Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
mer 23 apr. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 2 gennaio 1997
ANTIREFERENDARI: IL VERO RUOLO DI SCALFARO

OSCAR DI FRENATA

di Stefano Brusadelli e Massimo Franco

(Panorama, 9 gennaio 1997, pagg. 20/21)

Il primo scoglio per i quesiti di Pannella è rappresentato dalla Corte Costituzionale, dove dominano i fedelissimi del presidente

Ecco tutti i giochi sul Colle

"Non c'è un clima da referendum. Semmai, sento aria di restaurazione istituzionale". Francesco Cossiga sorseggia due dita di Porto, quasi per addolcire un '97 che prevede amaro. "Questa Corte costituzionale i referendum più significativi non li farà passare. A cominciare da quelli elettorali. La Consulta è diventata più conservatrice, direi più dossettiana: le ultime nomine hanno dato un colpo di barra in senso antiriformista. Gente più che degna, sia chiaro. Ma rappresenterà una barriera durissima per i referendum di Pannella, che pure si sta spendendo con generosità. Quando ero presidente della Repubblica, in materia mi sono sempre attenuto al principio della lottizzazione" sorride Cossiga con una punta di autoironia. "Oggi, invece, mi pare che nelle nomine alla Corte prevalga, come dire, il libero apprezzamento del Quirinale: un metodo che accentua l'impressione di un regime a sprazzi presidenziale".

L'ex capo dello Stato è appena ritornato nel suo studio di senatore a vita, dopo avere partecipato al rito degli auguri al Quirinale. E lassù, fra corazzieri, squilli di tromba, autorità schierate intorno a Oscar Luigi Scalfaro, che Cossiga, referendario convinto, deve avere trovato la conferma ai suoi timori. Nell'antico palazzo papalino è palpabile la sensazione che sui referendum si decida un braccio di ferro che il capo dello Stato e il suo grande partito trasversale non vogliono assolutamente perdere. L'ennesima crociata pannelliana, soprattutto con i due referendum per abolire i residui di proporzionale, punta a scavalcare il Parlamento e dare la spallata finale al sistema dei partiti. Eresie, per Scalfaro. Tra l'altro, affidare alla volontà popolare la riforma elettorale significa soffocare il progetto della commissione Bicamerale. Ossia il luogo dove Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi, con la benedizione del Quirinale, si preparano a disegnare la nuova Italia.

Per questo, contro la numerosa armata pannelliana, ha già silenziosamente impugnato le armi il partito antireferendario. Il Pds, tranne qualche spezzone che fa capo all'ex segretario Achille Occhetto e al costituzionalista Augusto Barbera, osserva con gelida indifferenza. Il Ppi e Rifondazione appaiono chiaramente ostili, come tutta la galassia centrista. Berlusconi, che pure ha firmato i referendum, ora preferisce non unirsi al drappello dei forzisti-liberali che tifano per Pannella. Ha paura di far naufragare il dialogo con D'Alema nella Bicamerale. Al punto che, a sentire Cossiga, "se non si faranno le grandi riforme, la storia politica dirà che molto è dipeso dallo spirito mercantile di Forza Italia".

Ma più di tutti a spendersi nell'offensiva antireferendaria è Scalfaro. Ed è un'ironia della politica, pensando che nel '92 fu proprio Pannella il suo grande elettore al Quirinale; lui definì Scalfaro, enfaticamente, "il Pertini cattolico". Facendo uno strappo al suo stile felpato, il capo dello Stato si è pronunciato con inusuale chiarezza più d'una volta. L'ultima, il 4 giugno scorso, in occasione del 40· anniversario della Corte costituzionale. "Noi costituenti" ha detto "non abbiamo pensato a una democrazia diretta. E la democrazia diretta rappresenta un'eccezione alla regola di una democrazia mediata da un Parlamento". Scalfaro, d'altronde, sa di avere dalla sua parte perplessità generalizzate per il numero spropositato di nuovi referendum: addirittura trenta in totale.

