QUANTO E' SEVERA (E CONFUSA) LA CONSULTA SUI REFERENDUM.
Roma Domani e giovedì la Corte costituzionale si riunirà per decidere l'ammissibilità dei 30 referendum promossi da Marco Pannella (diciotto) e dall'iniziativa regionale di Roberto Formigoni (dodici). I 15 giudici costituzionali dovranno stabilire se le richieste referendarie sono o meno conformi al dettato dell'articolo 75 della Costituzione. I padri costituenti misero dei limiti all'istituto di democrazia diretta e dichiararono inammissibili quelli abrogativi di leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto e quelli di ratifica dei trattati internazionali. I limiti sembrerebbero tassativi ma, nel corso degli anni, la Consulta li ha estesi a dismisura. La disciplina dell'istituto, poi, risente del clima in cui si trovò il paese al momento dell'approvazione della legge istitutiva del referendum. Previsto dalla Costituzione del '48, infatti, la legge sul referendum fu approvata in fretta e furia, in una notte, nel 1970 in occasione della consultazione popolare contro il divorzio organizzata dai cat
tolici. La vaghezza di quella legge ha creato molti problemi interpretativi che
hanno messo spesso a disagio i giudici della Corte, i quali, peraltro, hanno storicamente avuto um orientamento generale molto severo nei confronti del referendum. Le 30 richieste di questa tornata referendaria riguardano la giustizia, l'economia, alcune libertà civili, il federalismo e soprattutto la legge elettorale della Camera e del Senato. Questi ultimi due quesiti chiedono l'abolizione della quota proporzionale prevista dalla "Mattarella", legge che nacque all'indomani del referendum Segni Pannella del 18 aprile 93. Il governo, tramite l'Avvocatura dello Stato, ha promesso ai promotori di non costituirsi contro i quesiti istituzionali, mentre si riserva di decidere su tutti gli altri. La cosa non è di poco conto: se decidesse di astenersi in toto, l'esecutivo mostrerebbe disinteresse all'intera questione. Viceversa, se scegliesse di schierarsi contro alcuni quesiti, ma non su quelli elettorali, il segnale di non contrarietà alle due richieste potrebbe essere determinante per la Corte.
Il professore Beniamino Caravita, coordinatore del pool di docenti e avvocati costituito per difendere i referendum di fronte ai giudici della Consulta, ha un'unica linea di difesa "La Corte dovrà cambiare la sua giurisprudenza. In 20 anni di sentenze in materia di referendum ha stabilito principi contraddittori, in pratica ha detto tutto e il contrario di tutto". I quesiti sulla legge elettorale sono identici a quelli che la Consulta bocciò già nel 95. Allora i giudici costituzio nali si rifecero a una precedente sentenza, la 29 dell'87 (sul sistema di elezione del Csm), che stabilì il principio di inammissibilità di quelle richieste che, in caso di vittoria dei SI, avessero lasciato una normativa residua non immediatamente applicabile. E' quello che viene chiamato horror vacui, la paura del vuoto legislativo . In pratica, sostiene la Corte, se si abroga la legge elettorale, del Parlamento cosi come del Csm, potrebbe esserci il rischio, in mancanza di un intervento legislativo, di non potere più rinnovare l
'organo. Secondo Caravita, la Corte oggi ha l'occasione di riscrivere i criteri generali dell'istituto, ripristinando la natura abrogativa del referendum. "Il referendum se è abrogativo, non può ehe eaneellare una norma, non pub ehe essere mars destruens' e, soprattutto, non può sostituirsi al legislatore, cui spetta la "pars costruens"'. II forzista Giorgio Rebuffa ha presentato una leggina di un solo articolo, che sarà discussa in Parlamento negli stessi giorni del dibattimento davanti alla Consulta, che regola proprio il problema della successione delle leggi. Per Caravita, potrebbe trattarsi di un boomerang, perché se è vero che se la legge fosse approvata, la Corte potrebbe ammettere i referendum, è assolutamente certo che se venisse bocciata (come sembra), Ia Consulta vedrebbe rafforzato il criterio stabilito con la sentenza dell 87. L'altro principio cardine della giurisprudenza della Corte è contenuto nella sentenza 16 del 78 che impone ai promotori l'omogeneità del quesito, di non limitarsi cioè, a
colpire solo la norma principale nel formulare la richiesta. "Se a individuare tutte le leggi fa fatica la stessa Corte dice Achille Chiappetti, difensore dei quesiti sul Csm e sul sostituto d'imposta come possono farlo i cittadini?".