Roma, 5 dicembre 1996
'E' la prima volta nella sua onestà e nella sua estemporaneità che Francesco Cossiga sembra addirittura abiurare le ragioni stesse di una svolta storica in Italia, quella per la quale 'l'unità nazionale' ci ha regalato con l'assassinio di Moro un contributo alla barbarie giuridica senza precedenti, nemmeno quella fascista.
Noi ci opponemmo in Parlamento in modo estremo con costosissimi e straordinari ostruzionismi, al prezzo di lunghissime azioni popolari nonviolente nel corso delle quali demmo forza e corpo alla sete ed alla fame di diritto e di democrazia.
Riuscimmo, contro una informazione peggiore di quella degli anni trenta, a convocare e a tenere dei referendum contro quelle leggi, quei decreti, quelle maggioranze, quelle ideologie.
Francesco Cossiga dopo aver saputo proporre quelle svolte giuridiche venne onorato con la presidenza del Senato, con la presidenza del Consiglio, con la presidenza della Repubblica.
Noi restiamo fuorilegge, stranieri in patria, invisibili o caricaturizzati.
Nessuno ritiene, evidentemente, che da questa emblematica storia e situazione, filosofia e politica debbano trarne coerenza ed impegno.
Forse per Francesco Cossiga v'è una possibilità di riparare ai disastri immensi che denuncia: non quello di 'pentimenti' sul ieri ma non facendo finta di non vedere - o peggio- effettivamente non vedere che, ieri come oggi, le forze del diritto e della libertà organizzate, chiaroveggenti, rigorose che siamo, sono vietate alla conoscenza dei cittadini e tutt'al più meritevoli di censura perfino quando siamo oggetto di processi che dovrebbero essere pubblici e, anche se diventano clandestini come quello che affronto domani, o che affronta il 9 dicembre Radio Radicale, o che affrontano dodici milioni di firmatari dei referendum il 10 gennaio, dove é probabile si compia un nuovo 'colpo di Stato', un golpe come ebbe a dichiarare, alcune settimane fa, lo stesso senatore Cossiga.'