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Conferenza Movimento club Pannella
Club Club - 18 agosto 1996
PIANO PER L'INTEGRAZIONE
CONTRO LA POLITICA DELL'ASSIMILAZIONE

SOMMARIO

- PRESENTAZIONE pag. 1

- POLITICA PER L'INTEGRAZIONE

QUALE VALORE PER LA SOLIDARIETA'

CONTRO LO PSEUDO-VALORE DELL'ASSISTENZIALISMO pag. 2

- PRESENZA STRANIERA E POLITICA DI INTEGRAZIONE pag. 2

- UNA PLURALITA' DI LEGAMI CON I PAESI DI ORIGINE pag. 3

- IL RITORNO VERSO UNA CULTURA DI ORIGINE pag. 4

La cultura di origine una necessaria relativizzazione pag. 4

Un ritorno verso una cultura percepita come originale pag. 4

- L'INTEGRAZIONE:

RISPOSTA ALLA DIVERSITA' CULTURALE pag. 5

- INTEGRAZIONE E CULTURA DI ORIGINE:

UNA INTEGRAZIONE AUSPICABILE

Tener conto delle culture di origine pag. 8

- FAR RISPETTARE IL DIRITTO COMUNE pag. 9

- EVITARE LA MARGINALIZZAZIONE

E LA STIGMATIZZAZIONE pag. 10

- GARANTIRE I DIRITTI DI OGNUNO pag. 11

La libertß religiosa pag. 11

Il diritto alla cittadinanza pag. 13

- UNA VITA ASSOCIATIVA IRREPRENSIBILE pag. 14

- GLI ALLOGGI E L'INSERIMENTO

NELLA SOCIETA' ITALIANA pag. 15

Le interferenze tra i problemi degli alloggi

e l'impatto delle differenze culturali pag. 15

Il modo di vivere l'abitazione pag. 15

I luoghi d'insediamento pag. 16

La politica degli alloggi sociali pag. 16

Gli stranieri ed il vicinato pag. 17

I pericoli del comunitarismo pag. 18

- L'INSEGNAMENTO DELLA LINGUA ITALIANA

E DELLE LINGUE E CULTURE DI ORIGINE pag. 19

- CONCLUSIONI pag. 19

Al Sindaco

Comune di Lucca

Ai membri la

Giunta Municipale

Comune di Lucca

Ai componenti il

Consiglio Comunale

Comune di Lucca

Oggetto: PIANO PER L`INTEGRAZIONE

CONTRO LA POLITICA DELL`ASSIMILAZIONE.

PRESENTAZIONE

Egregio signor Sindaco, sigg. membri la Giunta Municipale e sigg. componenti il Consiglio Comunale, con il presente documento ci si permetta di intervenire nell`ambito di un problema politico-sociale-culturale di vasta portata che e` emergente ma soprattutto di attualita` reale, oggi come per i prossimi mesi ed anni futuri, per il quale bisogna necessariamente proporre soluzioni innovative e risolutive.

Sgombriamo quindi il campo, immediatamente, da qualsiasi tipo di interpretazione sul nostro intervento-suggerimento: IL CLUB PANNELLA RIFORMATORI <> NON E` CONTRARIO ALL`APERTURA DI ALLOGGI DI PRIMA ACCOGLIENZA PER I LAVORATORI EXTRACOMUNITARI E NO, MA QUESTI NON DEVONO POI DIVENIRE "GHETTI" DI PERMANENZA STABILE.

E` necessario pero` indicare come, a nostro avviso, debba essere interpretata tale azione politica di governo locale ma anche di politica per l`integrazione in campo nazionale. Va da se che i lavoratori extracomunitari e no debbono trovarsi sul territorio nazionale in condizioni di legalita`. Ed e` partendo da questo concetto primario che dovra` essere favorita una politica nazionale e locale per l`integrazione contro, invece, quella piu` largamente diffusa , di una politica nazionale e locale per l`assimilazione.

POLITICA PER L`INTEGRAZIONE QUALE VALORE PER LA SOLIDARIETA` CONTRO LO PSEUDO-VALORE DELL`ASSISTENZIALISMO.

La politica di integrazione valorizza la solidarieta`, mettendo l`accento sulle somiglianze e sulle convergenze. Il processo d`integrazione suppone anche l`accettazione delle specificita` culturali, sociali e morali considerando vero che la comunita` locale - e quindi la nazionale - s`arricchisce di queste varieta`.

Integrazione e legami con la cultura di origine sono sempre coesistiti. L`emigrazione italiana ha saputo integrarsi nelle popolazioni dalle origini e culture diverse, rimanendo pero` attaccata alla conservazione dei legami originali con il Paese. Questo e` una dimostrazione che tale politica sociale puo` essere effettuata.

Oggi la questione delle relazioni tra integrazione e legame di origine merita di essere affrontata alla vista di una diversita` piu` grande, poiche` e` il nostro Paese ad essere terra d`accoglimento per le diverse popolazioni alla ricerca di una vita sociale ed economica migliore.

I nostri concittadini hanno certamente il diritto di interrogarsi circa le conseguenze dell`integrazione sul tessuto socio-economico della citta`. Ma l`obbiettivo primario e permanente della societa` civile italiana e dei suoi poteri pubblici, quindi anche delle amministrazioni locali, deve potersi esprimere per il mantenimento da parte dei lavoratori extracomunitari e no dei legami con le loro culture di origine.

PRESENZA STRANIERA E POLITICA DI INTEGRAZIONE .

La distinzione tra straniero ed immigrato deve essere richiamata. Un immigrato non e` necessariamente uno straniero.

L`immigrato, straniero nato all`estero, e` entrato - legalmente - in Italia e ci vive. L`immigrato puo` aver mantenuto la nazionalita` straniera ma puo` anche essere divenuto cittadino italiano.

Lo straniero e` semplicemente una persona che non ha la nazionalita` italiana. Egli puo` essere nato in un paese estero come, invece, puo` essere nato straniero in Italia ed esservi rimasto.

Lo straniero che e` nato in Italia e che acquistera` la nazionalita` italiana sara` un cittadino italiano senza essere un immigrato, mentre lo straniero nato all`estero che viene in Italia ed acquista la nazionalita` italiana sara` un cittadino italiano definito come un immigrato.

Gli immigrati sono originari principalmente dei paesi del Magreb, dei paesi asiatici, dei paesi dell`Est Europa ed una piccola parte dei paesi dell`Unione Europea.

Il volume delle entrate sul suolo italiano, in rapporto alla popolazione residente, non e` superiore a quello dei paesi dell`U.E. vicini.

Queste popolazioni d`immigrati possono presentare dei tratti comuni.

Delle popolazioni, la cui integrazione e` reale, si sforzano di mantenere dei legami comunitari stretti, quali gli albanesi. Altre, venute da una stessa zona geografica, hanno delle forti affinita` tra loro, quali quelle provenienti dalla zona rurali africane presentano una incapacita` ad adattarsi al modo di vita urbano.

Comunque, al di la` di questi fattori di unita`, la diversita` e` la regola.

Piu` di 150 nazionalita` sono presenti sul territorio nazionale con le loro lingue, costumi, tradizioni e modi di vita particolari. Ed e` per questo, per esempio, che la comunita` asiatica e` presentata sotto un vocabolo unico.

In seno alle stesse nazionalita` le lingue parlate possono differenziarsi poiche` la lingua ufficiale non e` sempre la lingua parlata.

Le origini regionali sono un altro fattore di diversificazione: la meta` della popolazione immigrata algerina e` kabile; la meta` dell`immigrazione marocchina o tunisina e` berbera. La separazione etnica e` una realta` per il maggior numero delle popolazioni immigrate africane. Ed anche se la religione puo` essere potenzialmente unificatrice, poiche` comune, le sale delle Moschee sono spesso ripartite : certune ai Nord-Africani, altre agli Africani Sub-Sahariani ed altre distinte per quelle frequentate dai Turchi o dagli Asiatici. In altri casi la stessa sala di preghiera sara` diversamente frequentata a seconda dei primi arrivati all`uffizio : Nord-Africani od originari dell`Africa nera per esempio.

Diversificazioni nazionali, etniche, linguistiche, religiose o culturali fanno si che non ci sia uno straniero, un immigrato ma delle comunita`, delle popolazioni diverse e pluraliste.

UNA PLURALITA` DI LEGAMI CON I PAESI DI ORIGINE.

Ed e` proprio in ragione della diversita` delle popolazioni che questi legami non possono essere che plurali e multipli. I legami conservati sono di ogni ordine: lingue, tradizioni, costumi ( abbigliamento e/o alimentari ), abitudibi di vita, religioni. Questo e` il vasto insieme che puo` essere qualificato come " culturale ".

