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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rita - 11 gennaio 1997
MEMORIA REFERENDUM CARRIERE MAGISTRATI

ECC.MA

CORTE COSTITUZIONALE

MEMORIA

dei signori Rita Bernardini, Raffaella Fiori, Mauro Sabatano, promotori e presentatori del referendum abrogativo avente ad oggetto la legge 25 luglio 1966, n. 570 ("Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte d'appello") e la legge 20 dicembre 1973, n. 831 ("Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori"), così come pubblicato in G.U. 29 settembre 1995 e modificato dall'Ufficio centrale per il referendum con l' Ordinanza 13 dicembre 1996, in rappresentanza del Comitato promotore, rappresentati e difesi, come da delega in calce, dagli Avv.ti Prof. Giovanni Motzo e Prof. Beniamino Caravita di Toritto, elettivamente domiciliati presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via Torquato Taramelli n. 22.

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1. Dell'intenzione dei promotori, della vicenda referendaria innanzi all'Ufficio centrale per il referendum e della riduzione del quesito referendario.

1.1 I promotori - come risulta dal testo dell'avviso di referendum abrogativo pubblicato in Gazz. Uff. n. 228, del 29 settembre 1995, e dal testo del quesito depositato presso la cancelleria della Corte di cassazione il 5 gennaio 1996 - hanno presentato una proposta abrogativa volta ad eliminare l'attuale sistema di progressione delle carriere dei magistrati. Quest'ultimo trova la sua disciplina nelle disposizioni della legge 4 gennaio 1963, n. 1 ("Disposizioni per l'aumento degli organici della magistratura e per le promozioni"), della legge 25 luglio 1966, n. 570 ("Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte d'appello") e della legge 20 dicembre 1973, n. 831 ("Modifiche dell'ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori").

Nella formulazione originaria del quesito referendario, accanto alle leggi n. 570 del 1966 e n. 831 del 1973, i promotori avevano incluso anche le disposizioni - art. 2, comma 1, 2, 3 (tutti e tre in parte), 4, 5 e 6; art. 3; art. 4, comma 1 (in parte) e 4; art. 5; art. 8, comma 1, lett. b); artt. 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, e 33 - della legge n. 1 del 1963 che disciplinavano la promozione a magistrato di Corte d'appello e di Corte di cassazione in seguito a scrutinio, tralasciando viceversa le disposizioni della stessa legge che prevedevano un sistema di progressione incentrato sul concorso per esame. In questo modo - cioè colpendo interamente le due leggi sulla progressione delle carriere a magistrato d'appello e a magistrato di cassazione, nonché manipolativamente le norme contenute nella legge n. 1 del 1963 sulla promuovibilità a seguito di scrutinio - i promotori miravano a conseguire il risultato - a seguito di esito favorevole del referendum abrogativo

- di far emergere una normativa (di risulta) da cui derivasse come conseguenza un sistema di progressione incentrato sul concorso per esami. Dal ché conseguiva in tutta la sua evidenza l'intenzione abrogativa sottesa dalla richiesta in epigrafe: l'eliminazione del sistema di progressione delle carriere dei magistrati fondato sulla mera valutazione da parte del CSM del "merito" o del "non demerito" del magistrato che avesse maturato l'anzianità necessaria e, quindi, prevalentemente su un tipo di "selezione meramente negativa".

***

1.2. L'Ufficio centrale per il referendum con ordinanza depositata il 31 ottobre 1996 faceva rilevare ai promotori del referendum in parola che nella formulazione originaria del quesito referendario non si fosse tenuto conto che "la legge n. 1 del 1963 - della quale si chiede l'abrogazione (limitatamente alle singole disposizioni specificamente indicate e nei limiti sottolineati, quanto agli artt.: 2, commi 1, 3, 4, 5, 6; 3; 4, comma 1; 8, comma 1, lett.b); 14; 15; 16; 17; 18; 19; 20; 21; 22; 23; 24; 25; 26; 27; 28; 29; 30; 31; 32; 33) - deve considerarsi superata, e, conseguentemente non più in vigore, sui punti richiamati, in quanto la materia della progressione in carriera dei magistrati, avuto riguardo, in particolare alle funzioni di appello e di cassazione, nonché a quelle "direttive superiori", è stata disciplinata "ex novo" dalle leggi 25 luglio 1966, n. 570 (per l'appello) e 20 dicembre 1973, n. 831 (per la cassazione e le funzioni "direttive superiori") delle quali, pure, è stata chiesta l'abrogazi

one" (Ufficio centrale per il referendum, Ord. 31.10.1996).