Non è casuale che l'allarme sia stato lanciato davanti alla Consulta. E' in quell'organismo riservatissimo e ambito che si consumerà il primo scontro, forse già risolutivo. Spetta alla Corte, a partire dal prossimo 8 gennaio, decidere quali quesiti potranno essere ammessi al voto degli elettori in una domenica da fissare tra il 15 aprile e il 15 giugno; e quali altri, invece, cadranno subito perché anticostituzionali. La Corte, il cui giudizio è inappellabile, è temuta dai pannelliani come un nemico potente e inafferrabile. In passato ha regolarmente falcidiato il numero dei referendum. Il radical-berlusconiano Marco Taradash la considera "la sede in cui è stata costruita e ora viene protetta la Prima repubblica". Lì il "partito di Scalfaro" è fortissimo, soprattutto dopo l'ultima tornata di nomine di novembre, che ha insediato tre giudici scelti dal presidente.

Gli equilibri interni della Corte sono diventati oggetto di analisi e motivo di allarme, per gli avversari del Quirinale. Secondo gli esperti, la composizione della Consulta riflette un'alleanza di ferro tra il capo dello Stato, il Pds di D'Alema e del presidente della Camera Luciano Violante, e l'area che si riconosce in Leopoldo Elia, il costituzionalista del Ppi grande avversario del sistema maggioritario. Al gruppo Elia sarebbero ascrivibili Valerio Onida, Cesare Mirabelli e Riccardo Chieppa. Altri quattro giudici sono stati scelti direttamente da Scalfaro: prima Gustavo Zagrebelsky; poi, due mesi fa, Piero Alberto Capotosti, Fernanda Contri e Guido Neppi Modona. Tre di loro sono considerati personaggi-cerniera fra il Quirinale e le Botteghe Oscure: Neppi Modona è legato a Violante; Capotosti sarebbe stato nominato per liberare la vicepresidenza del Consiglio superiore della magistratura a vantaggio di un altro amico di Violante, Carlo Federico Grosso. Quanto alla Contri, fu il braccio destro a Pala

zzo Chigi di quel Giuliano Amato, ora coinvolto nella "Cosa due" dalemiana. Sommando gli amici di Scalfaro, Violante e Elia si arriva a 7 giudici sui 14 in carica: un blocco difficilmente scalfibile, quasi una maggioranza precostituita.

A rappresentare il Polo è rimasto, solitario, Carlo Mezzanotte, un ex allievo di Elia divenuto poi avvocato della Fininvest. Un altro giudice di centrodestra, stando ai sussurri, avrebbe dovuto essere nominato da Scalfaro all'inizio di novembre: l'avvocato beneventano Antonio Guerra, ex parlamentare missino. Ma all'ultimo momento, Scalfaro ha deciso per una terna tutta ulivista. Al Polo, raccontano, è stato spiegato che sarebbe stato suo l'ultimo posto da assegnare, di nomina parlamentare. Il candidato è diventato a questo punto Alfredo Pazzaglia, anche lui di Alleanza nazionale, ora al Csm. Ma la sua elezione si è incagliata, e quasi certamente non avverrà in tempo per il giudizio di ammissibilità sui referendum. Un particolare dà la misura della ruggine fra centrodestra e Quirinale: oltre ai voti dell'Ulivo, a Pazzaglia sono mancati appoggi dallo stesso Polo. Pare che molti dei suoi gli rimproverino di essere troppo amico di Scalfaro e Violante.

La battaglia della Corte si svolgerà tra l'Epifania e la fine di gennaio. Tra l'8 e il 9 i due avvocati referendari Beniamino Caravita e Giovanni Motzo, ex ministro delle Riforme istituzionali nel governo Dini, spiegheranno ai giudici perché la pioggia di quesiti deve essere accolta. Poi i membri della Consulta si ritireranno in camera di consiglio per prendere una decisione che è attesa intorno al 25 gennaio. Ogni referendum sarà affidato a un relatore. I due su Camera e Senato sono toccati a Francesco Guizzi, di area socialista. Quello sulla riforma elettorale del Csm, strategico per i rapporti fra magistratura e politica, proprio all'ex vicepresidente del Csm, Mirabelli. In caso di parità, il voto del presidente Renato Granata varrà doppio. Ma è un'eventualità che, a sentire i pannelliani più disincantati, sarebbe un peccato di ottimismo anche solo immaginare.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail