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BALDASSARRE PESSIMISTA: TROPPI ELEMENTI CONTRO, LI BOCCERANNO

L'ex-presidente della Corte Costituzionale

Intervista ad Antonio Baldassarre di Paola Di Caro p.6

La voce della politica si alza per dire basta alla mole di referendum che rischiano di abbattersi sul Paese.Quella di Antonio Baldassarre, ex-presidente della Corte Costituzionale, si leva per sostenere il contrario: "l'Italia è uno dei Paesi dove maggiori sono i limiti per i referendum". Pessimista sul numero dei quesiti che supereranno l'esame di ammissibilità da parte della Corte, critico nei confronti del mondo politico che esercita in chiave anti-referendum una forte pressione sulla Consulta, Baldassarre non dà indicazioni a quelli che furono i suoi ex-colleghi. Ma invita a non considerare gli elettori italiani "poco intelligenti".

D. La Corte Costituzionale tra pochi giorni deciderà sull'ammissibilità di trenta referendum. Secondo lei quanti ne passeranno?

R. Qualsiasi previsione è difficile, ma va rivelato che la giurisprudenza offre alla Corte moltissimi elementi per dichiarare inammissibili quasi tutte le richieste referendarie. Per fare un esempio: è motivo di inammissibilità se il quesito prevede l'abolizione di una legge ma non di altre che concorrono a regolare quella materia. Tenendo conto di questo criterio, praticamente tutto o quasi andrebbe respinto. Non essendoci limiti certi di inammissibilità, le scelte alla fine sono di carattere politico-costituzionale.

D. La Consulta dovrà decidere anche sui referendum che chiedono l'abolizione della quota proporzionale per Camera e Senato. Due anni fa gli stessi quesiti furono bocciati perché, si sostenne, avrebbero reso la legge elettorale inapplicabile. Oggi cosa si aspetta?

R. Perché passassero la Corte dovrebbe capovolgere la sua giurisprudenza... Ma non posso esprimermi nel merito, ero un membro della Corte allora e la legge mi vieta di dire come votai.

D. Scommettere sull'ammissibilità, in sostanza è come tentare il 13 al Totocalcio...

R. (Ride) Questo lo dice lei, io non commento...

D. Molti sostengono che la Corte sarebbe spesso succube di influenze politiche. E' vero che la Consulta non è quel potere neutrale che dovrebbe essere?

R. Per l'esperienza che ho direi che in linea generale non è così. Tutti i singoli membri si adoperano per essere il più neutrali possibile. Però è vero che sui referendum la Corte si è sempre trovata molto a disagio.

D. Perché?

R. Per prima cosa la legge del '70 è fatta con i piedi: dicono che sia stata scritta in una notte, e si vede. E' eccessiva nella proceduralizzazione dell'attività per promuovere i referendum, lascia troppo spazio ai limiti di ammissibilità, è incoerente e confusa su i rapporti tra Cassazione e Consulta.Ma soprattutto la Corte si trova in difficoltà perché c'è un clima nel paese fortemente antireferendario.

D. Cosa intende dire?

R. Quando si deve giudicare sui referendum il mondo politico entra in subbuglio, creando forti pressioni sulla Corte. E' come se si ritenesse l'elettore italiano meno intelligente di altri, incapace di capire se e come vuole votare. Negli Stati Uniti per esempio si vota di frequente su decine di referendum e nessuno si sogna di protestare: il Palazzo non prende posizione, i giornali non si indignano. In America si vota per i referendum anche in contemporanea con le elezioni politiche, mentre in Italia è assolutamente vietato. Tutto questo manifesta un atteggiamento complessivo nella cultura politica e negli osservatori contrario al referendum, e questo pesa sulla Corte nei giudizi di ammissibilità: perché di fatto si richiede implicitamente un giudizio di inammissibilità su molti referendum.

D. Queste richieste, per quanto le risulta, sono anche esplicite?

R. Come ha detto anche Paladin, non posso escluderlo. Ma qui entra in gioco il giudice stesso, che ha il dovere morale di respingere ogni pressione.

D. Nel mondo politico si chiede una limitazione dei referendum. Andrea Manzella sostiene che andrebbero ridotti per legge, alcuni parlamentari vogliono un aumento del numero delle firme. lei che ne pensa?

R. Da un punto di vista politico, posso anche capire chi auspica una riduzione del numero dei referendum per evitare che i cittadini vengano confusi da troppi quesiti.Ma è anche vero che tutto dipende dall'informazione che si riserva ai referendum: se i promotori riescono ad assicurarla il problema si ridimensiona. Costituzionalmente invece i limiti sono già moltissimi. Ricordo che sempre negli USA, per fare un esempio il giudizio di costituzionalità è successivo ai referendum non preventivo.

D. Altro tema caldo è la violazione dell'esito dei referendum: secondo lei la Corte dovrebbe accogliere il ricorso contro il Parlamento del Comitato promotore del referendum del '93 che protesta per l'approvazione della nuova legge sul finanziamento pubblico dei partiti?

R. Io credo che il Comitato Promotore sia legittimato a sollevare il conflitto di attribuzioni. Non so dire se c'è stata violazione del referendum da un punto di vista giuridico, non conosco bene la materia, ma politicamente quella legge mi è parsa un errore: ripristina un sistema precedente al voto referendario. E, in sostanza,lo tradisce.

 
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