Di fronte a tale rilievo, i promotori, - con una prima memoria depositata il 20 novembre 1996 - al fine di considerare attualmente vigente le disposizioni della legge n. 1 del 1963, ritenevano decisivo il fatto che le leggi n. 570 del 1966 e n. 831 del 1973, "pur dettando una disciplina della progressione sostanzialmente diversa rispetto a quella prevista dalle legge n. 1 del 1963, nulla disponessero circa l'abrogazione delle corrispondenti disposizioni della legge n. 1 del 1963, limitandosi, con formule non prive di ambiguità, a stabilire, in un caso, che "rimangono in vigore le disposizioni della legge 4 gennaio 1963, n. 1, in quanto compatibili con quelle della presente legge" (legge n. 570/1966, art. 9); ovvero, nell'altro, che "è abrogata ogni disposizione contraria o incompatibile con la presente legge" (legge 831/1973, art. 24, comma 1)", e - con una seconda memoria depositata il 27 novembre 1996 - che anche il Governo, nel disegno di legge adottato dal Ministro di grazia e giustizia in data 13 nove

mbre 1996 ("Funzioni dei magistrati e valutazioni di professionalità"), facesse riferimento alla attuale vigenza delle suddette disposizioni della legge n. 1 del 1963, nel disporne l'abrogazione espressa a seguito dell'entrata in vigore della emananda riforma delle carriere e delle funzioni dei magistrati ordinari.

L'Ufficio centrale, ciononostante, con ordinanza definitiva resa il 13 dicembre del 1996, riteneva la legge n. 1 del 1963 "abrogata, proprio nelle parti indicate nel quesito, dalla nuova disciplina (con essa incompatibile, ai sensi dell'art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale), introdotta dalle ricordate leggi n. 570 del 1966 e n. 831 del 1973", disponendo, altresì, che il quesito referendario in questione fosse riformulato in modo da ricomprendervi esclusivamente l'intero testo della legge n. 570 del 1966 e della legge n. 831 del 1973 (<< Volete voi che sia abrogata la legge 25 luglio 1966, n. 570, recante "Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte d'Appello", e la legge 20 dicembre 1973, n. 831, recante "Modifiche dell'Ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il conferimento degli uffici direttivi superiori"?>>).

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2. Della perdurante attualità dell'intenzione dei promotori anche a seguito della riformulazione del quesito referendario.

2.1. Il quesito referendario così come riformulato dall'Ufficio centrale per il referendum concerne, dunque, esclusivamente le disposizioni sulla progressione a magistrato di Corte d'appello e a magistrato di Corte di cassazione nella disciplina dettata dalle leggi n. 570 del 1966 e n. 831 del 1973.

Tuttavia anche in questi termini i promotori rilevano come non sia stata in nulla intaccata la volontà abrogativa sottesa dalla richiesta in epigrafe (cfr. supra n. 1.1).

E, infatti, la riduzione del quesito referendario assume specifico rilievo solo ai fini della struttura formale di esso: questa, di certo, viene trasformata dall'originario carattere anche manipolativo - stante la richiesta di abrogazione di parti della legge n. 1 del 1963, avente ad oggetto, oltre che interi articoli di legge, anche frammenti di comma ovvero di proposizione - in una abrogazione di carattere "secco", ossia incentrata su due interi corpi legislativi (leggi n. 570/66 e n. 831/73). Di tal ché, l'unica conseguenza che ragionevolmente può dedursi, rispetto all'originaria formulazione del quesito, non può che essere, in caso di esito positivo dell'abrogazione referendaria, da una parte, il determinarsi di un vuoto normativo in materia di progressione delle carriere; e, dall'altra, la necessità di un consequenziale intervento da parte del legislatore rappresentativo per ridisegnare il sistema delle progressioni in modo rispettoso della volontà abrogativa sottesa dal referendum (laddove, con l'inter

vento manipolativo originariamente concepito, si intendeva sopperire ad una simile evenienza attraverso la riespansione della normativa di risulta avente ad oggetto la disciplina del concorso per esami, anche per le parti per l'innanzi riguardate dalla disciplina dello scrutinio).

