Roma, 5 ottobre 1996
Il Presidente Cossiga torna con ossessiva puntualità a riproporre sia la logica sovrana delle emergenze, sia quella delle unità nazionali, partitocratiche, corporativiste.
E' lecito anche temere che il gran rullo di tamburi che il Polo sta emettendo sulla finanziaria non sia che il rumore di copertura della strategia di compromesso storico con il PDS. La lorrusca oratoria di tanti altri, le lezioni compiaciute e opportuniste di real-politik dei 'professori', i peana alla 'costituente' di la da venire (come terza camera partitocratica, addetta a gattopardesche controriforme da P4), l'ignoranza testarda dei referendum sui quali incombono le mannaie di regime, sono indizi - o già prove? - pericolosi in tale direzione.
Noi attendiamo - pazienti - da sette mesi, ormai, di confrontarci con il Polo sulle scelte e strategie di fondo; da due settimane - in particolare - di riunirci attorno ad un tavolo a tal fine.
Da due mesi - in particolare Emma Bonino - ci siamo rivolti alle forze e personalità della sinistra liberali, liberisti, libertari per aprire un dialogo costruttivo, e - eventualmente - iniziative comuni. Ma tuttora non ci ha risposto che il silenzio.
Il sistema e il regime vedono oggi il loro apogeo formale, ma già danno segni della loro strutturale incapacità a fornire un esito democratico, di stato di diritto, europeo alla crisi italiana.
Non sono certo - in questo quadro - Umberto Bossi o Antonio Di Pietro a poter attendere di coglierne l'eredità, se non interna. E non alternativa ad esse.
L'ostracismo alla nostra politica non può cancellarla, senza nostre dimissioni di responsabilità. Ma noi non molliamo.