(Il Foglio, venerdì 27 dicembre 1996)
Lettera di Paolo Cirino Pomicino:
Signor direttore - Alcuni articoli, tra cui quello della mia vecchia amica Miriam Mafai su Repubblica, hanno a lungo mostrato il pericolo corso una settimana fa quando è parso che la Camera dei deputati volesse procedere alla depenalizzazione del reato di finanziamento illecito ai partiti. Il tema è delicato e richiede una riflessione coraggiosa. Innanzitutto un plauso alle Camere per aver approvato una legge che consente al sistema democratico di questo paese di ricevere nel prossimo mese di febbraio 160 miliardi. Finalmente, anche se con ritardo e timidezza, si riconoscono le insopprimibili esigenze finanziarie dei partiti.
Nelle grandi democrazie anglosassoni la raccolta pubblica di danaro per partiti e candidati è una pratica rispettata e culturalmente condivisa. Nel nostro paese, invece, o la raccolta è privata e riservata o difficilmente si ricava un ragno dal buco, come dimostra la fallimentare esperienza di Marco Pannella. Per dirla in breve, la criminalizzazione dei partiti e delle loro esigenze finanziarie è tale che nessuno desidera esporsi alla luce del sole per contribuire alla vita del partito che pure si sceglie e si vota.
Ciò che più sconcerta di molti commenti è lo sgomento che prende la mano, anche a vecchi militanti di partito, dinanzi alla possibile depenalizzazione, del reato di finanziamento illecito. Forse non tutti sanno che questo reato, inesistente nella stragrande maggioranza delle altre democrazie industriali, è stato amnistiato sino al 1989 e non è più reato dal 1993 limitatamente alle campagne elettorali. Quel reato, cioè, è tale solo per il periodo 1989-1993. E, cosa ancora più divertente, la legge approvata nel 1993 stabilisce che se uno riceve un miliardo nel periodo elettorale e non lo denuncia viene punito con una multa, mentre se riceve 50 milioni per un congresso di partito, fuori cioè dai 45 giorni della campagna elettorale, viene punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Sembra che l'ostacolo per il superamento di questa schizofrenica legislazione stia nel fatto che molti di quelli spazzati via dalla scena politica grazie al reato di finanziamento illecito sono ancora in vita.
Credo che, ormai, in Italia più nessuno pensi che la politica fosse costosa solo per i moderati della Dc e per i suoi alleati di governo, primo fra tutti il Psi, mentre per tutti gli altri, le attività politiche, elezioni comprese, erano pressoché gratuite. Eppure il solo pensiero che qualcuno di noi potesse trarre il più piccolo vantaggio dalla depenalizzazione di questo reato ha bloccato ogni revisione legislativa. Sino al punto che il segretario del maggior partito italiano, Massimo D'Alema, si è sentito im dovere di chiedere al governo di valutare quali effetti una norma depenalizzante avrebbe sui processi in corso.
Insomma si vuole legiferare in base ai risultati temuti o sperati. E' triste vedere la già debole e confusa politica della seconda repubblica sotto il permanente ricatto di una possibile indagine penale, una politica intimidita non va da nessuna parte e lascia il proprio spazio vitale a poteri illegittimi in guerra tra loro. La politica ha bisogno, invece, di grande coraggio senza il quale appassisce e muore.
Consentirà, allora, caro direttore, a un vecchio politico in disuso di avere quel coraggio che sembra mancare in molti e chiedere, suo tramite, una legislazione speciale per chi, come me e tanti altri, ebbe finanziamenti politici non dichiarati nel funesto periodo '89-'93. Se noi, insomma, siamo l'ostacolo che impedisce di sottrarre il Parlamento di oggi al ricatto di una sempre immanente e pretestuosa indagine penale, si provveda a relegarci nello spazio di una legislazione speciale allegando, se necessario, anche l'elenco nominativo di quanti devono rimanere alla gogna per il trionfo del Bene e della Giustizia.
Paolo Cirino Pomicino, Roma
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Risposta di Giuliano Ferrara:
Quella di Pomicino, tra gli ultimi e a loro modo efficaci agit-prop della prima repubblica, è una "modesta proposta" che echeggia sarcasmo swiftiano. In più, ha ragioni da vendere.