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Colombo Emilio - 7 settembre 1996
Priebke : non credo più nella giustizia
I misteri dell'esilio - Quei contatti con Sassen, Pavelic, Rauff e l'ombra di Mengele

di Maurizio Chierici (Corriere della Sera, sabato 7 settembre 1996)

Riassunto : Sbarca in Sudamerica nel '48, lo accolgono gli amici nazisti e il leader degli ustascia. A Bariloche fa l'oste ; poi, improvvisamente diventa ricco : una "corte" di fantasmi, strane visite e le tracce di tanti criminali.

Il capitano Ss Priebke avrebbe dovuto tornare in libertà grazie alle attenuanti generiche concesse dal tribunale per cinquant'anni di vita tranquilla. Uomo benvoluto. A Bariloche stavano per dare il suo nome al liceo della città, Cortina delle Ande, abitata da una colonia potente di profughi tedeschi e qualche piemontese. La sua moralità sembra al di sopra di ogni sospetto. Ma ci sono ombre e strane cose che i giudici di Roma non hanno considerato. Ultimi esempi. Valentino Marsili, vecchio ufficiale dei carabinieri trapiantato a Buenos Aires, appena Priebke torna in Italia, chiama i giornalisti. Cinquant'anni dopo vuol raccontare la verità. L'aveva sepolta per "vivere tranquillo". Alle Ardeatine c'era anche lui. Carabiniere partigiano, spiava l'orrore e subito scriveva un rapporto al comando clandestino. Rapporto che -come sempre- passa in Vaticano.

Ricorda il dramma alla Tv argentina, e succede qualcosa. Il nostro appuntamento si complica. Marsili sparisce a Montevideo. Torna spaventato. "Lasciatemi in pace, sono vecchio, sono stanco. Non voglio parlare. Ho provato cosa vuol dire essere rapito. Preferisco morire...". Intanto a Roma, Karl Haas, altra Ss, dopo aver precisato una verità che inchiodava Priebke, cerca di scappare dall'albergo alla vigilia dell'udienza decisiva. Cade, va all'ospedale : cambia versione. All'improvviso Priebke diventa innocente. Chissà perché la sua "benevolenza" ha improvvisamente impaurito due anziani militari, così diversi, ma legati allo stesso nodo delle Fosse Ardeatine.

In Argentina è uscito un libro che moltiplica i sospetti : "Odessa al Sud : Argentina rifugio di nazisti e criminali di guerra". Autore Jorge Camarasa ; lavora al "Clarín", il giornale più importante. E' il secondo volume che scava lo stesso argomento. Nelle sue pagine Erich Priebke comincia a perdere l'aria di tedesco tranquillo. Strani segni e tante amicizie confermano una complicità che non si arrende.

LA FUGA - Cos'ha fatto a Roma, cos'ha fatto a Brescia nei mesi lividi della guerra, ormai sappiamo. Ma seguire i passi del viaggio che l'ha portato di là dall'Atlantico, fa capire molte cose. Scappa dal campo di concentramento di Rimini, 31 dicembre 1946. Se ne va la notte di San Silvestro approfittando di guardiani inglesi e polacchi un po' bevuti per i brindisi di fine anno. Assieme a quattro camerati si rifugia nel vescovado di Rimini. Vescovo (sicuramente inconsapevole) monsignor Luigi Sontana, missionario della Consolata. A guidarli con sicurezza verso il primo rifugio è Wilhelm Sassen, Ss, ma cattolico : garantisce per Priebke, allora luterano. Più o meno assieme troveranno la strada per l'Argentina.

In Argentina Sassen arriva prima. Viene scelto da Otto Skorzeny per una missione davvero speciale. Skorzeny è il pilota al quale Hitler aveva affidato un'impresa difficile : liberare Mussolini prigioniero al Gran Sasso nel '43. Deve portarlo in volo al comando generale del suo Führer. Diventato responsabile dei servizi di sicurezza del presidente Perón, a Buenos Aires, Skorzeny si circonda degli ustascia di Ante Pavelic. E' il croato che ha programmato migliaia di deportazioni e massacri in Serbia e a Sarajevo. Ultima impresa, 21 aprile 1945 : prima di abbandonare il lager di Jasenovac ordina la fucilazione di 760 donne. "Non possiamo regalarle ancora vive al nemico".

