Signor direttore - Credo che tutte le forze responsabili siano interessate a che il paese finalmente inizi a funzionare secondo il modello delle tradizionali democrazie liberali
dell'Occidente: una maggioranza che governa e una opposizione che prepara l'alternativa al governo in carica; insieme maggioranza e opposizione che fissano le
regole, se del caso ponendo insieme le mani, liberamente incontrandosi e scontrandosi, sulla riforma dell'assetto costituzionale. Un funzionamento siffatto del sistema costituzionale non è privo di sconfitti; è invece il risultato di un gioco a somma zero: c'è chi ha molto da ricavarne; c'è chi ha - o teme di avere - molto da perdere, ritenendo di avere molto più spazio in un sistema che permetta giochi di
interdizione. Ecco per ché per andare verso quel modello istituzionale che tutti auspichiamo non è sufficiente - io temo - un ôpatto di stabilitàö tra Prodi, D'Alema e Berlusconi: molti sono i gruppi di interesse, le lobbies, i potentati vari che potrebbero opporsi e, agitando strumenti dilatori e defatigatori, forse riuscire nel loro intento.
Occorre, perché quel patto giunga fino al termine dell'obiettivo della grande riforma repubblicana, che esso sia sostenuto sin dall'inizio dal consenso popolare. Sul tappeto,
oggi, c'è la grande occasione della coincidenza tra referendum (ôPannellaö e regionali) e Commissione bicamerale: insieme - a metà gennaio - verrà decisa
l'ammissibilità dei primi e l'istituzione della seconda; insieme - prima della fine di giugno - si avrà il voto referendario e la conclusione dei lavori della Bicamerale. Se la Corte costituzionale, mutando la propria giurisprudenza, ammetterà i referendum elettorali e verrà portato al voto un pacchetto di referendum istituzionali, il patto tra leaders della maggioranza e dell'opposizione sarà più forte: il voto popolare darà la spinta e l'indirizzo; la Commissione bicamerale - forte dell'indicazione popolare - potrà scrivere le nuove regole dell'assetto istituzionale.
Prof. Beniamino Caravita, Roma
(segue risposta "editoriale" del Il Foglio)
Chiunque pensasse a un patto per le riforme tra centrodestra e centrosinistra stipulato all'insegna del ônoö ai referendum, eseguirebbe semplicemente una fotocopia delle
vecchie alleanze partitocratiche. Il professor Caravita ricorderà le mille intese fatte e costruite apposta per ôevitare i referendumö, intesi sempre come sciagura nazionale
ed elemento di divisione del paese. Mi par e che un'ipotesi del genere non potrebbe essere accolta, sia da Berlusconi sia da D'Alema, che come una follia e una regressione penosa al passato.