano conservati vent'anni di storia italiana".
Articolo di Alessandra Longo.
"prego accomodatevi, questa è la stanza di Marco, questa è la sua scrivania, alla vostra destra c'è il suo archivio. Vedete quei faldoni con l'etichetta verde? dentro ci sono vent'anni di storia politica italiana. C'è abbastanza luce per la telecamera?". 11 giugno 1996, ore 12. Visita guidata, fra il mesto ed il surreale, ai luoghi che furono del partito radicale. Sì perché Pannella e i pochi fedelissimi, non eletti, è arrivato il giorno dello "sfratto" dal sesto piano del Palazzo dei Gruppi di Montecitorio. Forza Italia sta stretta, ha bisogno di una sala riunioni, anche di un ufficio adeguato, con vista sui tetti, per il suo vicepresidente, il Professor Giorgio Rebuffa, e perciò si prende il glorioso fortino, rimasto sempre uguale, sempre quello dal '76, anno in cui entrarono per la prima volta alla Camera i terribili quattro, Pannella, Adele Faccio, Mauro Mellini ed Emma Bonino. Ieri, l'ultimo giorno lassù, questa volta sembra sul serio, con i salatini, il prosecco e la coca-cola, con le televisioni a fil
mare il congedo e registrare le tante assenze dei combattenti con la rosa in pugno. Primo piano sugli schedari di Pannella. Raccontano le gesta del partito e del suo santone. Ecco sei classificatori solo per l'impeachment di Cossiga ("unica copia, non toccare"); e poi i dossier sulle marce, sulla fame nel mondo, sulle guerre, i due tomi degli inquisiti dell'undicesima legislatura, le cronache dei tumultuosi congressi nazionali e transnazionali, i telegrammi di "congratulazioni" al leader, anche gli "insulti del Pds e Rifondazione" (ottobre '92)... "Prego, filmate pure tutto". Come al museo: qualcuno apre persino i cassetti della scrivania, dentro ci sono le Gauloises di Pannella. Lui, Pannella, se ne sta nella sala più grande, e gira con il vassoio delle paste in mano, per una volta poco aggressivo, lievemente amaro quando fa il discorso di rito: "Auguro a tutti, a ciascuno, alla Camera, vent'anni come quelli che noi abbiamo saputo creare e vivere qua dentro: brindo ai prossimi vent'anni...". Paolo Vigevano
, i capelli bianchi, fedelissimo nei secoli, è uno dei pochi "compagni di lotta" presenti. Il vecchio partito radicale non c'è. Al di là dello sfratto, (il capogruppo di Forza Italia, Beppe Pisanu, assente alla bicchierata, ci terrà a far sapere che nessuno si è mai sognato di liberarsi dell'inquilino, "delle sue idee e della sua passione civile"), c'è comunque la sensazione di una storia che finisce, chiusa negli schedari alle pareti, registrata nell'archivio sonoro di Radio Radicale, fermata nella memoria di Pannella e dei seguaci, alcuni dei quali ormai politicamente lontani dal Padre. Una storia, quella dei radicali, portata in dote ad alleati che mostrano di non apprezzare fino in fondo, scandita da battaglie come il divorzio nel '74. E poi l'aborto, l'obiezione di coscienza, la giustizia, gli spinelli, la caccia, il nucleare, il "monopolio Rai", i digiuni, i bavagli, l'ostruzionismo, Toni Negri in Parlamento, Enzo Tortora a Strasburgo, Pannella e Craxi, Pannella e Almirante, Pannella e il Papa... Gira
persino una veloce brochure, stampata per finanziare gli ultimi venti referendum "contro il regime" che riassume le tante imprese. Ora Marco Pannella e Marco Taradash, (passato a salutare), sembrano non avere molto da dirsi. Il primo se ne sta andando da Montecitorio, il secondo rimane a "testimoniare" dentro Forza Italia. Nei "Quaderni radicali", finiti di stampare il mese scorso, Pannella riflette sui figli che se ne vanno: "Taradash ci invita a smettere di fare i "giapponesi" nell'isolotto sperduto, convinti di essere ancora in guerra con gli americani... io dico che a rischiare di fare i giapponesi sono proprio gli amici della Convenzione per la riforma liberale... Certo, in questo modo ci si garantisce... piatto ricco mi ci ficco. Però se il piatto è ricco, ma il tavolo sopra il quale è posato il piatto e magari la stanza stanno bruciando, francamente mi pare che il gioco non valga la candela..." Il quartier generale di Marco Pannella non brucia, però da oggi tireranno giù i quadri e libereranno gli sca
ffali. I radicali, antichi guerrieri, lasciano Montecitorio. Anche se c'è chi non ci crede, come i colleghi di Pannella, Antonio Martino ("purtoppo non sono io il capogruppo di Forza Italia...") e Altero Matteoli, di Alleanza Nazionale ("Non li possiamo mandar via, dobbiamo trovare una soluzione"). "Spadaccia, perché non c'è Spadaccia?" urla il presidente del Partito, Bruno Zevi. Si sussurra l'elenco degli assenti. Mancano Francesco Rutelli e Giovanni Negri, non si vedono al brindisi Peppino Calderisi, Massimo Teodori... E non c'è nemmeno Emma Bonino, volto storico per le battaglie per i diritti civili, entrata a Montecitorio con la prima pattuglia, la borsa di Tolfa appoggiata sulle spalle come un sacco, le "pianelle" ai piedi. Dice Pannella pensando a Forza Italia: "siamo uomini di piazza e non di palazzo... siamo stati cacciati dalla stoltezza". E Zevi se ne va quasi cantando "Viva il partito radicale, viva il partito radicale".