In Argentina Skorzeny frequenta Eichmann. Eichmann si fida di lui e chiede un favore. Vorrebbe dettare le memorie a un uomo di fiducia. Ce l'ho, risponde Skorzeny e gli presenta Sassen per dare eleganza ai pensieri di Eichmann. Val la pena di ricordarne uno : "Balzerò ridendo dalla tomba perché l'idea di avere sulla coscienza 5 milioni di vite umane, è per me fonte di straordinaria soddisfazione...".

In quel 1946 il cattolico Sassen può contare sull'organizzazione Odessa, organizzazione che intreccia preti devoti al nazismo ai criminali di guerra nascosti come topi. Li aiutano a prendere il largo, di convento in convento. Sempre passaporti sollecitati da certi uffici vaticani alla Croce Rossa Internazionale. Priebke non è cattolico. Il suo purgatorio diventa lungo. Si nasconde a Vipiteno assieme alla moglie Alicia e ai figli Ingo e Jorge. Il libro riporta i nomi di oggi, ormai spagnoli. "A Roma -racconta Priebke- avevo rapporti con ambienti vaticani, specialmente con padre Pancatius Pfeiffer. Mi doveva riconoscenza per avere accolto le domande di liberazione di certi prigionieri. Padre Pfeiffer mi organizza una vita tranquilla, 20 mesi a Vipiteno, in famiglia". Ma le regole di un aiuto "totale" sono precise : i criminali protestanti sono esclusi. E il 3 settembre 1948 Priebke si arrende al cattolicesimo. Lo battezza il sacerdote Johann Corradini. Sul documento una nota al margine precisa : "Battesimo s

otto condizione".

A questo punto vuol tornare a Berlino, ma il padre francescano lo sconsiglia : "E' difficile. Siamo meglio organizzati in Argentina". Il passaporto gli arriva dal Vaticano. Lo spedisce il vescovo Alois Hudal. Come per tutti, porta il timbro della Croce Rossa. Si imbarca a Genova, nave San Giorgio ; dopo Natale sbarca a Rio de La Plata. I vecchi amici lo accolgono con gioia. Wilhelm Sassen ha pensato ad organizzargli il futuro. A San Carlos di Bariloche.

VITA ARGENTINA - E' il momento dei racconti tra reduci della stessa avventura. Si incontrano per parlare del futuro. Pavelic spiega com'è arrivato a Buenos Aires : vestito da prete, nome spagnolo, documenti Cri usciti dal Vaticano. Imbarcato a Genova, settembre 1947 : nave sempre italiana. Chi è sicuro dell'identità ben mascherata vive attorno alla capitale, gli altri vengono dispersi a ridosso di frontiere ritenute porte sicure da infilare in fretta. Scappare in Cile, in Bolivia, in Paraguay.

Bariloche è un buon indirizzo. Priebke apre un caffè : Viena. La sua giovinezza di portiere d'albergo (al Principe Savoia di Milano, a Rapallo, al Savoy di Londra) dà credibilità alla nuova professione. Si sente sicuro "come nel quartier generale della Gestapo a Berlino". Attorno al suo chalet abita una spia tedesca : Juan Maler. Sono in tanti : il magistrato e Superiore delle Ss, Max Naumann ; uno dei banchieri di fiducia di Hitler, Karl Fudner. Infinito l'elenco di ex ufficiali Gestapo. Da principio vita modesta, ma, all'improvviso, il conto in banca di Priebke si ingrossa. Allarga l'osteria. La trasforma in una clinica. Costruisce case. Diventa presidente dell'Associazione Culturale Germania-Argentina. Cresce il suo prestigio.

