PAG. 4 - L'INTERVENTOCARAVITA: QUALUNQUE SIA LA STRADA SCELTA I REFERENDUM ELETTORALI SONO UTILI.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo l'intervendo del costituzionalista Beniamino Caravita di Toritto, già componente della commissione che ha elaborato i referendum promossi da Marco Pannella.
'Il Corriere della Sera, nell'editoriale del 10 novembre, facendo esplicito riferimento ai referendum, prende autorevolmente posizione a favore dell'abrogazione della quota proporzionale nei sistemi elettorali della Camera e del Senato. Non è questa la sede per discutere degli effetti politico-istituzionali dell'abolizione della quota proporzionale, nè delle conseguenze di siffatta abolizione per via referendaria, se cioè ne debba derivare un sistema uninominale maggioritario (e questo è indubbio), a turno unico ovvero a doppio turno (e questo profilo potrebbe rimanere aperto): qui va solo valutata l'utilizzabilità a tal fine dei referendum così detti elettorali.
Dice Paolo Mieli che 'è triste che per rimettere in movimento il carro della riforma si sia costretti a ricorrere al referendum'. Ma questa valutazione negativa riguarda - credo che ne convenga Mieli - non già i referendum, che costituiscono uno strumento posto a disposizione del Paese da minoranze capaci di cogliere le linee di evoluzione del sistema, bensì la politica italiana, che non è in grado di individuare le soluzioni operative per far uscire dal fango 'il carro della riforma'.
Naturalmente i referendum elettorali devono ancora passare il vaglio della Corte costituzionale, che deve pronunciarsi sulla loro ammissibilità, già negata nel 1995. Vi sono tuttavia alcune considerazioni che permettono di non escludere, oggi, un esito diverso da allora: infatti, la Corte, composta per quasi metà da giudici diversi rispetto al 1995, dinnanzi alla oggettiva necessità di ripensare a fondo i criteri di ammissibilità del referendum abrogativo, potrebbe - trovandosi in una situazione in cui non sembrano esservi altre strade per riformare le istituzioni - scegliere una strada al cui esito vi è la luce verde per i referendum elettorali.
Occorre, poi, sgomberare il campo da un'altra obiezione solitamente avanzata dai critici della strada referendaria: quella secondo cui il numero elevatissimo di referendum non permetterebbe di fare chiarezza sull'uso e le finalità dell'istituto, nè di comunicare messaggi chiari e comprensibili. Oggi, però, il problema non è quello del numero eccessivo di referendum, bensì quello della utilità di molti o alcuni di essi: si tratta cioè di decidere - nel rispetto delle prerogative della Corte - se e quali quesiti siano utili a permettere di completare la transizione politico-istituzionale del Paese. In questo quadro, non sarà poi impossibile fare in modo che per alcuni dei referendum si possa - dopo il giudizio di ammissibilità - favorire una produzione legislativa riformatrice, che per metta di portare al voto un numero congruo di referendum, superandone altri.
In questa logica i referendum possono svolgere una funzione utile, quali che saranno le strade su cui la politica italiana si avvierà nei prossimi mesi: se la Bicamerale dovesse vedere la luce, essi possono offrire la spinta e l'impulso definitivo all'attività riformatrice della Commissione , superando con la forza del voto popolare le resistenze fortissime che pur vi saranno; se la Bicamerale dovesse invece abortire, i referendum costituirebbero l'unico strumento per evitare gli inevitabili fenomeni di sfilacciamento che conseguirebbero da siffatta grave rottura. Forse, ancora una volta, come nel 1974, nel 1978, nel 1985, nel 1991-1993, il voto referendario potrà cosituire lo strumento per superare le strettorie della politica italiana: con la speranza - nella consapevolezza che non sono i referendum a poter dare risposte definitive - che la politica sappia poi finalmente riprendere le fi8la del discorso riformatore'.