"Un quesito a dir poco contradditorio"(rilanciato da s.scandura)
STEFANO ANASTASIA
Il referendum sulla legalizzazione dei Club Pannella propone di abrogare le sanzioni amministrative, cioè risbatte in galera chi fa uso personale di droghe
CARMELO PALMA giudica la mia critica al referendum sulle droghe leggere "infondata" e "capziosa": non solo priva di fondamento dunque, ma anche mossa con l'intento di trarre in inganno i lettori. Purtroppo Palma non spiega dove sarebbe l'inganno, non rispondendo al cuore della mia obiezione: quale sarebbe, secondo i promotori del referendum, la disciplina a cui sarebbero sottoposti i consumatori a seguito di un esito positivo del referendum? A mio giudizio, che con piacere scopro condiviso anche da un maestro e amico come Luigi Saraceni, abrogando le sanzioni amministrative previste per l'importazione, l'acquisto e la detenzione finalizzate all'uso personale, tali condotte sarebbero automaticamente punite ai sensi dell'articolo 73 del Testo unico delle leggi sulle droghe, essendo in esse esplicitamente citate: ribadisco, reclusione da sei mesi a quattro anni, multa da due a venti milioni.
Evitando accuratamente il centro della questione, Palma si aggira per critiche di contorno, contestandomi un uso improprio delle opinioni di Arnao, attribuendomi un orientamento liberalizzatore che confonderebbe legalizzazione delle droghe con legalizzazione della mafia, rimproverandomi, infine, un'interpretazione restrittiva della giurisprudenza costituzionale in materia di ammissibilità dei referendum. Cerco di rispondere sinteticamente e per punti.
1) Di Arnao ho citato il giudizio di inefficacia del referendum ("gli obiettivi piuttosto limitati" richiamati da Palma); seguiva la mia personale opinione sulla ripenalizzazione dei consumatori. A onor del vero va detto che Arnao - nell'articolo citato - incidentalmente giudica "probabilmente infondato" il dubbio mio e di Saraceni, senza entrare nel merito della questione, cosa che comunque non autorizza Palma a contrapporre le tesi di Arnao e Saraceni, posto che l'una contiene l'altra: se si ritiene infondato il pericolo denunciato da Saraceni vale la critica di inutilità formulata da Arnao, se invece si ritiene fondato quel pericolo, il referendum sarebbe, oltre che inutile, dannoso. 2) Se Palma si liberasse per un momento dalla sindrome referendaria potrebbe rendersi conto che la mia obiezione non implica il favore per soluzioni referendarie più radicali, "liberalizzatrici" delle droghe o, addirittura, "legalizzatrici" della mafia; piuttosto mi parrebbe utile, in questo campo, scegliere percorsi normativ
i, amministrativi e di pratica politico-sociale, più efficaci di quello referendario.
3) Infine, sulla "omogeneità" del quesito - che ovviamente non poteva formare oggetto di contestazione da parte della Corte costituzionale nel precedente del 1981, posto che in quell'occasione ci si proponeva di cancellare la cannabis dalle tabelle delle "droghe proibite", così abrogando sostanzialmente qualsiasi sanzione prevista per condotte legate al consumo - vorrei rivolgere conclusivamente a Palma una semplice domanda, relativa alla mia personale situazione di imbarazzo di fronte a questo referendum. Sono favorevole alla legalizzazione della cannabis; in vista di questo obiettivo sarei d'accordo anche con una disciplina post-referendaria che la liberalizzasse parzialmente e non efficacemente (secondo l'opinione di Arnao), ma il quesito che potrei trovarmi di fronte mi chiederebbe - rispondendo Sì a queste proposte - di rispondere Sì anche a una nuova e più dura penalizzazione dei consumatori di cannabis. Con la stessa pronuncia darei due risposte contraddittorie, di cui una certamente contraria alle mi
e opinioni. Cosa dovrei fare, allora, secondo Palma? A questa domanda - credo - dovrebbe rispondere anche la Corte costituzionale, decidendo della legittimità del referendum.
Ps.: della rilevanza che Palma attribuisce alle mie opinioni nelle sue criptiche parentesi conclusive non posso che ringraziarlo, inorgoglito.