Spesso e` un modo di vita, un`abitudine di vita che e` trapiantato in Italia. Cosi` come in certi paesi africani il bambino vive fuori casa ma sotto il controllo sociale della comunita`, in Italia la stessa abitudine culturale conduce a lasciare i bambini nelle strade, in assenza del controllo sociale proprio da parte delle " societa` africane ", esponendoli cosi` ai rischi inerenti la vita urbana occidentale. Questa pratica abituale costituisce ugualmente uno dei " legami " con il paese di origine.

L`attaccamento al paese di origine e` piu accentuato per gli immigrati giunti piu` recentemente in Italia e, senza dubbio, piu` diffuso per gli stranieri la cui presenza e` gia` ben radicata. Del resto, piu` la concentrazione territoriale degli stranieri e` forte, piu` la conservazione delle culture originali e` accentuata. Ugualmente come per le popolazioni dai modi di vivere piu` distanti dalla vita urbana moderna occidentale hanno tendenza a ripiegarsi sul gruppo, il solo modo di vivere, anche di sopravvivere nella societa` urbana.

I legami spontanei, volontari sono anche incoraggiati - giustamente - dagli Stati di origine. Certuni, del resto, finanziano (attraverso i loro ministeri per l`emigrazione) strutture di assistenza sociale, di primo accoglimento, di aiuto alla scolarizzazione contribuendo cosi` alla integrazione di queste popolazioni. Ma quando queste azioni tendono, invece, a mantenere la specificita` comunitaria senza relazioni con l`esterno, a mantenere un controllo politico e sociale su queste popolazioni, esse sono fortemente negative. Esse sono altrettanto negative quando tendono ad impiantare una cultura musulmana integralista, che non appartiene alla concezione italiana della laicita` della Repubblica italiana.

IL RITORNO VERSO UNA CULTURA DI ORIGINE.

La cultura di origine e` una necessaria relativizzazione.

La nozione di cultura di origine deve essere relativizzata. Tutte le culture sono evolutive, cosi` come quelle straniere recentemente arrivate in Italia vedono la loro cultura svilupparsi in contatto con la societa` italiana. Il modo di vita urbano trasforma inevitabilmente la cultura degli immigrati e la loro cultura non e` piu` allora esclusivamente quella del loro paese di origine.

Quanto ai giovani, nati in Italia oppure venuti in giovane eta` sul nostro suolo, la loro cultura e` italiana con apporti della cultura dei loro parenti. I giovani ereditano coscientemente od inconscientemente degli elementi di una cultura che non e` piu` realmente la loro. Del resto, un debole livello culturale puo` impedire una trasmissione costruita da valori ed elementi del patrimonio umano. La cultura trasmessa puo` essere trattenuta oppure rigettata. I giovani intrattengono allora, in assenza della trasmissione voluta, una visione deforme di cio` che pensano essere la cultura dei loro parenti.

La loro cultura dominante dimora, quindi, in quella trasmessa dalla scuola, dalla televisione oppure dalla citta` ed e` questa cultura dominante che accoglie dei resti di una cultura di origine che rappresenta, a volte, essenzialmente un modo di vita. Nelle famiglie originarie del Magreb, oltre ai valori religiosi, persistono le relazioni uomo-donna, bambini-bambine che sono le piu` facili da trasmettere. I ragazzi coccolati dalle madri hanno rapidamente il loro posto nello spazio pubblico mentre le ragazze vengono chiuse nello spazio privato, in una relazione di subordinazione. Ed i ragazzi della seconda generazione ( forse anche della terza ) cercano di riprodurre in modo naturale questi rapporti di inuguaglianza, frutto di una " cultura di origine ".

Ma il fattore spesso piu` chiaro ed anche il piu` " legante '' dell`identificazione con la cultura di origine rimane, senza ombra di dubbio, l`eredita` religiosa. L`Islam diviene cosi` l`elemento di identificazione piu` evidente.

Un ritorno verso una cultura percepita come originale.

La crisi rende fragile il tessuto sociale, principalmente quello verso le popolazioni meno favorite e tra queste quelle provenienti dall`immigrazione. I quadri tradizionali di integrazione hanno perso il loro impatto: sindacati e partiti non hanno piu` il loro ruolo originario e l`occupazione fa difetto. L`integrazione quale consequenza dell`immersione in seno ad una classe operaia omogenea non esiste piu`. E` la disoccupazione e quindi la difficolta` di realizzarsi con il lavoro che e`, senza dubbio, la causa essenziale di questa fragilita` sociale. I giovani non possono piu` valorizzarsi e definirsi con il loro lavoro e cio` li conduce a definirsi per quello che sono o per quello che risentono essere attraverso lo sguardo degli altri.

La crisi porta ad un ripiego di identita`, un ritorno verso la comunita`. La disintegrazione sociale, la destabilizzazione, lo scacco risentito dalla societa` moderna che espone comunque ogni giorno le sue ricchezze, conduce dei giovani a ricercare una identita`, una valorizzazione che trovano nella chiusura comunitaria, cui l`integralismo costituisce una variante. Altri, invece, trovano nella delinquenza uno strumento di valorizzazione.

Ecco perche` questo ripiego si manifesta essenzialmente attraverso manifestazioni religiose, vettori piu` forti di identificazione. Anche se l`Islam praticato e` spesso deformato, esso appare come l`elemento essenziale di identificazione. L`Islam e` , anche per le ragazze subordinate e marginalizzate, un modo di affermare agli occhi dei loro connazionali e della comunita` una personalita` propria.

Ma il ripiego comunitario, conto tenuto della fragilita` della trasmissione della cultura di origine e del peso della cultura dominante, costituisce spesso una re-interpretazione delle culture ignorate, sognate da giovani senza formazione. Si tratta qui` di un ripiego verso cio` che e` percepito come una cultura di origine. La pratica culturale e` fortemente marcata dall`ambiente italiano e puo` esprimersi principalmente attraverso attivita` quali la musica e la danza. In realta` la " comunita` '' di ripiego e` spesso distaccata dalle influenze famigliari od originali, misto di una cultura urbana italiana e di influenza nord americana.

L`INTEGRAZIONE: RISPOSTA ALLA DIVERSITA` CULTURALE.

Il " modello d`integrazione " dovrebbe fondarsi sull`indifferenzazione tra gli esseri umani, poiche` inteso nel senso ch`egli e` universalista. Ogni essere vale per se stesso indipendentemente dalla comunita` alla quale egli appartiene.

L`integrazione suppone che lo straniero si unisca alla comunita` nazionale nell`uguaglianza dei Diritti e dei Doveri. Lo straniero conserva le sue partricolarita` ma nessuna di queste entra in considerazione per l`esercizio dei suoi diritti e per il compimento delle sue obbligazioni.

La Repubblica italiana non riconosce dei diritti che all`individuo, libero verso i suoi legami comunitari. Lo Stato e` neutro e pone il postulato della liberta` di scelta dell`individuo al quale vengono riconosciuti dei diritti. Questa liberta` non irrigidisce, non consacra l`individuo. Essa gli lascia la possibilita` di vivere oppure non vivere, piu` o meno fortemente, in rapporti comunitari in seno alla societa`, d`inserirvisi o di uscirvi.

La logica comunitarista si vede inversa. Essa racchiude l`individuo nel suo gruppo dal quale egli si definisce e da cui egli trae dei diritti e delle obbligazioni. Le situazioni sono cosi` bloccate e l`individuo rimane chiuso nella sua comunita` che non e` piu` la comunita` nazionale.

Se questa logica comunitarista puo`, in un primo tempo, essere un fattore di stabilizzazione essa, in un secondo tempo, diviene un fattore di rottura con la societa` nazionale. Questa logica e` allora quella del ghetto, della separazione e dunque dell`esclusione.

Affermiamo quindi, qui`, il nostro attaccamento ad un modello che permetta l`integrazione nella comunita` nazionale delle popolazioni, le piu` diverse ch`esse siano oppure non attaccate ai loro particolarismi. Ci domandiamo comunque se questa logica possa dimorare quale l`unica valida nel tempo, tenendo conto delle modifiche dei flussi migratori, dell`arrivo di emigranti provenienti da regioni rurali fortemente lontani dal modello di vita urbano occidentale? Ci domandiamo anche se essa potra` essere sempre operazionale , tenendo conto della diversita` della popolazione immigrata e straniera presente sul territorio nazionale?

Ci dimentichiamo spesso che l`Italia ha avuto (ed in modo minore lo ha anche attualmente) un popolo di emigranti e che nel suo emigrare, al suo rientro, e` divenuto nell`insieme << uno >> e << pluralista >>. Ed e` su questa base che lo Stato deve favorire l`integrazione contro l`eterogenita`.

Fino a qualche anno fa (chi si ricorda della trasmissione televisiva educativa "Non e` mai troppo tardi") una proporzione importante della popolazione italiana non era proprietaria della lingua italiana. Ci dimentichiamo anche che le reazioni all`immigrazione interna, che ci hanno portato a riflessioni importanti sull`unita` nazionale, sono state forti e persistono tutt`oggi facendo oggetto di forti discriminazioni.

L`attaccamento dei migranti al loro paese di origine e` naturale. Tutti gli stranieri che arrivano sul suolo di un nuovo paese hanno bisogno di ritrovare i loro connazionali per svolgere una vita sociale. L`integrazione individuale necessita sempre, prima di ogni altra cosa, di una vita comunitaria che permetta di evitare l`isolamento delle comunita`, a torto o a ragione, viste oggi quali modelli di integrazione, che hanno masntenuto per molto tempo i loro particolarismi e possono conservarne sempre. I magrebini possiedono le loro associazioni, i loro giornali ed altro e quindi gli e` possibile vivere parlando la loro lingua in circuito chiuso. Anche il sindacato maggioritario ( C.G.I.L. ), che dovrebbe essere un vettore politico di integrazione, ha organizzato i suioi militanti e simpatizzanti stranieri in funzione delle loro origini.

Il pullulare dei particolarismi e` sempre esistito ed esistera` sempre. Quanto alle reazioni anti-immigrati, anti-stranieri esse erano ben piu` forti nel passato che oggi e cio` non ha impedito l`integrazione.

Questa politica di integrazione si fa sempre attraverso il contatto con la societa` grazie soprattutto alle scuole, istituzione non aggirabile in questa sfera; attraverso i matrimoni misti; e anche attraverso e perche` le popolazioni immigrate desiderano realmente - nella loro maggioranza - integrarsi. Esse sanno che la loro presenza in Italia e` duratura e che l`avvenire dei loro figli e` in Italia, a dispetto della crisi economico-sociale. L`immagine deteriorata del paese di origine, come per esempio quella dell`Algeria oppure quella dei paesi dell`ex-Yugoslavia insanguinati dalla guerra civile il primo e dalla guerra tout-court i secondi, spinge spesso all`integrazione ed i giovani divengono, rapidamente, degli stranieri al " paese di origine " dei loro parenti.

A priori non esiste una popolazione non integrabile. Esistono individui in situazioni culturali differenti per i quali il processo di integrazione sara` piu` o meno lungo.

L`eterogenita` delle popolazioni interessate rende piu` lento il processo ma l`integrazione costituisce precisamente la risposta alla diversita`.

IL MODELLO DI INTEGRAZIONE DA NOI SPERATO E` QUELLO CHE DEVE PERMETTERE A TUTTI DI ACCEDERE AD UNA UGUAGLIANZA DI DIRITTI E DEI DOVERI, PERMETTENDO A CIASCUNO DI CONSERVARE IL SUO PARTICOLARISMO, COSI` SPECIFICIO CHE ESSO SIA, A PARTIRE DAL MOMENTO CHE VENGANO RISPETTATE LE LEGGI DELLA REPUBBLICA ITALIANA E LE REGOLE DELLA VITA SOCIALE.

La difficolta` attuale per una politica di integrazione ha luogo, per una gran parte, a causa della crisi economica. Questa crisi, che porta ad essere rara l`attivita` lavorativa e soprattutto il lavoro per i giovani, rende piu` difficile il percorso dell`integrazione. Ora questa crisi colpisce sia gli immigrati e gli stranieri che i nazionali. Ed e` per questo che , oggi, la politica dell`integrazione deve potersi applicare a tutti ( immigrati , stranieri e no ).

Ma essa non e` il solo fattore primario. Molto agisce anche la diversita` di culture, di modi di vivere e di essere. Gli immigrati ( alcuni ) cercano di integrarsi comportandosi, vestendosi come gli indigeni mantenendo una cultura propria diversa, anche religiosa, snaturando di fatto sia la propria che l`altra. Cio` produce una crisi di identita` ( nei soggetti piu` deboli ) e ad una fragilita` di decisioni, dove un soggetto piu` forte puo` approfittarne. Il proporre incontri, manifestazioni, rispetto delle festivita` delle altre culture e religioni, danze e spettacoli improntati sulle varie culture di origine aiuterebbe a capire ed a comprendere il perche` dei vari comportamenti. Poter introdurre nella popolazione indigena la curiosita` delle culture diverse, il reciproco rispetto e la consapevolezza del fatto che il futuro si basa su una integrazione sociale internazionale ed universalista dovrebbe restringere i divari, cercando di sfuggire all`odio o la repulsione. Come si scriveva , la base

di tutto cio` e` riconducibile alla scuola. Essa, infatti, deve introdurre i bambini - sia indigeni che immigrati o italiani di famiglie di immigrati - in un sistema diverso di concepimento del problema : l`insegnamento della politica per l`integrazione, l`insegnamento del rispetto reciproco e l`apprendimento delle culture diverse insieme ai comportamenti famigliari sia di impronta nord-africana, sud-africana, medio orientale o indocinese dovrebbero aiutare a debellare il problema alla sua radice. Siamo sicuri che la conoscenza reciproca e` l`ariete per abbattere l`ostacolo dell`intransigenza quale si presenta ai nostri occhi oggi. Si potrebbero cosi` creare, in casi di estrema difficolta`, ambienti di avvio per bambini di immigrati e stranieri dove venga ricreato il loro sistema-ambiente famigliare. Ma anche insegnare agli adulti immigrati e stranieri il sistema educativo e di vita nella nostra societa`, non tanto per modificare le loro origini, ma piu` che altro per far capire i problemi che si creano ne

l contrasto fra i diversi sistemi di vita. Accorgimenti quali l`introduzione nelle nostre scuole di lezioni, effettuate da parte di un insegnante non indigeno in possesso dei requisiti e delle qualifiche necessarie a cio`, documentari per visualizzare la vita sociale delle varie culture di origine aiuterebbe a comprendere la diversita` e sarebbe un arricchimento non indifferente per la popolazione indigena , oltre ad essere un sistema che riteniamo valido per una politica di integrazione .

La " non-integrazione " o la " de-integrazione " , l`esclusione - in un solo termine - colpisce cosi` piu` diffusamente tutte le popolazioni oggetto di questa crisi. Questa esclusione e` favorita dalla dislocazione dei legami famigliari.

La dislocazione e` sensibile presso giovani di origine africana, usciti da famiglie poligame o accolti in Italia da parenti od amici aventi la stessa origine culturasle. Questa fragilizzazione dei legami famigliari puo` anche constatarsi in famiglie magrebine, a dispetto dell`importanza dei legami affettivi, dove l`autorita` paterna e` indebolita od addirittura scomparsa e dove i bambini, soprattuttoi maschi, sono educati dalla " citta` ", dalla " strada " . Lo smembramento famigliare colpisce anche le famiglie italiane, monoparenti o marginalizzate dalla crisi. Ora l`indebolimento delle strutture famigliari in un contesto di crisi economica e` uno degli ostacoli principali all`integrazione sociale.

Il primo contatto con l`autorita` per questi giovani e` oggi il maestro, il professore di scuola. Il primo incontro con delle regole di vita sociale ha luogo con la scolarizzazione, mettendo cosi` la scuola in prima linea. Per molto tempo l`accento e` stato messo sull`importanza delle relazioni tra poteri pubblici e amministrazioni da una parte e giovani dall`altra. Le relazioni con i loro parenti sono state trascurate. Ora queste relazioni sono fondamentali. Appare necessario, tenuto conto soprattutto dell`importanza dei legami famigliari in materia , di re-implicare i parenti nel processo di integrazione dei loro figli. Questa re-implicazione passa anche attraverso la scuola. E` quindi necessario far venire i parenti alla scuola per associarveli il piu` largamente possibile, per far loro comprendere l`interesse allo studio per i loro figli e per spiegare loro, ugualmente, l`interesse alle attivita di risveglio che vengono spesso ignorate dalle popolazioni di origine straniera.

La crisi rende e rendera` piu` delicata l`integrazione. Ma questa qui` si fara`, senza ombra di dubbio, come per il passato con dei ritmi diversi, beneficiante del sentimento che la vita e` in Italia e che, quindi, non esiste possibilita` di ritorno in un paese detto di origine.

Ma questa integrazione e la politica che la sostiene devono ormai indirizzarsi a delle popolazioni che sono, ben evidentemente, straniere ma anche italiane, marginalizzate dalla crisi economica.

INTEGRAZIONE E CULTURA DI ORIGINE :

UNA INTEGRAZIONE AUSPICABILE.

Tener conto delle culture di origine .

Ogni migrante arrivato sul suolo di un nuovo paese ricerca i suoi connazionali, i membri della sua comunita` al fine di evitare l`isolamento e lo sradicamento completo. L`individuo ricerca un contatto con la sua cultura originale, azione naturale e costante del migrante. E` del resto un suo diritto. La liberta` suppone che ognuno possa scegliere il suo modo di essere a partire dal momento che rispetta le regole della vita sociale e le leggi della Repubblica italiana.

Questo diritto e`, a volte, una necessita` poiche` e` l`assenza di punti di riferimento che e` pericolosa. Ognuno ha bisogno di riattaccarsi, piu` o meno fortemente, a cio` che e` stato oppure a cio` che e`. Non sono solamente i migranti che possono risentire il bisogno di restare in contatto con la loro cultura di origine. Ognuno puo` provare il bisogno di conoscere le sue origini. Dei giovani, italiani, possono sentire il bisogno di ricercare e di conoscere la storia e la cultura dei loro parenti. Hanno il diritto a questa conoscenza che e` un modo di affermare la loro identita`. Conoscersi permette di meglio assumersi anche verso gli altri e permette di integrarsi meglio. Paradosso : l`integrazione suppone una conoscenza di se, delle proprie origini ed e` questa conoscenza che permette una integrazione riflettuta, assunta e dunque riuscita.

La conoscenza permette anche di spogliarsi dei travestimenti della cultura di origine. Il ritorno ad una identita` senza ricerca, senza conoscenza puo` tradursi con la sola adozione dei segni esteriori di appartenenza, con un rigore che supplisce il comprendere. L`ignoranza puo` condurre all`integralismo, mentre lo studio libero puo` allontanarsene.

La conservazione dei legami con la cultura di origine implica anche la conservazione delle relazioni con la famiglia, vicina o lontana perche` rimasta al paese.

Questi contatti, naturali, sono sempre esistiti a dispetto delle difficolta` di comunicazione, piu` importanti ieri che di oggi. Tali relazioni, che esisteranno sempre, hanno degli aspetti positivi per i paesi di accoglimento. Esse suscitano dei flussi di scambi benefici e permettono, all`Italia, di stringere dei legami economici, culturali e politici con regioni importanti per l`avvenire economico e culturale del paese, principalmente l`America del Sud, il Magreb ed i paesi asiatici. Ma non solo, visto che i legami intrattenuti dalle popolazioni con i loro paesi di origine possono contribuire allo sviluppo economico dello stesso, soprattutto quando questi e` un paese del Terzo Mondo.

Per esempio in Francia - un paese gia` confrontato all`aspetto della problematica " integrazione oppure assimilazione " - molti emigranti ( immigrati in Francia ) della vallata del Senegal ( Mali`, Mauritania e Senegal ) si sono organizzati su base associativa per iniziare dei progetti di sviluppo dei villaggi di origine. Queste associazioni studiano dei progetti di sviluppo ch`essi stessi finanziano e ne assicurano il controllo e lo sviluppo. In questo modo essi aiutano coloro che sono rimasti al paese a sviluppare le proprie capacita`. Questi canali di sviluppo spontanei ed efficaci, troppo poco conosciuti, sono un aspetto positivo della necessita` di mantenimento di queste relazioni " transfrontiere ".

I legami con i paesi di origine possono essere cosi` pienamente positivi. Comunque di queste relazioni esiste l`altra faccia della medaglia, come l`abbiamo gia` evocato:

- mantenimento da parte di Stati Esteri di canali di influenza sul suolo nazionale;

- sviluppo di un Islam integralista estraneo al concetto della Repubblica laica e, potenzialmente, sfavorevole al processo della integrazione;

- trasporto di conflitti politici dei paesi di origine sul territorio nazionale.

Questi inconvenienti debbono e possono essere pero` controllati e ridotti al punto di far giocare positivamente e pienamente gli effetti positivi di queste relazioni.

FARE RISPETTARE IL DIRITTO COMUNE .

Mantenere dei legami con la propria cultura di origine e`, come abbiamo scritto, un diritto e puo` essere positivo per l`individuo e la comunita` nazionale. Ma una condizione e` necessaria: E` NECESSARIO CHE QUESTI LEGAMI SI STABILISCANO E SI MANTENGANO NEL RISPETTO DELLE REGOLE DELLA VITA SOCIALE, DELLE LEGGI DELLA REPUBBLICA ITALIANA.

L`universalismo deve accettare la diversita` a condizione che le regole comuni essenziali siano rispettate. L`uguaglianza e la laicita` suppongono il rispetto delle obbligazioni che ne provengono.

Bandire le pratiche contrarie alle regole fondamentali della societa` italiana :

a) Il rispetto dell`integrita` della persona fisica, accentuando lo sforzo di informazione presso le famiglie immigrate e straniere;

b) L`uguaglianza tra gli uomini e le donne e` affermata dalla nostra Costituzione, messa in opera dalla giurisdizione nazionale e adesso anche dalla Corte di Giustizia della Comunita` Europea. La fermezza avverso le pratiche rimettenti in causa i principi fondatori della societa` italiana contemporanea quali il matrimonio forzoso delle ragazze, la chiusura delle donne al focolare domestico, il ripudio della sposa o il ritiro delle ragazze dalle scuole prima della fine della scolarita` obbligatoria deve essere attuata fermamente. Quest`ultima pratica, contraria agli obblighi legali, deve essere meglio controllata, denunciata e sanzionata. Il ripudio, teoricamente bandito dal nostro ordinamento, e` invece riconosciuto di fatto. Questo e` inaccettabile.

Piu` generalmente bisogna incoraggiare l`attivita` delle associazioni che si sforzano di fare uscire le donne immigrate e/o straniere dalla loro condizione di inuguaglianza al fine di aprirle alla nostra societa`. Tutti concordano nel dire che l`integrazione passa anche dalle donne. Da cio` la necessita` di venire in aiuto alle piu` deboli ed alle piu` isolate permettendo loro di conoscere i loro diritti e le possibilita` di emancipazione offerte dalla societa` italiana;

c) Il raggruppamento poligamico e` vietato dalle nostre leggi ed e` per questo motivo che la regola del raggruppamento famigliare deve essere valido solamente per una delle spose.

La poligamia, condannata da tutte le associazioni di donne africane quale sfruttatrice e devalorizzatrice della donna, e` tra l`altro inadatta alla societa` urbana. Essa induce, oltre alla promiscuita` ed una totale chiusura delle donne, una assenza di relazioni famigliari stabili, pregiudiziale per i bambini abbandonati - per mancanza di spazio - all`educazione della " strada ".

d) Infine le regole del gruppo famigliare devono essere rispettate. Una pratica culturale delle popolazioni africane consiste nella presa in carico di un bambino nato da fratelli o da altri membri della famiglia. Dal momento in cui dei bambini vengono iscritti sul suo passaporto puo` avvenire che lo straniero che riparte, da solo, nel suo paese di origine ritorni, poi, con altri bambini che arrivano qui` a qualsiasi eta` e questo rende difficile la loro presa in carico dal sistema educativo. Ma soprattutto possono arrivare in famiglie senza essere necessariamente desiderati o addirittura accettati. I maltrattamenti e lo " schiavismo " in questi casi non e` raro.

Tali flussi di bambini generano delle popolazioni di giovani socialmente in rottura e difficilmente integrabili. La stabilita` del contesto famigliare ed affettivo appare determinante per una buona integrazione.

Anche se il compito si rivela certamente difficile nella pratica, i poteri pubblici devono meglio controllare le uscite e le entrate ( o ri-entrate ) dei bambini sul territorio nazionale, particolarmente verso oppure in provenienza da zone sensibili.

EVITARE LA MARGINALIZZAZIONE E LA STIGMATIZZAZIONE.

Tutto quello che induce una marginalizzazione oppure una stigmatizzazione delle popolazioni straniere deve essere rigettato ed in questo senso tutto deve essere messo in pratica, per esempio :

a) L`esempio degli insegnamenti delle lingue e culture di origine e` a riguardo significativo.

Esso deve essere concepito nell`insegnamento primario per non tagliare i bambini dalle loro radici nell`ipotesi di un ritorno al paese di origine. Tale insegnamento deve essere finanziato dai poteri pubblici con la collaborazione degli Stati Esteri.

b) Il ripiego totale degli stranieri sulle loro comunita` e` da considerarsi un fattore primario di marginalizzazione, contrario quindi alla necessaria integrazione.