In questo ambito, pertanto, l'intenzione dei promotori non può affatto considerarsi mutata: essendo pur sempre - anche a seguito della riduzione del quesito - volta a eliminare l'attuale sistema di progressione delle carriere a magistrato di Corte d'appello e a magistrato di Corte di cassazione fondato sulla mera valutazione del "merito" o del "non demerito" del magistrato che avesse maturato l'anzianità necessaria e, quindi, prevalentemente su un tipo di "selezione meramente negativa" (cfr. sempre supra n. 1.1.).

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3. Dell'ammissibilità della richiesta referendaria alla luce dei limiti al referendum abrogativo espressi o impliciti ai sensi dell'art. 75 Cost..

3.1. Il referendum in esame non può non essere ritenuto ammissibile da codesta Ecc.ma Corte costituzionale.

Preliminarmente si deve rilevare la piana ammissibilità del quesito referendario rispetto all'art. 75 Cost.: difatti il quesito non concerne né leggi tributarie o di bilancio, né leggi di amnistia o di indulto, né leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali.

Parimenti, dovendosi verificare la sussistenza delle ulteriori "ragioni di inammissibilità" individuate da codesto Ecc.mo Collegio sin dalla sentenza n.16 del 1978, risulta evidente che il quesito in oggetto non riguarda né "disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all'ambito di operatività delle leggi espressamente indicate nell'art. 75 che la preclusione debba intendersi sottintesa", né tende ad abrogare "del tutto o in parte la Costituzione, le leggi di revisione costituzionale, le altre leggi costituzionali considerate dall'art. 138 Cost., come pure gli atti legislativi dotati di forza passiva peculiare (e dunque insuscettibili di essere validamente abrogati da una legge ordinaria successiva)", né ha per oggetto "disposizioni legislative ordinarie a contenuto costituzionalmente vincolato, il cui nucleo normativo non possa venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituziona

li)".

E' infatti di tutta evidenza che sia la legge n. 570 del 1966 che la legge n. 831 del 1973 non sono in alcun modo strettamente connesse alle leggi espressamente indicate nell'art. 75 Cost., non costituiscono leggi di rango costituzionale, né leggi a forza passiva rinforzata, né, infine, leggi riconducibili alla categoria di quelle a contenuto costituzionalmente vincolato (vedi, comunque, infra, sub n. 5.).

*** ** ***

4. Del limite delle leggi costituzionalmente obbligatorie nella giurisprudenza della corte costituzionale; della ricostruzione della normativa sulla progressione delle carriere dei magistrati; della sentenza n. 86 del 1982 della Corte costituzionale.

4.1. Fin dalla sentenza n. 16 del 1978, la Corte costituzionale ebbe a stabilire come non fosse sostenibile "che siano sottratte al referendum abrogativo tutte le leggi ordinarie comunque costitutive od attuative di istituti, di organi, di procedure, di principi stabiliti o previsti dalla Costituzione". E ciò per "l'ovvia considerazione" che leggi siffatte, oltre a sottoporre il referendum a limitazioni estremamente ampie e mal determinate, a differenza delle leggi c.d. "a contenuto costituzionalmente vincolato" - "il cui nucleo normativo non [può] venire alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti specifici disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali)" - "non realizzano che una fra le tante soluzioni astrattamente possibili per attuare la Costituzione" (cfr. punto 9 del considerato in diritto, sent. 16/1978). E, allora, il conseguente vuoto che per effetto dell'abrogazione referendaria viene a determinarsi in simili casi determinerebbe una lacuna com

unque evitabile da parte del legislatore ordinario, il quale ben potrebbe, cioè, approvare una nuova e diversa disciplina.

