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Partito Radicale Rinascimento - 31 dicembre 1996
FINANZIAMENTO AI PARTITI: ECCO A VOI IL GRANDE "INCIUCIO"

di Sergio Romano

(Panorama, 9 gennaio 1997, pag. 12)

Il 4 per mille da spartirsi, senza che i cittadini possano scegliere, è il vero accordo tra politici di tutti i colori. E' questa la Seconda repubblica?

Il Parlamento ha approvato una legge che permette ai cittadini italiani di attribuire ai partiti politici il 4 per mille dell'Irpef. Il meccanismo è semplice. Con le somme "volontariamente" offerte dai contribuenti si costituirà un fondo che verrà ripartito proporzionalmente tra le forze politiche. Ho scritto "volontariamente" perché il cittadino ha le spalle al muro. Sarebbe veramente libero se avesse il diritto di dare il 4 per mille a una forza politica o di trattenerlo per sé. In realtà, può semplicemente decidere se darlo ai partiti o lasciare che finisca, insieme al resto dell'Irpef, nelle casse dello Stato. Quindi ha perfettamente ragione Gianfranco Pasquino, già senatore del Pds nell'ultima legislatura, quando sostiene in un'intervista al 'Corriere della Sera' (22 dicembre) che la legge "contravviene al referendum sull'abolizione del finanziamento pubblico dei partiti": le somme destinate ai partiti vengono sottratte di fatto al bilancio dello Stato.

Ma vi è dell'altro. La legge non permette al cittadino dio finanziare il proprio partito, quello a cui egli affida la difesa dei propri interessi. Gli permette di concorrere alla formazione di un fondo comune che verrà ripartito proporzionalmente. Il contribuente che decide di dare il 4 per mille alla politica non ha il diritto di scegliere a chi darlo. Deve finanziare il "sistema dei partiti", deve tenere in vita quel patto fra complici e sodali che si è andato progressivamente stringendo in Italia dall'inizio degli anni Sessanta. Come ha osservato Marco Pannella, l'elettore di un partito che pesa solo il 2 per cento darà agli altri , gli piaccia o no, il 98 per cento del suo contributo.

Per sopravvivere, il "sistema dei partiti" ha bisogno di due condizioni che nella legge, infatti, sono puntualmente presenti. Prima condizione. Occorre che gli "abbienti" (quelli che fanno già parte del sistema) siano in grado di bloccare o frenare l'arrivo degli "estranei". Una legge che divide il denaro fra gli "esistenti" è, in questa prospettiva, una garanzia.

Seconda condizione. Occorre che il cittadino dia ai partiti una delega in bianco e che i partiti siano liberi di riempirla a piacimento, secondo la logica della loro sopravvivenza e perpetuazione. Manca una terza condizione, a cui il Parlamento provvederà in gennaio quando potrebbe completare la legge con una disposizione che farà del "finanziamento illecito ai partiti politici" un semplice illecito amministrativo.

Difesa dell'esistente, delega in bianco, impunità: ecco le tre condizioni che permetteranno alla partitocrazia italiana di chiudere con una sorta di restaurazione la grande crisi degli anni Novanta. Ancora una volta i partiti dimostrano d'essere divisi su tutto fuorché sui fondamentali interessi corporativi della loro consorteria.

La legge ora approvata dal Parlamento non è costituzionale. Ma concorre, più e meglio di molte leggi costituzionali, a fissare la forma e lo stile di un sistema politico. Sappiamo già in altre parole come sarà, di questo passo, la Seconda repubblica. Sappiamo con quale logica e quali motivazioni lavoreranno i membri della commissione Bicamerale quando dovranno affrontare il problema delle riforme istituzionali. L'alba della Seconda repubblica assomiglia maledettamente alla notte della Prima.

 
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