Gli stranieri possono vivere in un circuito chiuso:

- alloggi rudimentali e segregativi in seno alla comunita`;

- bisogni alimentari assicurati dalla stessa comunita` ed a volte con circuiti interni di fabbricazione clandestina;

- ugualmente sia per l`abbigliamento e la confezione che per gli aspetti sanitari.

La chiusura in un circuito parallello blocca le possibilita` di evoluzione dell`individuo e lo mantiene spesso in uno stato di sottomissione verso l`organizzazione sociale tradizionale privandolo di contatto con la societa` italiana.

Questa chiusura puo` avere per origine i problemi per l`alloggio.

L`impossibilita` di trovare sul mercato degli alloggi adatti obbliga lo straniero ad indirizzarsi verso la comunita`. Lo sblocco di queste situazioni, particolarmente in cio` concernente le popolazioni di origine africana, suppone che la amministrazione locale ma anche e soprattutto lo Stato si diano i mezzi per assicurare una integrazione attraverso gli alloggi.

Ma questo problema non concerne solamente gli stranieri e gli immigrati ma anche la popolazione indigena che viene marginalizzata ed esclusa. Trovare quindi una formula adatta non sara` facile, per il semplice fatto che molti si sentono il diritto di avere un alloggio "popolare" ed il favorire una famiglia immigrata e/o straniera scatena un odio, non tanto contro tale famiglia ma contro le istituzioni. La cittadinanza indigena si sente messa da parte, soltanto per scopi politici e di immagine degli eletti. Difatti ci sono famiglie indigene che hanno un tenore di vita superiore su cui si basa il sistema di calcolo che conferirebbe un alloggio, quindi vengono scartate, ma che con tale tenore non potranno mai comprarsi o costruirsi una casa, cosicche` si sentono esclusi da tutto, e il vedere che chi viene da fuori viene aiutato scatena ancor di piu`l`odio razziale. Un modo per cercare di risolvere il problema sarebbe un`agevolazione molto accentuata sui mutui e la possibilita` di trovare

aree edificabili vantaggiose economicamente, cosicche` la popolazione indigena, ma anche immigrata e straniera, si sentirebbe aiutata e non prenderebbe piu` con rabbia il fatto che alloggi popolari vengano dati a famiglie immigrate e straniere.

GARANTIRE I DIRITTI DI OGNUNO.

La liberta` religiosa.

La Repubblica italiana e` laica, vale a dire ch`essa non trova fondamento in alcuna religione ed osserva la piu` stretta neutralita`.

Sotto questo aspetto nessuna Chiesa puo` influenzare l`organizzazione delle amministrazioni locali ne`, tanto meno, dello Statto e dei servizi pubblici.

La liberta` di coscienza e di credenza si sviluppa nell`armonia della sfera privata che lo Stato, per la sua neutralita`, protegge.

Questa liberta` puo` manifestarsi pubblicamente fino a quando resta compatibile con la liberta` dell`altro ed il funzionamento dei servizi pubblici.

Ancor prima che la liberta` di credo, la neutralita` dello Stato suppone ch`esso garantisca anche l`esercizio di tutti i culti. Da cio` nasce la problematica e la necessita` della separazione della Chiesa e dello Stato affinche` la nuova Repubblica assicuri la liberta` di coscienza, garantendo il libero esercizio dei culti sotto la sola restrizione emanata nell`interesse dell`ordine pubblico.

Questo contesto laico , al quale la societa` deve profondamente attaccarsi, deve essere tollerante verso tutte le religioni alle quali lo Stato deve garantire liberta` di espressione, escludendo pero` la sovvenzione ai culti.

Attualmente la societa` occidentale ha una certa diffidenza riguardo all`Islam, confondendo spesso " islamismo integralista " e " fede musulmana ". L`attualita` ha accresciuto la diffidenza profonda della societa` occidentale verso una religione per la quale la separazione dello spirituale e del temporale e` relativo.

Globalmente, infatti, la visione dell`Islam e` deformata. Gli atti di integralismo sono sopra-valorizzati, super-mediatizzati quando, invece, l`Islam in occidente - e soprattutto in Italia - e` nella sua grande maggioranza moderato. La guerra del Golfo ha del resto mostrato la calma della comunita` musulmana ed il rispetto ch`essa portava agli orientamenti del paese.

I problemi comunque esistono ed essi sono notoriamente legati alla debola organizzazione dell`Islam " italiano ". I luoghi di culto finanziati da Stati e/o associazioni estere lo sono, spesso, per fini politici. Tenuto conto delle carenze delle strutture islamiche " italiane " esse sono soggette al pericolo dell`integralismo.

L`integralismo viene dallo straniero e non dalla comunita` immigrata in Italia. Infatti in mancanza di veri corsi di formazione di imams " italiani ", imams - a volte autoproclamatisi - provengono dall`estero. Questi imams stranieri, che spesso non hanno padronanza della lingua italiana, sono degli integralisti fuori dal tempo circa le realta` della comunita` musulmana italiana. Se luoghi di culto ed i loro imams sono integralisti, i praticanti non potranno accedere all`espressione di un Islam moderato, distaccato dalle influenze straniere. Non e` quindi solamente un dovere dello Stato e delle amministrazioni locali ma anche una obbligazione politica quella di aiutare l`Islam in Italia ad organizzarsi senza pero` sostituirsi ad esso, tenuto conto del principio di laicita` della Repubblica italiana.

Uno dei problemi maggiori risiede nella ricerca dei luoghi di culto. In effetti gli attuali sono piccoli : appartamenti, sale di associazioni, case comunitarie od islamiche. Le grandi moschee sono rare.

Il contesto giuridico puo` aiutare le amministrazioni locali a permettere agli immigrati la realizzazione dei luoghi di culto :

- la messa a disposizione di terreni a contratto locativo enfiteutico;

- garanzie di prestito;

- donazioni detraibili dalle imposte;

- locazioni di locali di proprieta` della municipalita`.

Ma e` vero che il Comune, la cui responsabilita` e` determinante, e` esitante a seguito dei timori della popolazione indigena. Ed e` per questo che deve incoraggiare le associazioni musulmane italiane permettendo loro, nel rispetto delle leggi, di trovare luoghi di culto. Le amministrazione locale non puo`, del resto, disinteressarsi del problema : e` meglio permettere la organizzazione dei luoghi di culto, prendendo in conto l`imperativo della coesione sociale e della pace pubblica, che lasciare crearsi dei luoghi di culto spontaneisti nell`improvvisazione e nel disturbo del vicinato.

Lo Stato e l`amministrazione locale devono essere pedagoghi ricordando i diritti delle altre religioni ed invitando i Prefetti ad essere stretti nel loro controllo per il rispetto della legalita`. Le amministrazioni locali hanno spesso " dirottato " le regole urbanistiche dalle loro specifiche finalita` per, anche, restringere il libero esercizio del culto.

Ugualmente devono anche favorire, nel rispetto della legalita`, le comunita` e/o le associazioni aiutandole ad effettuare l`organizzazione della macellazione con rito religioso. Lo sforzo in questo settore e` certo e deve essere favorito. I poteri pubblici devono prendere coscienza del problema e rispondervi adeguatamente.

Come e` importante la questione dei luoghi di culto, lo e` altrettanto quella della formazione degli imams italiani.

I poteri pubblici e le comunita` musulmane devono, insieme, fare uno sforzo a riguardo. Cosi` come per il cappellanato.

Il cappellanato e` un sistema legale previsto per permettere agli utilizzatori dei servizi pubblici di esercitare la loro religione conformemente al diritto che gli e` riconosciuto dalla Costituzione. Lo Stato prende in carico, infatti, le cappelle della religione cattolica nelle prigioni e dell`esercito, mentre questo stesso sistema che dovrebbe prendere in carico - per lo sviluppo dell`Islam in Italia - anche gli imams italiani non e` invece utilizzato nella sua giusta misura.

Riguardo alla formazione degli imams il problema potrebbe essere risolto, per esempio, con la creazione di un " istituto di studi superiori " privato oppure di un " istituto di teologia " creato nel contesto degli apporti della Comunita` Europea. Naturalmente lo Stato e le amministrazioni locali , laici entrambi, non possono sostituirsi all`iniziativa privata in questo settore ma possono invece creare, in un contesto di aiuti finanziari europei verso il sistema universitario, una formazione universitaria critica e laica sull`Islam, aperta a studenti delle scuole superiori. Libera scelta, dopo, a loro di proseguire questo studio per una formazione privata per divenire imam.