Tale orientamento nella Corte costituzionale è stato parzialmente modificato - ma, come si vedrà, non contraddetto - allorché con la sentenza n. 29 del 1987 è stato dichiarato inammissibile il referendum abrogativo delle norme disciplinanti l'elezione dei membri c.d. togati del Consiglio superiore della magistratura. Ritenne la Corte che all'ammissibilità si opponessero due ragioni: "l'una attinente alla consapevolezza del voto, in assenza di una evidente finalità intrinseca al quesito; l'altra derivante dalla indefettibilità della dotazione di norme elettorali per gli organi la cui composizione elettiva è espressamente prevista dalla Costituzione" (punto 3, considerato in diritto). Successivamente l'orientamento inaugurato con la sentenza n. 29/1987 è stato ribadito anche in relazione alle richieste ablatorie che a più riprese sono state mosse avverso le leggi elettorali della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica (cfr. Corte cost. sentt. 47/1991; 32/1993; 5/1995). Anche alla luce della citata g

iurisprudenza - che pur rimane criticabile - non può essere accolta la conclusione che vorrebbe giungere all'inammissibilità di ogni e qualsiasi legge costituzionalmente obbligatoria. E una simile conclusione appare insostenibile proprio se si guarda attentamente alle enunciazioni che la stessa Corte costituzionale ha fatto nel corso della sua giurisprudenza sul referendum: "una interpretazione" della sentenza n. 29 del 1987 "nel senso che essa precluderebbe ogni iniziativa referendaria avente per oggetto una legge elettorale, andrebbe al di là degli effettivi contenuti e significati della sentenza stessa" (Corte cost. sent. n. 47/1991).

A conferma, infatti, del carattere residuale del presunto limite delle leggi costituzionalmente necessarie, soccorre la sentenza n. 63 del 1990, laddove la Corte ha stabilito inequivocabilmente che il precedente inaugurato con la sentenza n. 29 del 1987 "concerne un caso del tutto particolare, e tale da non consentire generalizzazioni" (punto 7, considerato in diritto).

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4.2. Le leggi sulla progressione della carriera dei magistrati sono sicuramente leggi "necessarie" dal punto di vista ordinamentale, dovendo essere regolata, appunto, una carriera che si svolge - peraltro, con particolari condizioni di indipendenza ed autonomia - all'interno dell'apparato statuale.

Tuttavia, per poter attribuire o meno il carattere di leggi costituzionalmente necessarie alle norme sul sistema della progressione delle carriere dei magistrati così come disegnato dalle leggi n. 570 del 1966 e n. 831 del 1973, occorre ulteriormente verificare se alcuna delle disposizioni ricomprese nel quesito referendario si ponga in diretta e necessitata relazione con le norme costituzionali riguardanti l'organizzazione della giustizia (artt. 101 - 110 Cost.).

La legge n. 570 del 1966 (c.d. legge Breganze) stabilisce che l'attribuzione della qualifica di magistrato della Corte d'appello per coloro che abbiano maturato un'anzianità pari a undici anni nella qualifica di magistrato di Tribunale avvenga previa valutazione - nella forma di un parere motivato al CSM - da parte dei consigli giudiziari (ovvero dei consigli di amministrazione per i magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia) sulle capacità e sull'attività svolta nell'ultimo quinquennio e conseguente esame di detto parere da parte del Consiglio superiore della magistratura. La legge, in particolare, stabilisce ciò disponendo, tuttavia, la dissociazione tra la "nomina" e la "assunzione delle funzioni" relative alla qualifica: ciò si desume apertamente dall'art. 4, laddove prevede che il CSM conferisca le funzioni di magistrato di corte d'appello "a domanda dell'interessato"; nonché dall'art. 6, laddove è stabilito il principio c.d. del "ruolo aperto" delle carriere, stante il quale "i magistrati d

i corte d'appello che, per difetto di vacanza, non abbiano ancora ottenuto l'esercizio delle funzioni di appello, continuano ad esercitare le funzioni precedenti negli uffici ai quali sono addetti".

