di Angiolo Bandinelli"L'Opinione", 13 giugno 1996, pag.4
Non erano in molti, martedì, a salutare Marco Pannella e i suoi Riformatori nelle stanze del palazzo di Montecitorio dalle quali, per una improvvisa quanto incomprensibile decisione, sono stati fatti sloggiare dopo venti anni di lavoro parlamentare ad altissimo livello. O meglio: stipata tra mura e scaffali, dossier e faldoni, c'era tantissima gente. Mancavano, però, volti e presenze che l'occasione, sicuramente, richiedeva: i volti, la presenza, di quanti per anni (alcuni addirittura per lustri) in quelle sale e stanze sono passati, hanno lavorato ed anche - perché no? - hanno fatto i primi passi di carriere sempre lusinghevoli e talvolta brillanti.
Non farò nomi: ma non posso tacere l'orribile sensazione di un vuoto di sensibilità inadeguato rispetto ai problemi, alle difficoltà e magari agli errori commessi o subìti dallo stesso Pannella e dai suoi. Un vuoto, almeno per me, intollerabile. Perché non ho potuto non sospettare - come del resto recenti discussioni avevano reso palpabile - che in molti di coloro i quali con l'una o l'altra motivazione hanno disertato l'appuntamento vi fosse una sottile voglia - dobbiamo dirlo? - di vendetta o almeno di ripicca e di distacco rispetto alla persona che essi considerano la sola ed unica responsabile dei suoi propri mali, oltreché di quelli che lamentano per se stessi. Parlo, ovviamente, di Marco Pannella.
Ho avuto modo, su questo stesso giornale, di ricordare che, per la gran parte, la ricostruzione delle vicende "radicali" degli ultimi cinque anni è falsa, pretesuosa e tortuosa, avendo come unico e determinante filo conduttore la denuncia degli errori veri o presunti commessi dal leader, nella assoluta dimenticanza del contesto storico, politico e cronachistico intervenuto, quanto meno negli ultimi cinque anni, a determinare svolte, cadute e sconfitte. E non posso far altro, oggi, che ribadire questo fermissimo giudizio, che sono certo troverà il suo riscontro non appena qualcuno, nelle sedi appropriate e con occhio limpido di storico, si prenderà la briga di ricostruire il percorso umano e politico della vicenda che, per comodo, definisco qui "radicale.
Ma, anche se tale giudizio fosse sbagliato, mi è parso inadeguato e inaccettabile che martedì, in un momento certo amaro ma non privo di solennità, gli autori di tante impietose critiche non abbiano sentito il dovere (vorrei dire, il gusto) di un gesto che sarebbe stato, proprio perché proveniente da loro, di generosità intellettuale ed umana; che non abbiano provato l'impulso, magari anche infantile e irrazionale, di tornare per l'ultima volta in quelle stanze dove per anni avevano lavorato e da dove sono partiti per altri lidi; non per stringere la mano a Pannella insomma, per dimenticare, per "perdonare" o altro, ma per onorare se stessi, i loro impegni di ieri, quello che erano stati e che li ha comunque marcati a lungo se non per la vita. O anche, magari, per ribadire alla stampa presente, che avrebbe prestato loro avido orecchio, i loro severi e inappellabili giudizi.
Alcuni di quegli assenti si sentono ancora, a distanza di anni, degli immeritatamente "cacciati". Forse è vero (non tocca a me giustificare Pannella), ma anche nei casi più evidenti penso che avrebbe dovuto subentrare la capacità di spogliarsi della più comprensibile delle amarezze per dar luogo a giudizi più tolleranti, non pregiudizialmente chiusi all'ipotesi che certe eslusioni fossero dettate dalle ragioni di quella politica che pure era per essi mestiere e di cui dunque conoscevano bene durezze e trabocchetti. Gesti simli sono propri alle classi dirigenti autenticamente rivoluzionarie e liberali.
Vi sono figure che occupano oggi posti di anche altissima responsabilità e con il loro silenzio, la loro ingenerosità, continuano anch'essi ad accreditare la brutta storia di Pannella che divora i suoi figli, come uno spietato Saturno: loro, che forse hanno potuto diventare adulti facendosi forti, e comunque facendo tesoro, del grande patrimonio messo loro a disposizione dal padre, Saturno o come altro lo si debba chiamare. Nemmeno di costoro si è presentato qualcuno, martedì, a compiere il gesto che avrebbe attestato che quanto avevano in tanti anni ricevuto era, almeno sul piano morale, meritato.