Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 24 apr. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 8 gennaio 1997
Il Foglio 08/01/1997
(rilanciato da s.scandura)

Quanto è severa (e confusa) la Consulta sui referendum

Roma - Domani e giovedì la Corte costituzionale si riunirà per decidere l'ammissibilità dei 30 referendum promossi da Marco Pannella (diciotto) e dall'iniziativa regionale di Roberto Formigoni (dodici). I 15 giudici costituzionali dovranno stabilire se le richieste referendarie sono o meno conformi al dettato dell'articolo 75 della Costituzione. I padri costituenti misero dei limiti all'istituto di democrazia diretta e dichiararono inammissibili quelli abrogativi di leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto e quelli di ratifica dei trattati internazionali. I limiti sembrerebbero tassativi ma, nel corso degli anni, la Consulta li ha estesi a dismisura.

La disciplina dell'istituto, poi, risente del clima in cui si trovò il paese al momento dell'approvazione della legge istitutiva del referendum. Previsto dalla Costituzione del '48, infatti, la legge sul referendum fu approvata in fretta e furia, in una notte, nel 1970, in occasione della consultazione popolare contro il divorzio organizzata dai cattolici. La vaghezza di quella legge ha creato molti problemi interpretativi che hanno messo spesso a disagio i giudici della Corte, i quali, peraltro, hanno storicamente avuto un orientamento generale molto severo nei confronti del referendum. Le 30 richieste di questa tornata referendaria riguardano la giustizia, l'economia, alcune libertà civili, il federalismo e soprattutto la legge elettorale della Camera e del Senato. Questi ultimi due quesiti chiedono l'abolizione della quota proporzionale prevista dalla 'Mattarella', legge che nacque all'indomani del referendum Segni-Pannella del 18 aprile '93. Il governo, tramite l'Avvocatura dello Stato, ha promesso ai p

romotori di non costituirsi contro i quesiti istituzionali, mentre si riserva di decidere su tutti gli altri. La cosa non è di poco conto: se decidesse di astenersi in toto, l'esecutivo mostrerebbe disinteresse all'intera questione. Viceversa, se scegliesse di schierarsi contro alcuni quesiti, ma non su quelli elettorali, il segnale di non contrarietà alle due richieste potrebbe essere determinante per la Corte. Il professore Beniamino Caravita, coordinatore del pool di docenti e avvocati costituito per difendere i referendum di fronte ai giudici della Consulta, ha un'unica linea di difesa: "La Corte dovrà cambiare la sua giurisprudenza. In 20 anni di sentenze in mate ria di referendum ha stabilito principi contraddittori, in pratica ha detto tutto e il contrario di tutto". I quesiti sulla legge elettorale sono identici a quelli che la Consulta bocciò già nel '95. Allora i giudici costituzionali si rifecero a una precedente sentenza, la 29 dell'87 (sul sistema di elezione del Csm), che stabilì il principio d

i inammissibilità di quelle richieste che, in caso di vittoria dei Sì, avessero lasciato una normativa residua non immediatamente applicabile. E quello che viene chiamato horror vacui, la paura del vuoto legislativo. In pratica, sostiene la Corte, se si abroga la legge elettorale, del Parlamento così come del Csm, potrebbe esserci il rischio, in mancanza di un intervento legislativo, di non potere più rinnovare l'organo. Secondo Caravita, "la Corte oggi ha l'occasione di riscrivere i criteri generali dell'istituto, ripristinando la natura abrogativa del referendum. Il referendum se è abrogativo, non può che cancellare una norma, non può che essere 'pars destruens' e, soprattutto, non può sostituirsi al legislatore, cui spetta la 'pars costruens'". Il forzista Giorgio Rebuffa ha presentato una leggina di un solo articolo, che sarà discussa in Parlamento negli stessi giorni del dibattimento davanti alla Consulta, che regola proprio il problema della successione delle leggi. Per Caravita, potrebbe trattarsi di

un boomerang, perché se è vero che se la legge fosse approvata, la Corte potrebbe ammettere i referendum, è assolutamente certo che se venisse bocciata (come sembra), la Consulta vedrebbe rafforzato il criterio stabilito con la sentenza dell '87. L'altro principio cardine della giurisprudenza della Corte è contenuto nella sentenza 16 del '78 che impone ai promotori l'omogeneità del quesito, di non limitarsi cioè, a colpire solo la norma principale nel formulare la richiesta. "Se a individuare tutte le leggi fa fatica la stessa Corte - dice Achille Chiappetti, difensore dei quesiti sul Csm e sul sostituto d'imposta - come possono farlo i cittadini?"

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail