di Angelo Panebianco
(Il Corriere della Sera, venerdì 27 dicembre 1996)
Perché le forze politiche maggiori, Pds e Forza Italia, i due partiti che detengono la 'leadership' delle contrapposte coalizioni e che, proprio per questo, dovrebbero avere il maggiore interesse al consolidamento definitivo del bipolarismo italiano e della logica maggioritaria, quando si viene al dunque non riescono ad agire coerentemente, non riescono mai a fare in modo che "i fatti" siano coerenti con "le parole"? Di che si tratta? Masochismo? Limiti culturali? Incapacità di anteporre il 'proprio stesso' interesse di medio periodo ai calcoli di brevissimo respiro?
Prendiamo il caso di questa incredibile legge - incredibile proprio perché votata 'in questa forma' da Pds e Forza Italia - sul finanziamento dei partiti. Era evidente - e anche chi scrive in questi anni lo ha fatto rilevare più volte - che il problema del finanziamento della politica doveva essere al più presto preso di petto dal Parlamento. Ma era lecito aspettarsi che le forze maggiori partorissero una legge (e la imponessero alle forze minori) dotata di due caratteristiche: in primo luogo, una legge che non tradisse la 'lettera' del referendum che abolì il finanziamento pubblico dei partiti; in secondo luogo, una legge che non tradisse lo 'spirito' del referendum che introdusse il sistema maggioritario e che, pertanto, fosse ispirata a principii opposti a quelli che dominavano la politica - e anche il suo finanziamento - nell'epoca della proporzionale. Niente di tutto questo.
La legge, varata in via definitiva con il determinante accordo fra Pds e Forza Italia, calpesta platealmente i risultati dei suddetti referendum e ci riporta spensieratamente al passato: altro che maggioritario, altro che bipolarismo. E' come se negli ultimi anni non fosse successo niente. Voglio dire che questa legge avrebbe potuto benissimo essere approvata, esattamente in questa forma, negli anni Settanta. Perché rispecchia la stessa mentalità, partitocratica e proporzionalistica, che era allora imperante.
Lasciamo da parte la "perla" più gustosa, più divertente. Si parla di finanziamenti "volontari" e poi si stabilisce la retroattività (i 160 miliardi in arrivo ai partiti per il '96). Avete capito? Noi italiani abbiamo già finanziato 'volontariamente' i partiti, solo che non lo sapevamo. E non lo sapevamo perché la legge ancora non c'era. Fantastico. Se è questo il modo escogitato per ridare credibilità e prestigio alla politica, bisogna proprio dire che possiamo guardare al futuro di questo Paese con fiducia. Ma, perle a parte, veniamo alla sostanza. Che cosa dice questa legge? Nella sua parte più qualificante dice che i cittadini possono finanziare il 'sistema dei partiti' ('non' il partito che preferiscono), indicando a tal fine la destinazione del quattro per mille e che poi la somma complessiva verrà ripartita proporzionalmente fra i partiti rappresentati in Parlamento. Complimenti vivissimi. Ci vuole davvero un talentaccio per escogitare un sistema simile.
Le due sciocchezze si tengono, nel senso che la seconda (la ridistribuzione proporzionale del denaro) è figlia della prima (il finanziamento al sistema dei partiti nel suo complesso, anziché al partito scelto dall'elettore). L'elettore, poniamo, del Pds finanzierà (volontariamente, ben s'intende) non solo il Pds ma anche An, Rifondazione, Forza Italia, i verdi, il Ccd, eccetera. In sostanza, è stato reintrodotto, solo in una forma diversa, il sistema di finanziamento dei partiti che il referendum del '93 aveva abolito.
Due cose davvero preoccupano. In primo luogo, il fatto che i partiti italiani (e i due partiti maggiori, proprio perché maggiori, portano la maggiore responsabilità) continuano a infischiarsene dei principii di libertà. Certo che in democrazia la politica deve essere finanziata ma è altrettanto certo che c'è un solo modo per finanziarla rispettando la libertà dei cittadini: ciascun cittadino, se gli pare, finanzia chi gli pare, meglio se usufruendo di agevolazioni fiscali, con contributi, anche cospicui purché regolarmente denunciati, genuinamente volontari (è vero che la legge, bontà sua, consente anche questa seconda forma di finanziamento, ma la sottopone a troppi vincoli. Soprattutto la rende 'secondaria' rispetto alla prima forma di finanziamento sopra indicata). E c'è di più. In una logica non partitocratica non si finanziano genericamente "i partiti" (questo è. semmai un compito degli iscritti a ciascun partito, non degli elettori), si finanziano le campagne elettorali (del partito prescelto o an
che, a discrezione di chi paga, del singolo candidato). Questo perché chi finanzia la politica ha il sacrosanto diritto di sapere 'in anticipo' come verranno impiegati i suoi soldi.
Volete ridare dignità alla politica? E allora cominciate col non calpestare la dignità (e la libertà, che della dignità è il presupposto) dei cittadini.
La seconda cosa che preoccupa è l'indifferenza dei partiti maggiori per i problemi della governabilità nell'età del maggioritario. E' evidente che questa legge va benissimo ai partitini che affollano le due coalizioni e le rendono così politicamente eterogenee e instabili. Serve a garantire flussi di denaro a tutte le piccole burocrazie di partito. Serve a garantire, anche per il futuro, che il potere di ricatto dei partitini all'interno delle coalizioni resti elevatissimo. Da questo punto di vista questa legge sul finanziamento dei partiti, come hanno denunciato Valerio Zanone, Marco Pannella e Marco Taradash. è l'altra faccia del mantenimento della quota proporzionale nella legge elettorale. Contribuirà, assieme alla quota proporzionale, a impedire, per decenni, che le coalizioni diventino qualcosa di diverso dalle rissose e divise armate Brancaleone di oggi.
Non ci siamo proprio. E da nessun punto di vista. Anziché impostare in modo radicalmente diverso dal passato il rapporto fra cittadini e politica, si persevera con le vecchie concezioni e pratiche illiberali. Anziché operare per rendere coese le coalizioni (e la coesione delle coalizioni è, in regime di maggioritario, il bene politico più prezioso), si scelgono soluzioni che promettono di mantenere, e se possibile di esasperare, le divisioni interne alle coalizioni. Con la benedizione e l'attivo sostegno di quei 'leader', da D'Alema a Berlusconi, che, almeno in teoria, dovrebbero avere un interesse contrario.
Se questa legge sul finanziamento dei partiti è un'anticipazione delle riforme che dovrebbe fare la Bicamerale, poveri noi.