Signor Presidente, questa legge è da rivedere
di Valerio Zanone
E stabilito nella Costituzione che il presidente della Repubblica prima di promulgare una legge possa entro un mese chiedere al Parlamento una nuova deliberazione.
Poiché la nuova legge sul finanziamento dei partiti ha suscitato dal giorno seguente alla sua plebiscitaria approvazione varie critiche da parte degli stessi parlamentati che l'hanno approvata, il presidente
Scalfaro ha se vuole il tempo e la ragione per chiedere alle Camere di correggerne i difetti.
Non è in discussione il principio del finanziamento pubblico ai partiti, in una forma o nell'altra, esiste nella maggior parte dei sistemi democratici e che nonostante il referendum del 1993 sussiste tuttora anche in Italia, in forma di rimborsi elettorali e di sovvenzioni ai giornali di partito.
Discutibile invece, è il testo adottato, a cominciare dal titolo che occulta il finanziamento pubblico sotto l'eufemismo della contribuzione volontaria legata alla dichiarazione personale dei redditi. L'eufemismo è subito contraddetto da una disposizione transitoria che assegna ai partiti 160 miliardi
da erogarsi entro il febbraio 1997, prima che la dichiarazione dei redditi sia presentata dai contribuenti.
Vero è che dall'anno successivo l'ammontare del fondo sarà riferito alle dichiarazioni dei contribuenti, ma considerata l'entità del gettito complessivo dell'Irpef basterà che una minoranza di contribuenti inferiore al 20% si pronunci per la destinazione ai partiti perché il tetto previsto venga
raggiunto.
Al di là della norma transitoria, il difetto strutturale della legge consiste nel fatto che al contribuente si chiede di devolvere il 4 per mille dell'Irpef non al proprio partito di appartenenza, ma al sistema dei partiti nel suo insieme.
L'effetto paradossale della norma è stato messo in rilievo in questo giornale già nel mese di luglio. A esempio, un contribuente che desideri finanziare la Lega contro i partiti "romani", deve sapere che oltre il 90% del suo contributo
sarà ripartito proprio fra quei partiti che egli intende osteggiare.
D'altra parte, la scelta del riparto proporzionale, che riguarda 110 dei 160 miliardi previsti, è in contraddizione logica con i seguenti articoli 5 e 6 della legge, che per i restanti 50 miliardi di finanziamento prevedono invece
la parziale detassazione di erogazioni liberali direttamente versata ai partiti da persone fisiche o giuridiche.
Al contrario il 4 per mille sull'Irpef sarà ripartito senza alcuna
possibilità di scelta volontaria del contribuente, fra tutti i partiti che abbiano almeno un rappresentante in Parlamento. Mentre su tutti i fronti continuano gli omaggi
verbali al sistema maggioritario, in materia di finanziamento tutti i partiti hanno scelto il proporzionalismo assoluto.
La scelta compiuta con la legge interferisce in modo decisivo con il referendum sull'abrogazione della quota proporzionale, sul quale si attende la pronunzia della Corte Costituzionale. Qualora la Corte lo dichiarasse ammissibile e poi la maggioranza del voto popolare lo approvasse,
l'esito del referendum trascinerebbe con sé anche l'abrogazione della legge appena approvata, che vincola appunto la ripartizione del fondo ai voti ottenuti dalle
liste proporzionali di cui il referendum propone l'abrogazione.
In sostanza, con il nuovo finanziamento dei partiti anche il referendum elettorale viene ad assumere un significato politico più ampio rispetto a quello voluto dai suoi stessi promotori. E lecito presumere che il presidente della
Repubblica ne terrà conto prima di decidere sulla promulgazione della legge.