le azioni nonviolente chiedono sempre una cosa minima, quella di avere un confronto con chi è in quel momento il tuo interlocutore, meglio se è istituzionale. In caso contrario siamo in presenza di azioni nonviolente che a suo tempo si chiamavano "all'irlandese", cioè dove al grande obiettivo ideale che ti faceva fare il digiuno, come alternativa avevi solo la morte fisica (mi pare si chiamasse Bobby Sand quello che così morì nelle carceri britanicche o irlandesi del nord).Il nostro modo di fare il digiuno è sempre per chiedere il rispetto di regole che entrambi le parti in gioco hanno sottoscritto, e la regola di incontrarsi per confrontarsi, è di quelle base di un qualunque consesso democratico. In alternativa siamo in presenza di metodi tipici della barbarie, e non c'è niente che ci possa spingere a non denunciarli.
Chi di noi -e molti compagni in questo momento lo sono- si sente impotente e pensa addirittura di fare cosa ridicola nel chiedere ai propri alleati il rispetto delle regole del gioco (dove noi, coma ha ben fatto notare la Donatella con il suo esempio in cabina elettorale, le abbiamo rispettate fino in fondo), sta sbagliando, anche perchè a questa azione non propone niente di alternativo che non l'accettazione della legge della giungla. Ed è qui la forza libertaria di un nonviolento: la non-accettazione della sopraffazione, specialmente se questa nasce da una situazione di "lasciar fare-lasciar passare".
E i documenti, poi, anche in sede locale, se inviati contestualmente all'effettuazione di un digiuno, hanno più forza e credibilità.