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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 7 gennaio 1997
Articolo pubblicato su Il Messaggero del 7 gennaio 1997

SE TORNANO I RITI DEL PASSATO

di Carlo Galli (fondo di prima pagina)

Dietro alla richiesta radicale dei 18 referendum c'è sicuramente il disegno politico di Pannella, consi stente nell'impedire il consolidarsi di un nuovo sistema politico centrato su partiti. Ma c'è anche,forse più, la drammatica evidenza che il sistema politico italiano sembra tornare oggi dopo la bulera di Tangentopoli a chiudersi in una presunta autosufficienza che si accompagna all'inefficien za. Che, insomma, sembra tornare a essere sordo e cieco davanti alle sfide che gli provengono da ambiti extrasistema, dalla società e dai suoi problemi.

Certo, le energiche misure economiche del go verno Prodi qualunque sia il giudizio che se ne dà paiono mostrar una politica capace d'azioni efficaci; tuttavia, in questo caso il sistema politico agisce prevalentemente sui propri meccanismi di spesa e di entrata, e per di più, non pare avere neppure il pieno controllo sulle proprie strutture economiche, a meno a giudicare dalle recenti "sorprese" regalateci dal deficit dello scorso anno.

In realtà, davanti alle sfide che gli provengono dal Paese, il sistema politico balbetta e s'inceppa; si divide al proprio interno, fino alla fibrillazione e al tempo stesso si compatta in un blocco unico impermeabile a ogni sollecitazione esterna. Davanti all'emergenza giudiziaria (nonostante la proposta avanzata dal ministro Flick, che non è certo una soluzione organica dei problemi della giustizia), davanti all'esigenza di riforme della legge elettorale, delle istituzioni, dello Stato sociale, la paralisi sembra prevalere sull'azione, e la gelosa difesa delle prerogative delle istituzioni in realtà, dei partiti sulla capacità di analisi, di sintesi e di progetto che deve essere propria della politica.

Non si tratta di contrapporre, secondo un logoro stereotipo, una società sana ad una politica malata; né di esercitarsi in un qualunquistico rifiuto del sistema dei partiti. Si tratta al contrario di constatare che questa società è in preda a una crisi di anomie, a una diaspora di interessi e a una caduta verticale delle proprie strutture produttive di senso (la famiglia, la scuola, gli stessi luoghi della produzione, della cultura e cello svago, le associazioni). Che questa società chiede, insomma, di essere governata, prima di conoscere la propria completa frantumazione.

E questa esigenza di governo implica, certo, che la società rinunci a molti degli insostenibili privilegi diffusi, ereditati dalla prima repubblica; ma anche che il sistema politico giustifichi il proprio ruolo di comando fornendo prestazioni realmente efficienti, sia nell'amministrazione sia nella ridefinizione strategica dei grandi patti che devono unire gli italiani. Invece, il sistema politico pare intento a restaurare i riti e i privilegi del passato: le grandi manovre al Centro, e la legge sul finanziamento dei partiti sono due esempi di questa tendenza.

Si ripropone quindi una situazione per certi versi analoga a quella che nei primi anni Novanta ha visto un sistema politico, incapace di agire, crollare sotto i colpi di iniziative esterne al sistema stesso, come i referendum di Segni e l'azione giudiziaria della Procura di Milano. E non c'è, dunque, da meravigliarsi se oggi un politico combattivo e di razza come Pannella intende nuovamente giocare la carte, a lui storicamente congeniale, dei referendum, per tentare di fare, col ricorso al popolo, quello che la politica non sa fare con i partiti e con le istituzioni. Cioè la riforma del sistema elettorale, della giustizia, della stessa costituzione economica (il referendum su un sostituto di imposta si configura, infatti, come un'autentica rivoluzione).

L'importanza di questa nuova ondata referendaria - anche senza credere, come fa Pannella, che il referendum in quanto tale sia la soluzione dei problemi sta almeno nella dimostrazione che quello che dovrebbe essere uno strumento della politica è ormai diventato oggi un sintomo della sua crisi profonda.

E' perfettamente logico che a questo punto il sistema politico si affretti a compattarsi, a invocare norme più severe per la raccolta delle firme, a contrapporre sdegnato la complessità della politica alle semplificazioni referendarie del Si e del No. Ma è anche inutile: alla derive plebiscitaria non si risponde con l'involuzione partitocratica e politicistica; la politica deve guadagnarsi la propria legittimazione sul campo, non con i proclami. E neppure facendosi venire la miope tentazione che posse essere la Corte costituzionale a toglierle le castagne dal fuoco.

 
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