Favorendo la conoscenza dell`Islam e il suo studio critico, i poteri pubblici offriranno una risposta ai discorsi integralisti che prosperano in ragione dell`ignoranza.

L`elaborazione, da parte delle amministrazioni locali, di una " CARTA PER IL CULTO MUSULMANO IN ITALIA " riuscirebbe a colmare il vuoto o l`insufficenza delle organizzazioni dei musulmani in Italia, oggi, permettendo cosi` anche la conoscenza del rispetto della separazione dei culti dallo Stato e dai principi di vita della societa` italiana.

Parallellamente, la venuta di imams stranieri che non abbiano ne` la padronanza della lingua italiana, ne` una adeguata conoscenza della societa` italiana e dei suoi valori, diverrebbe inutile.

IL DIRITTO ALLA CITTADINANZA.

Le popolazioni di origine straniera vogliono anche il riconoscimento come le altre, particolarmente i giovani.

Ora, queste persone, capiscono male i controlli di identita` permanenti , poiche` non ancora integrati al nostro sistema di prevenzione. La lotta contro l`immigrazione clandestina necessita di verifiche delle identita`. Dei controlli frequenti e ripetuti danno loro il sentimento di essere marginalizzati, di essere posti " fuori dalla societa` " e, soprattutto per coloro che gia` hanno acquisito la nazionalita`, di non essere considerati come italiani. Tali controlli generano amarezza e sono per diretta conseguenza negativi riguardo l`obbiettivo dell`integrazione ma essi si rendono necessari per il rispetto della legalita` contro l`immigrazione clandestina.

L`amministrazione locale, unitamente alla Prefettura, deve svolgere attivita` di informazione diretta alle comunita` straniere, per mezzo di opuscoli od affissioni di manifesti multilingue, informandole che tali controlli si rendono necessari per evitare che gli " illegali " ( i clandestini ) creino danno alla comunita` che invece vive legalmente sul territorio nazionale.

Infatti una discrezionale presenza degli organi di autorita` preposti alla sicurezza dello Stato ed alla tutela dell`ordine pubblico attraverso la prevenzione e repressione dei reati e, talvolta , perfino la carenza di questi servizi nei quartieri difficili non sono ben visti e vissuti dalla stessa popolazione indigena e, per conseguenza, non facilitano l`integrazione delle popolazioni immigrate, quelle straniere ed anche quelle indigene in pericolo di marginalizzazione.

Ma se i controlli di identita` sono mal vissuti e mal interpretati dai giovani, l`assenza di sicurezza nei quartieri difficili non e` sopportabile ne` accettabile. Cio` impone, quindi, di riflettere sull`utilizzo e la presenza delle forze dell`ordine in queste zone.

La mancanza di operatori sociali e l`assorbimento degli assistenti sociali ad impiego amministrativo crea di fatto una assenza della amministrazione locale sul terreno in cio` concernente il contatto diretto con le popolazioni immigrate, quelle straniere e quelle indigene in pericolo di marginalizzazione.

La scuola e` in prima linea, in questo caso, ma essa non puo` sostituirsi a tutto cio` che l`amministrazione locale deve invece fare :

- assistenza sociale ;

- sicurezza e rimedi alle carenze famigliari.

L`amministrazione locale deve quindi investire molto a favore dei quartieri in difficolta`.

Questo sforzo, che non deve mai cessare, deve poter implicare l`insieme dei servizi pubblici interessati ad una azione sul terreno. I giovani sono attaccati ai loro quartieri, uniche frontiere che a volte conoscono e cio` che viene fatto per essi puo` quindi essere ben visto ed apprezzato.

Ed e` la politica della citta` che deve creare il legame tra l`investimento e l`integrazione, cosa che invece nella realta` attuale non accade. E` l`insieme delle attivita`, dei centri pubblici e delle aree sportive, socio-culturali ed economiche che devono essere pensate e concepite in funzione di una politica di integrazione.

UNA VITA ASSOCIATIVA IRREPRENSIBILE.

La vita associativa resta un elemento fondamentale della cittadinanza.

Qualunque sia la nazionalita` dei suoi membri, nel rispetto delle leggi vigenti, una associazione deve avere le stesse facolta` di creare e di sviluppare attivita` sociali e/o culturali essenziali alla vita della citta`.

Certamente delle deviazioni possono aver luogo. Per esempio quando le associazioni divengono gruppi famigliari o etnici che hanno appreso ad usufruire illegalmente di sovvenzioni emanate dai poteri pubblici.

Ma l`esistenza di associazioni resta fondamentale per l`integrazione delle popolazioni quando esse agiscono nell`ambito dell`animazione culturale, di aiuto alla scolarizzazione o all`alfabetizzazione. Esse sono il crogiolo delle solidarieta` locali e dell`inserimento sociale.

Le associazioni che siano in misura di gestire spazi o addirittura il funzionamento di radio e/o emittenti televisive locali ( come ad esempio una emittente televisiva privata a Pistoia dove uno spazio temporale e` gestito da una associazione senegalese ) sono un esempio tipico di strutture suscettibili di favorire l`integrazione. Dirette verso le preoccupazioni quotidiane del loro pubblico, a volte bilingue, esse possono assicurare una transizione ed una apertura verso il resto della societa` nazionale.

E` necessario quindi privilegiare le piccole associazioni locali al posto delle grandi associazioni che rimarranno lontane dal terreno di azione. Infatti queste grandi associazioni durante questi ultimi anni sono state favorite a discapito di quelle che animano o potrebbero animare i quartieri.

L`integrazione, pero`, non concerne solamente gli immigrati e le azioni esclusivamente destinate ad essi possono essere talvolta controproduttive. Come possono essere controproduttivi quei rifiuti motivati da " opportunismi politici " su sovvenzionamenti di attivita` culturali che invece sono essenziali all`integrazione di collettivita` piu` ampie rispetto ai soli immigrati. Esse possono essere percepite come discriminanti per coloro che precisamente non sono degli immigrati ma cittadini italiani in precarie condizioni culturali ed economiche. Ed e` in questo tipo di azione sul terreno che l`integrazione si unisce all`inserimento di tutte le persone in difficolta`. Essa deve infatti primeggiare attaccandosi fortemente ai contenuti socializzanti dell`azione. E` infatti increscioso che un aiuto finanziario o strutturale non possa essere accordato ad una associazione, nell`ambito di una azione di integrazione e di inserimento, per il solo motivo ch`essa non rientra nell`ambito delle associazioni di immigr

ati. Non tenendo cosi` conto che la realta` del suo intervento nell`ambito sociale puo` essere proficuo.

Un apporto significativo verrebbe nell`inserimento nella circoscrizione di appartenenza di un membro esterno non politico, ma eletto democraticamente fra le varie comunita` di immigrati. Tale figura potrebbe seguire le varie fasi delle istituzioni locali, potrebbe proporre e far capire le varie problematiche delle persone " diverse ", riportare e spiegare alle comunita` i problemi delle istituzioni, della popolazione indigena e le proposte da seguire o da scartare. Il tutto in un processo di integrazione nelle istituzioni locali, trampolino di lancio per obbiettivi superiori. A riguardo, le istituzioni dovrebbero allargare gli orizzonti comportandosi nei confronti degli immigrati, degli stranieri e della popolazione indigena in difficolta` come cittadini a pari dignita`, piuttosto che considerarli un peso da distribuire sul territorio comunale, provinciale, regionale e nazionale.

GLI ALLOGGI E L`INSERIMENTO NELLA SOCIETA` ITALIANA.

Le interferenze tra i problemi degli alloggi e l`impatto delle differenze culturali.

I luoghi di abitazione dove si incontrano maggiori difficolta` circa l`inserimento presentano delle caratteristiche che possono divenire, grazie alla persistenza delle abitudini culturali diverse, un fattore di tensione permanente.

Le abitazioni collettive, i centri di accoglienza, situati in quartieri difficili ne sono un esempio tipico: essi non consentono di avere gli stessi rapporti di vicinato che caratterizzano i villaggi africani, ne e` pensabile che le case magrebine siano racchiuse attorno ad una corte. Tutto questo puo` rendere insopportabile cio` che invece sarebbe ammissibile in condizioni materiali diverse.

Il modo di vivere l`abitazione.

