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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 5 gennaio 1997
ADDAVENI' PANNELLA

Fondo di prima pagina di Vittorio Feltri

(Il Giornale, domenica 5 gennaio 1997)

So che l'argomento irrita molti lettori, che non ne possono più di recarsi alle urne due o tre volte l'anno, ricavandone sempre l'impressione che si tratti di una passeggiata vana. Sissignori, parlare di referendum di Pannella è rischioso: odo già un sottofondo di sbuffi e di imprecazioni. Ma vi prego aspettate un attimo a voltare pagina. Premesso che a furia di cambiamenti questo Paese non è mai cambiato, se non in peggio, occorre fare qualcosa per dare uno scossone all'Ulivo perché cadano almeno le olivelle più conservatrici, putride. Trattasi di evitare che il regime rossastro, di cui Romano Prodi è lo stravolto e stralunato interprete principale, si consolidi, magari annacquandosi un po' con l'immissione nella maggioranza di centristi in cerca di patria politica.

Già, uno scossone all'Ulivo e anche alla Quercia sarebbe salvifico. A darlo ci ha provato la Lega con la marcia settembrina lungo le sponde del Po; col pretesto della secessione, Umberto Bossi ha fatto un gran casino, ma i risultati si sono visti. Anzi, non si sono visti affatto. Due giorni dopo la scampagnata fluviale, tutto come prima, il solito stagno paludoso e mefitico. Poi ci ha provato il Polo con la famosa manifestazione in Piazza San Giovanni a Roma. Bella iniziativa, imponente e importante per verificare la forza - notevole - dell'alleanza di centrodestra. Ma anche in questo caso, effetti concreti, zero. Allora il Polo ci ha riprovato con l'idea non scema dell'Aventino, che ha costretto la maggioranza guidata dalla Nuova Vispa Teresa, cioè la Rosy Bindi, e dalla Vecchia Mortadella Democristiana, cioè Prodi, ad approvare in proprio la finanziaria più imbranata del dopoguerra. Meglio di niente, ma i cittadini quali benefici hanno tratto dalla clamorosa ritirata polista? Nessuno, se non la certezza

che il premier è un dittatorello sordo alle opinioni dell'opposizione, un Fidel Castro in sedicesimo e in cotta dossettiana.

A questo punto (morto) quali sono le prospettive per chi è stanco (morto) di farsi alleggerire il portafogli dal governo, che, nonostante la sua voracità, non è riuscito neppure a contenere il deficit e si appresta a un ulteriore assalto fiscale? Buio pesto. Rassegnarsi però significherebbe favorire il gioco dell'avversario. Quindi, cari lettori, diamo un'occhiata a questi benedetti referendum e valutiamo con calma se ce n'è qualcuno meritevole del nostro appoggio, tenendo presente questo assioma: ciò che non conviene alla sinistra, conviene a noi.

Due in particolare sono interessanti, il primo e il dodicesimo che mirano a modificare la legge elettorale in senso puramente maggioritario. Passassero entrambi, tutti i deputati e tutti i senatori verrebbero eletti con l'uninominale. La qual cosa - è noto - terrorizza uliveto e sterpi circostanti. Di modo che deve piacere da matti a noi, se non altro perché, introdotta l'innovazione, s'imporrebbero lo scioglimento delle Camere e la relativa rielezione secondo i criteri voluti dal popolo (se mi è consentito il termine che ripugna ai progressisti).

Obietterete che l'ennesima consultazione politica non risolverebbe il problema della governabilità. Può essere. Ma non è detto. Inoltre, siete sicuri che l'ipotesi di un maggioritario assoluto non costringerebbe gli immobilisti a riformare, finalmente, l'impalcatura istituzionale cui si imputano le attuali inefficienze del sistema e la debolezza dell'esecutivo? Meditate, gente, meditate.

Il terzo referendum punta a rivoluzionare la composizione del Csm (Consiglio superiore della magistratura), la cui inadeguatezza è ormai proverbiale. Come si fa a non profittare della circostanza per buttarlo all'aria? Il quarto è ancora più invitante: impedire allo Stato di gestire le aziende pubbliche dopo la privatizzazione. Chi non è d'accordo? La sinistra, ovviamente. Ergo, promuovere senza indugio la votazione. Ottavo: eliminare la carriera automatica dei magistrati. Insomma, non potendo eliminare loro, compiremmo un passo avanti disciplinandone almeno le promozioni. Nono: introdurre la responsabilità civile delle toghe; in altri termini, chi sbaglia paga, come accade in ogni categoria tranne la giudiziaria. Undici: limitare la pubblicità sulle reti della Rai, che già gode dell'introito considerevole degli abbonamenti. Sacrosanto. Tredici: eliminare la trattenuta fiscale in busta paga. Un toccasana contro vampiri come Visco e Prodi.

Basta, non vado avanti perché sono fin troppo evidenti i vantaggi che comporterebbero simili plebisciti. Certo, ce n'è qualcuno che lascia perplesso, quantomeno non convince. E suppongo che anche voi abbiate varie riserve. Che problema c'è? Sosteniamo i referendum che ci paiono giusti e trascuriamo gli altri. Ma buttarli via tutti sarebbe un delitto. Anche se il pericolo che gli attuali padroni se ne infischino del responso delle urne è incombente (il finanziamento pubblico dei partiti insegna). Coraggio amici, e riflettiamo prima di dare del pirla a Pannella.

 
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