Trenta quesiti sono tanti, ma possono essere un
modo per tornare alla politica.
Alla prova referendum
Partiti e istituzioni mostrano la loro inefficienza
diVincenzo Zeno-Zencovich
La Corte di Cassazione ha appena ultimato lÆesame preliminare di una trentina di referendum popolari; tra meno di un mese toccherà alla Corte costituzionale pronunciarsi sulla loro ammissibilità. Su quelli che supereranno il suo vaglio, 48 milioni di italiani saranno chiamati a pronunciarsi tra aprile e giugno del prossimo anno. La scadenza è importante in sé e per il contesto nel quale si inserisce e offre numerosi spunti di riflessione.
Troppi referendum? Trenta referendum sono sicuramente molti, ma sono troppi? Una risposta affermativa porterebbe probabilmente a sostenere che anche i partiti e i movimenti rappresentati in Parlamento sono "troppi", come sono "troppi" i canali televisivi o i giornali. LÆelevato numero di referendum, in realtà, riflette la circostanza che questa volta i soggetti promotori sono diversi (varie Regioni e i "Club Pannella"). In futuro potrà forse essere opportuno "razionare" il ricorso allÆistituto (due tornate? Precedenza alle proposte che hanno ricevuto il maggior numero di adesioni?). Ma ciò va definito con una legge e non con amputazioni giudiziarie giustificate da una pretesa
"protezione" del corpo elettorale.
La concorrenza fra referendum e leggi. LÆelevato numero di referendum dipende anche dalla crescente crisi della funzione legislativa del Parlamento e anzi dalla contestazione della necessità di interventi legislativi in determinati settori. Ribaltando il dubbio prima espresso, si può dire che vi sono "troppe" leggi. Ed è peraltro constatazione diffusa e comune quella che gli attuali
assetti e regolamenti parlamentari se per un verso impediscono alla stessa maggioranza ù quale che essa sia ù di realizzare il proprio programma, a maggior ragione rendono impossibile anche solo lÆesame di proposte politiche avanzate da altre formazioni politiche o istanze sociali. Se il canale legislativo tradizionale è ostruito, è inevitabile che se ne formino di alternativi.
Basterebbe solo pensare al ruolo della normativa comunitaria in carenza di un adeguamento del nostro ordinamento alle esigenze dellÆeconomia europea.
I referendum sono di tutti. Proprio perché i referendum sono tanti sarebbe quanto mai opportuno che su di essi ci si divida, prescindendo dalla simpatia o antipatia che possono suscitare i promotori. Il referendum, persino su aspetti che possono sembrare minuti (si pensi a quello sul Pra), è comunque una straordinaria occasione di partecipazione politica anche se si è di avviso diametralmente opposto a quello dei sostenitori dellÆabrogazione: i referendum
sul divorzio e sulla scala mobile sono degli esempi egregi di come il rigetto della proposta abrogatrice abbia offerto indicazioni assai chiare sulla volontà popolare.
Il ruolo della Corte costituzionale. Non si può dire che gli orientamenti espressi dalla Corte costituzionale in questi ultimi ventÆanni sulla ammissibilità dei referendum siano particolarmente chiari e coerenti. In molte occasioni,
anche i più benevoli degli interpreti hanno dovuto riconoscere che la Corte si è assunta il compito di togliere le castagne dal fuoco alla classe politica. Ma vi
è più dÆun elemento che fa sperare in un mutamento dÆorientamento: se con riferimento allÆarticolo 77 della Costituzione la Corte ha dovuto prendere atto
dellÆabnorme uso della decretazione dÆurgenza (in larga misura provocato dallÆinefficienza del Parlamento), con riguardo allÆarticolo 75 (che riguarda i referendum) non si vede perché non si debba prendere atto sia di tale
inefficienza, sia della incapacità delle forze politiche di trovare soluzioni a problemi urgenti e vitali: basterebbe richiamare lÆormai vuota invocazione di "riforme istituzionali" o delle privatizzazioni e far presente che, fra i tanti, vi
sono referendum che mirano a dare al Governo una maggioranza (più) stabile e a eliminare la golden share per cogliere il peso che può assumere la scelta della Corte costituzionale.
Sicuramente questi referendum fanno discutere; ma si tratta di una discussione che non può che arricchire la partecipazione dei cittadini alla politica, soprattutto se li sottrae allÆattuale e triste condizione di spettatori di
"Tutte le manette minuto per minuto".