Durante la Festa della Neve viene fotografato sul palco, accanto alle autorità in divisa. I contatti tra l'Istituto Culturale di Bariloche (che Priebke presiede) e il Governo croato in esilio, sono "assidui e costruttivi". Col nome di Pedro Geller arriva il comandante generale delle Ss Whilhelm Monke, capo della difesa della cancelleria del Reich. Nel 1950 è a Tucumán. Ogni tanto passa da Bariloche ospite del club di Priebke. E a Bariloche c'è chi ricorda le improvvisate sportive (matto per gli sci) del figlio di Walter Rauff, inventore delle autolettighe a gas. Ha ucciso "rapidamente per risparmiare tempo" 200 mila persone in Polonia ; ha diretto la tortura all'Hotel Regina di Milano. C'è chi ha visto la sua mano negli stadi dove si trascinavano prigionieri politici durante il golpe di Pinochet. Fatto sta che con Pinochet al potere, Rauff trionfa. Facile trovare il suo nome sull'elenco del telefono : Rauff Richter Walter, Los Pozos. Lo vado a trovare. La nuora è una ragazza che aspetta un bambino. Chiede

il motivo della visita. "Sono italiano, arrivo dall'Argentina...". Sembra la parola magica. Siamo alla fine degli anni '70, il via vai di visitatori italo-argentini doveva essere consueto. Rauff, gentile, mi offre un sigaro, ma diventa furibondo appena scopre che sono giornalista : "Se non esce, tra un minuto chiamo la polizia...".

A Bariloche, cresciuti attorno al club Priebke, Juan Molere e Reinhard Kops, militano nel Pani (partito ariano nazionalista integrale). Scrivono una Marcia degli Ariani e libri antiebraici tra il '69 e la caduta della dittatura militare quando le pubblicazioni vengono proibite. Amicizie e frequentazioni così.

Restano due enigmi. Jorge Camarasa racconta con scrupolo il risultato della ricerca. Lascia intendere che Joseph Mengele -il dottore degli esperimenti sui prigionieri vivi nei campi di concentramento- deve aver visitato l'istituto culturale di Bariloche prima di sparire in Paraguay. Era orgoglioso degli studi che continuava. Ne parlava ovunque. Forse una visita ufficiale col nome dietro il quale si nascondeva : Helmut Gregor, "cattolico sensibile e devoto, nato a Trento" come rivela il foglio di accompagnamento del solito passaporto della Croce Rossa.

"Me lo ricordo bene. Era un medico bavarese. Veniva a trovarmi a Olivos, casa presidenziale. Mi mostrava le foto di esperimenti su animali. Intendeva inventare vacche speciali. Un giorno è venuto a salutarmi. "Vado in Paraguay, una fazenda mi aspetta". Ha detto così. Forse scappava...". Racconto del presidente Perón a Tomas Eloy Martinez. Parole del 1970, esilio di Madrid. Perón stava per tornare in Argentina. A Madrid era immerso in una corte con Licio Gelli, i suoi amici e curiosi uomini d'affari tedeschi.

L'altro ministro è Martin Bormann. Priebke potrebbe spiegarlo. Morto tante volte secondo tante leggende. A Berlino nel '45. In Brasile. In Paraguay. Forse per distrarre le ricerche, c'è una tomba a Bariloche. Bormann, cinico e violento, silenzioso ed intrigante, fino all'ultima ora è stato l'ombra di Hitler nel bunker di Berlino. Segretario di fiducia e capo del partito nazista, amava i fiori. Ogni anno, fino a due anni fa, Erich Priebke, a nome del Circolo Culturale, portava i fiori che Bormann amava al cimitero di Bariloche. Li deponeva su una tomba ben curata a spese del Circolo. Nella lapide c'è scritto : M. Bormann.

"E se riescono ad estradarla in Italia, come si comporta ?" ha chiesto l'autore del libro a Priebke il 7 maggio 1994. Priebke ha allontanato l'importanza della domanda con un gesto della mano. "Cercherò un buon avvocato. So che in Germania ed in altri Paesi esistono studi che si occuperanno di difenderci".

La parola è precisa : "difenderci". Ecco la conclusione di Camarasa : "L'Odessa ha ormai perso il carattere misterioso della società segreta per criminali in fuga. Si è adeguata ai tempi : computer, avvocati. Ma solidarietà e connivenze restano le stesse".

 
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