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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 28 ottobre 1996
Articolo pubblicato da 'Il Giornale' di Iuri Maria Prado Domenica 27 ottobre - pag. 1-9

IMPOSIZIONI PUNITIVE GIUSTIFICANO L'EVASIONE

Non é un'opinione ma un fatto: per molti lavoratori autonomi, piccoli imprenditori, artigiani, l'adempimento integrale alle richieste del fisco implicherebbe la chiusura dell'attività. Per cui non solo l'evasione di cui essi si rendono responsabili é inevitabile, ma é giusta e strutturalmente produttiva. Però é illegale. Si tratta di legalizzarla riducendo le tasse e il costo del lavoro. Punto. Perché non lo si fa? Perché il nostro é un sistema burocratico-collettivista. Sotto sotto, c'é sempre l'idea che guadagnare é illegittimo, peccaminoso, oltraggioso. E quest'idea determina, regge e giustifica il nostro 'patto sociale': si sottopongono il lavoro e il reddito a imposizioni punitive, irrispettabili. L'obiettivo (e l'effetto): la 'illegalizzazione' del guadagno. E nonché del guadagno in sé, dell'attività che lo procura.

Messi fuorilegge, in questo modo, la produzione e il reddito da produzione, ne segue quest'altro: il soggetto, cioé lo schiavo di questo meccanismo, viene privato di ogni titolo a pretendere, a reclamare, a protestare. Un cittadino in meno: benestante, forse, ma non libero.

Poi c'é il lavoratore dipendente. Come lo si tiene imbavagliato? Come gli si impedisce di partecipare positivamente alla vita della cosa pubblica, e di controllarla? Come si esclude che diventi, lui direttamente, 'voce', 'potere', 'Stato'? Semplice: gli si trattiene metà e più dello stipendio. Lavora per tre, quattro, cinque milioni al mese: ma gliene si dà uno e mezzo, due. Il resto, via. Senza che lui sappia dove e perché, per che cosa. Senza che lui neppure se ne accorga: per lui lo fa lo Stato, che trattenendogli alla fonte tutto quel denaro, gli sequestra insieme ogni possibilità di controllo, ogni responsabilità, ogni capacità di intervento civile. Gli toglie, letteralmente, un pezzo di vita.

La rivolta fiscale di cui si parla, quindi, non potrà venire né dal lavoratore autonomo, dall'imprenditore, eccetera (costretto in quel patto di illegalità), né dal lavoratore dipendente, il quale 'non sente' quanti soldi - cioé quanta voce in capitolo - lo Stato gli trattiene. Ma é da lui che può venire la salvezza. Solo chi le tasse le paga tutte, e cioé - in primo luogo - il dipendente, potrebbe rivoltarsi. In che modo? Prova a dargli tutto in tasca, di modo che le tasse se le paghi per conto proprio. Vorrebbe vedere, controllare dove vanno a finire quei soldi. E se trattato male da un ufficio pubblico, se sfiancato dalle file, dai timbri, dai bolli, se ogni giorno costretto a subire disservizi che ha pagato, e salatamente, come servizi, si può star tranquilli che scenderebbe in piazza. Non per chiedere le trentaduemilacinquecento lire al mese per cui 'combatte' Bertinotti, ma per reclamare la cifra dieci, venti, trenta, quaranta volte superiore che gli viene trattenuta per essere dissipata, rubata in qu

el modo ignobile.

C'é un referendum, per questo. Uno dei venti cui, ieri, ha fatto cenno Vitto rio Feltri. Un referendum per togliere potere ai burocrati, ai sindacalisti - rogna del Paese, piaghe della pubblica economia - e darlo ai lavoratori. Per dare ai lavoratori i loro soldi - tutti i loro soldi - e farli partecipare maggiormente alla vita della società: pagando direttamente loro e potendo dunque loro, direttamente protestare. Protestare, domani, insieme con i lavoratori autonomi: il nemico - questo Stato assistenzial-sindacal-buro-partitocratico-é comune.

 
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