L`assenza di luoghi che si prestino alla persistenza dei modi di vita di origine non puo` trovare sempre una soluzione semplicistica. La composizione numerica della famiglia e la concezione allargata della solidarieta` di parentela, valorizzata nei paesi di origine, entra invece in conflitto con l`organizzazione urbana italiana che, in generale, meglio si confa` ad un modello della famiglia riconducibile alla coppia ed ai suoi figli, generalmente poco numerosi. Dal momento che il desiderio di disporre di luoghi di culto, malgrado le varie difficolta` politiche, possa trovare valide soluzioni, a maggior ragione il tentativo di individuare degli alloggi adatti per famiglie numerose oppure "allargate" non dovrebbe presentare, per una volonta` politica reale, particolari problematiche prive di possibili soluzioni.

La ricerca di soluzioni in materia di alloggi non deve necessariamente permettere o favorire la persistenza di tutti i costumi del paese di origine. Al riguardo evidenziamo due rischi:

a) quello di offrire la possibilita` di non integrarsi, rimanendo al margine della societa` che accoglie l`immigrato, e quindi portare queste popolazioni a ripiegarsi su loro stesse senza adottare il nostro modo di vivere. Se tale concezione e` generalmente accettata nel contesto di una assimilazione deve, invece, essere ritenuta estranea alla concezione di integrazione ed inserimento nella societa` italiana;

b) quello di creare, nell`ambiente delle popolazioni interessate, un motivo aggiuntivo di rifiuto: adattare le caratteristiche degli alloggi ad una domanda tipica rischia di essere percepito dalla popolazione indigena come una tendenza a privilegiare gli immigrati e gli stranieri a suo discapito, senza tuttavia soddisfare sempre le popolazioni interessate che possono vedervi invece un modo diverso di "distinguerli" ed additarli all`attenzione generale.

I luoghi d`insediamento.

Le modalita` con cui vengono affrontate le problematiche relative all`insediamento delle popolazioni straniere ed immigrate possono, a seconda delle scelte, aggravare le difficolta` oppure apporetarvi dei rimedi. La tendenza attuale in materia di alloggi e di centri di prima accoglienza provoca una accumulazione di fattori peggiorativi.

In particolare nei quartieri dove si concentrano le popolazioni in difficolta`, sia quella immigrata che quella indigena, entrambe molto numerose, si trovano tutte le ragioni affinche` i problemi presenti all`origine si ritrovino insoluti ed anzi aggravati gia` al momento dell`insediamento, se non addirittura prima. Cosi` la coabitazione di famiglie "allargate", in una situazione di precarieta` di spazio abitativo si aggiunge all`irresponsabilita` troppo frequente degli adulti riguardo alla sorveglianza dei bambini, al deterioramento volontario dei locali collettivi, provocando un rapido acuirsi dei problemi di vicinato. Da cio` il dilemma davanti al quale si trova confrontato chi deve prendere determinate decisioni. Per esempio, ad una famiglia africana alloggiata in un ambiente piccolo, possiamo esitare nell`attribuire un alloggio di 5 stanze, che migliorerebbe certamente la sua situazione, con il rischio di provocare l'arrivo dell'insieme della famiglia dal paese di origine?

La politica degli alloggi sociali.

La mancanza di una coerenza delle politiche degli alloggi sociali mette i responsabili in situazioni impossibili da gestire. La politica di distribuzione degli alloggi sociali non corrisponde alla preoccupazione di realizzare una piena integrazione e l'inserimento. Da tempo ormai, infatti, i comuni, compreso il nostro, si sono allontanati dalla costruzione di alloggi sociali. La maggioranza degli alloggi sociali disabitati sono dislocati in quartieri socialmente definiti "a rischio". I distributori istituzionali degli alloggi sociali sistemano, naturalmente, in ragione di una attribuzione prioritaria degli alloggi le popolazioni in difficolta' la' dove esistono gia' degli alloggi sociali disponibili. In questo modo il quartiere, gia' in difficolta' sociale, diviene ancora piu' a "rischio".

E' grave che l'amministrazione locale non comprenda la necessita' di partecipare allo sforzo generale per l'eliminazione di questi squilibri sociali persistenti. Il risultato di una pratica che riserva i quartieri gia' "a rischio" sociale ai casi piu' difficili, consiste nell'aggravamento dei problemi e nell'isolamento di questi quartieri, portando cosi' alla creazione del "ghetto". La spirale e' cosi' inserita: il quartiere offre un' immagine di promiscuita' sociale, provocando la fuga dei commercianti e delle imprese e l'impoverimento della popolazione. Una famiglia che arriva in un quartiere di questo tipo corre il massimo rischio di essere frenata nella sua crescita.

L'insieme di queste difficolta' pesa sugli eletti locali. Anche se gli eletti locali non sono all'origine delle decisioni delle passate amministrazioni che li portano a ritrovarsi, loro malgrado, davanti ai problemi della gestione e dei finanziamenti, essi non hanno fatto e non fanno niente per rompere con il sistema gestionale dei partiti che e' prevalso nelle passate amministrazioni, ma anche con lo strumento della "politica" continuano il tracciato della spartizione lobbistica a dispetto delle problematiche delle popolazioni straniere, immigrate e no, ed anche di quelle indigene che si trovano in difficolta' economiche e sociali.

E' infatti ai comuni che spetta una volta alloggiate le popolazioni indigenti, il dovere di finanziare la creazione o la rimessa in stato d'uso delle strutture che devono accompagnare gli alloggi, gli asili nido, le scuole materne, gli altri istituti scolastici, i trasporti pubblici e quelli scolastici, i parchi, gli impianti sportivi, ecc... e le misure di prevenzione e di assistenza sociale. Una situazione come quella che si presenta e' portatrice e prosecutrice dell'incoerenza.

La politica tendente a facilitare l'accesso alla proprieta' da parte di certe popolazioni svantaggiate (che concerne quindi quella immigrata, la straniera ma anche quella indigena) non ha avuto, da questo punto di vista, degli effetti sempre favorevoli. Cosi' alcune comproprieta' hanno sofferto di mancanza di risorse che nuovi proprietari avrebbero portato, poiche' gli inquilini erano (non per volonta' ma per scarse possibilita' economiche) incapaci di poter far fronte alle spese che gli competevano.

Inoltre, alcuni nuovi inquilini-proprietari hanno, nella loro nuova proprieta', riunito i loro famigliari ed i raggruppamenti per paese di origine sono stati ricercati dagli acquirenti stessi. In queste condizioni i tentativi locali per migliorare l'equilibrio delle popolazioni e lo stato degli immobili si sonoa volte urtati a delle difficolta' ancor piu' aggravate.

Gli stranieri ed il vicinato.

E` tra le popolazioni alle prese con l`insieme dei problemi sopra accennati, che le manifestazioni di diversita`, soprattutto di natura culturale, rappresentano un fattore maggiore di rischio di intolleranza reciproca. In periodo di crisi, gli immigrati e gli stranieri non sono certamente i soli esclusi; per alcuni di loro il recente arrivo costituisce un rischio aggiuntivo di marginalizzazione rispetto alle difficolta` economiche comuni. Essi sono piu` visibili agli occhi del vicinato e piu` disorientati nei confronti di una societa` sconosciuta. Mentre nella generalita` dei casi la dispersione delle difficolta` evita i problemi, sia con la cerchia di persone che con la famiglia stessa, la tendenza al raggruppamento in materia di alloggi provoca un loro aumento.

In numerosi casi gli individui piu` fragili della nostra stessa societa` vengono abbandonati a loro stessi. Questi sono coloro che si sentono esclusi socialmente, i piu` minacciati nella propria cultura e nella propria identita`, i quali avvertono come una ulteriore minaccia la presenza dei nuovi venuti, sia in materia sociale che in materia di identita` ( la lotta fra i poveri ) . Su questo terreno la pratica di abitudini culturali diverse puo` essere un fattore esplosivo. Tutto quello che in una situazione normale potrebbe essere un fattore di arricchimento reciproco diventa qui un pericoloso terreno di scontro e di chiusura. Questo effetto e` duplice:

- il primo riguarda la percezione delle popolazioni immigrate da parte del vicinato italiano. Succede cosi` che le abitudini alimentari provochino, talvolta, l`intolleranza al posto della curiosita`; le abitudini in materia di relazioni sociali siano vissute essenzialmente in termini di rumori eccessivi; la composizione numerica insolita del nucleo famigliare scoraggi l`ospitalita` dei vicini; ecc... Cosi` tutto cio` che dovrebbe dare luogo all`incontro tra i gruppi ed al loro mutuo arricchimento non fa altro che accrescere, invece, l`intolleranza nata dalla non-conoscenza;

- il secondo riguarda invece la popolazione immigrata che, costretta a ripegarsi su se stessa a causa di un ambiente in generale poco accogliente, tenda a riprodurre sul luogo i propri tradizionali modi di vita, senza che nasca in loro una reale volonta` di integrazione nella societa` italiana che li accoglie. Quando esiste una tale volonta`, del resto, questa si scontra duramente con gli ostacoli economici legati alla difficile congiuntura. Le ipotesi pessimistiche dominanti in queste popolazioni relative al proprio avvenire non vengono in seguito smentite dall`esperienza che acquisiscono.

Per gli individui sradicati dal proprio paese di origine un nuovo territorio abitativo diventa luogo di storia poiche` sono andati persi i legami con la propria. Oltre a risultarne una tendenza a ricostituire il paese di origine all`interno dell`appartamento, con tutti i problemi gia` evidenziati, la venuta su un territorio avvertito come ostile rischia di non lasciar loro altra scelta che non sia il ripiego ed in seguito la rapida perdita dei punti di riferimento necessari. Le difficolta` si aggravano quando il quartiere, il centro di accoglienza e` a sua volta senza "passato" e non viene considerato come realta` pulsante in grado di accogliere nuovi arrivati. Le conseguenza sulle nuove generazioni sono sempre piu` inquietanti poiche` portano i giovani dei quartieri "a rischio" a vivere nelle strade organizzati in bande, costituite da individui sempre piu` giovani e gia` privi di qualsiasi punto di riferimento.

In queste condizioni, poiche` il legame con la societa` italiana non e` fattibile, il solo rapporto sociale suscettibile di sopravvivenza e` quello che le popolazioni immigrate hanno potuto conservare con le comunita` di origine. Si sono gia` visti i benefici del mantenimento di tali legami da parte dei nuovi arrivati; quando invece i fattori di ripiego sono troppo pesanti, questo mantenere i legami diviene esso stesso un ostacolo per l`evoluzione.

I pericoli del comunitarismo.

Il raggruppamento di popolazioni sfavorite, anziche' dinamizzare le comunita' interessate, da' luogo all'effetto contrario. Ed e' per questo che si vedono mantenere delle strutture tradizionali molto rigide. In tali circostanze gli obiettivi di ogni immigrato non si distinguono da quelli della comunita'. Spesso l'obiettivo unico socialmente riconosciuto, anzi imposto dalla stessa comunita' di origine, e' il mantenimento del flusso finanziario a favore della stessa comunita' che ne trae cosi' specifico beneficio a scapito dello stesso immigrato. Nonostante che l'effetto nella sua globalita' possa essere positivo, la volonta' di mantenere questo flusso "costi quel che costi" puo' invece costituire un elemento di blocco delle strategie individuali e puo', quindi, frenare iniziative tendenti all'integrazione nella societa' italiana.

Del resto, tenuti lontano dal vicinato italiano e privati delle possibilita' di inserimento economico, alcune di queste popolazioni creano per la propria sussistenza circuiti clandestini, strettamente riservati ai connazionali: fabbriche di confezioni, rivendite di generi alimentari, cliniche paramediche, ecc.... Queste pratiche, che denotano una precisa capacita' di trovare delle soluzioni autonome in situazioni difficili, sono pertanto cosi' nefaste sia all'ordine pubblico, quando queste violano la regolamentazione vigente, che ad una evoluzione delle persone interessate verso una integrazione effettiva.

Non possiamo quindi che dogliarci del mantenimento di una politica dell'alloggio che favorisca sistematicamente il raggruppamento delle popolazioni immigrate, straniere e non, piu' sfavorite senza considerare il fatto che nello stesso momento si raggruppano ugualmente le loro difficolta' economiche ed i loro problemi di adattamento alla societa' italiana. Questo persistere nell'errore ha l'effetto nefasto di spingere al mantenimento, in ogni comunita', dei legami tra i suoi membri che rischiano di perpetuare la loro marginalizzazione, senza cosi' favorire una vita collettiva sufficientemente valorizzante, per proteggerli contro il rischio della distruzione o dell'auto-distruzione.

L'INSEGNAMENTO DELLA LINGUA ITALIANA E DELLE LINGUE E CULTURE DI ORIGINE.

I giovani non di lingua italiana possono difficilmente essere integrati nel sistema scolastico al loro arrivo in Italia. Si rende necessario un adattamento che transiti forzatamente da un apprendimento della lingua italiana.

Mentre l'insegnamento - gia' precedentemente visto - delle lingue e culture di origine e' un insegnamento di transizione e deve, quindi, indirizzarsi ai giovani gia' integrati nel sistema scolastico, desiderosi di conservare dei legami con la lingua e cultura di origine, la volonta' di dare ai bambini dei lavoratori immigrati e stranieri un insegnamento della lingua italiana ha quale obiettivo quello dell'inserimento degli stessi, preservando comunque la logica possibilita' di un ritorno al paese di origine. Questa logica e questa concezione originale e' fondata sul carattere non duraturo di una permanenza sul suolo italiano di una parte dell'immigrazione. Il "doppio insegnamento" deve poter facilitare sia l'inserimento nella societa' italiana di questi bambini sia il loro ritorno al paese di origine.

CONCLUSIONI.

I problemi che si pongono alla societß italiana e quindi anche a Lucca, poich essa non pu estranearsi da questa societß, relativi all'integrazione delle popolazioni immigrate e straniere ed anche di quelle che non sono n l'una n l'altra ma indigene marginalizzate, NON SONO NUOVI. Le difficoltß attuali non sono accentuate da un sentimento di razzismo ma sono il frutto di una crisi economica e culturale che non permette pi· ai quadri tradizionali sociali di investirsi pienamente del proprio ruolo: i sindacati, i partiti e le associazioni nel senso aristocratico del loro ruolo sono stati indeboliti e distrutti da un senso immorale di lobbistica di potere finanziario e di "sfruttamento" del potere per i pochi dirigenti. A questo dobbiamo aggiungere che le prospettive dell'occupazione sono deboli, che la famiglia (quale nucleo valorizzante) ormai inesistente e la scuola non riesce da sola a riempire tutti questi vuoti della societß attuale.

L'integrazione chiederß forse pi· tempo che per il passato? Certamente! Ma essa avrß luogo poich non vi altra scelta per le popolazioni immigrate e straniere che hanno deciso di venire a vivere in seno alla nostra societß. E' nostro compito ed anche dovere impegnarsi in tal senso, per evitare che queste popolazioni non rimangano chiuse in loro stesse con un programma politico di assimilazione, che inevitabilmente ci porta verso una societß multirazziale di tipo nord-americano in cui i "ghetti", la criminalitß e le "bande" imperversano dettando le proprie leggi all'autoritß legittimamente costituita.

Per gli immigrati e gli stranieri (cattolici, musulmani, buddisti, ecc...) la religione gioca un ruolo fondamentale per il mantenimento di una identitß collettiva, ma l'immagine della societß che li accoglie influisce ugualmente sul comportamento sociale di questi individui. Ed cosø che i musulmani, i buddisti, ecc... cercano sostegno nella societß italiana laica riguardo alle loro religioni che oggi materialmente ne sono escluse. Certo , quindi, che la societß italiana laica deve rispettare le differenti culture e le differenti religioni che si esprimono o possono esprimersi sul suo suolo ma senza accettare dei comportamenti che porterebbero attentato alla dignitß delle persone, alla loro libertß di espressione o pi· insidiosamente attentato allo sviluppo di queste comunitß, sotto il pretesto di fare dell'immigrato e dello straniero il rappresentante di una cultura di origine che lo isolerebbe dalla societß italiana.

Non esiste quindi un tipo di struttura famigliare o delle abitudini sociali che possono divenire un ostacolo radicale all'integrazione delle popolazioni immigrate, straniere od indigene. Tutto dipende solamente dalla volontß di assumerci le nostre responsabilitß di societß che li accoglie. Se cosø sarß, allora potremmo trovare dei fattori che permettano una pi· o meno rapida integrazione, se non li vogliamo strumentalizzare per altri fini che niente hanno a che vedere con il sociale ed il culturale.

Per riuscirvi necessario creare i presupposti per possibilitß realistiche d'accoglimento nella nostra societß e di inserimento sociale, affinch lo sforzo verso l'integrazione non finisca per trasformarsi in un effetto di chiusura in un comunitarismo che andrebbe a costituire in realtß il rifiuto collettivo all'integrazione.

Lucca, 5 marzo 1996

hanno collaborato: - Marco Affatigato

- Alessandro Barbieri

- Vittorio Baccelli

- Sabina Perpoli, membro esterno

la Commissione Sociale e Sanitß

Circoscrizione n.3 - Comune di Lucca

Club Pannella Riformatori "Obbiettivo Comune"

 
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