Analogamente, la legge n. 831 del 1973, nella sua versione originaria, prevedendo la nomina a magistrato di cassazione - maturata un'anzianità pari a sette anni nella qualifica di magistrato di corte d'appello nonché un'anzianità di servizio di almeno dieci anni (ovvero, per il conferimento degli uffici direttivi superiori, pari a otto anni nella qualifica di magistrato di cassazione) - a seguito della valutazione favorevole del CSM (basata sempre su preparazione e attività pregressa del magistrato, art. 1), sulla base - anche qui - di un previo parere dei consigli giudiziari (ovvero dei consigli amministrativi), disponeva che la nomina stessa avvenisse "secondo l'ordine di precedenza risultante dal ruolo di anzianità" (art. 7), e ciò senza il conferimento delle relative funzioni, stante la formula dell'art. 10, che stabiliva che il CSM provvedesse al riguardo "secondo l'ordine di collocamento in ruolo, per la copertura dei posti rimasti vacanti".

In entrambi i casi, il legislatore aveva introdotto un sistema di progressione sostanzialmente automatico, perché, dissociando la nomina, previa valutazione favorevole del CSM, dal conferimento delle funzioni di magistrato di Corte d'appello ovvero di Corte di cassazione, faceva sì che quest'ultimo conseguisse sic et simpliciter alla investitura (la nomina) nella rispettiva qualifica, allorché si fossero determinate situazioni di "vacanza" nell'organico e, quindi, senza che fosse necessaria da parte del CSM una nuova valutazione della idoneità all'assunzione delle funzioni corrispondenti.

E' ovvio, allora, che occorre ed occorrerà una disciplina della progressione delle carriere dei magistrati; ma è altrettanto evidente che la disciplina oggi esistente non costituisce che una delle tante, possibili discipline, in nulla e per nulla garantita da disposizioni costituzionali (la stessa sentenza n. 86 del 1982, su cui ci dovremo tra breve soffermare, aveva fissato il principio secondo cui rimane ferma la possibilità di adottare qualsiasi tipo di riforma legislativa "per tutto ciò che riguarda le funzioni ed i giudici di merito"). A rigore, una disciplina della carriera dei magistrati che affidi al CSM la sola valutazione "non negativa" del magistrato, prevedendo una progressione sostanzialmente automatica si pone, essa sì, in contrasto con l'art. 105 Cost., che attribuisce al Consiglio Superiore, "le promozioni".

In questo contesto, che il referendum crei un vuoto è conseguenza presa in considerazione dal legislatore, che ha - all'uopo - previsto che il risulato del referendum entri in vigore - se necessario - dopo sessanta giorni dalla proclamazione del risultato da parte del Presidente della Repubblica.

***

4.3. In realtà, non solo un sistema di progressione automatica non è coperto da nessuna disposizione costituzionale, ma addirittura nella versione adottata dal legislatore contraddice i principi costituzionali. La Corte costituzionale, infatti, non ha ritenuto che l'estensione dell'automaticità della progressione delle carriere a magistrato di cassazione (ovvero per il conferimento degli uffici direttivi superiori) operato dalla legge n. 831 del 1973, fosse conforme ai principi costituzionali.

Con la sentenza n. 86 del 1982, codesto Eccellentissimo Collegio ha, infatti, dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 831 del 1973 che stabilivano siffatta disciplina in quanto lesiva:

a) del "principio costituzionale di buon andamento dell'amministrazione della giustizia, considerato con particolare riguardo alle previsioni dell'art. 105 Cost."; una corretta applicazione di tale norma, oltre a richiedere la valutazione del CSM ai fini della nomina, avrebbe dovuto - nei confronti degli aspiranti alle funzioni di magistrato di cassazione - prevedere anche "una valutazione comparativa delle attitudini dei magistrati comunque idonei ad essere investiti delle funzioni in questione", e non il loro conferimento "sulla base delle precedenze risultanti dalle anzianità di ruolo: con la conseguenza che l'automatismo della progressione, escluso nella fase del previo giudizio di idoneità, riemerge nella fase conclusiva e determinante dell'iter configurato dagli artt. 1-10";

b) del principio per cui "i magistrati si distinguono fra loro solo per diversità di funzioni", di cui all'art. 107, comma 3, Cost.; questo principio non tollera che la legge n. 831 del 1973 "non si limit(i) a disporre che dalla conseguita 'valutazione favorevole' discendano i (...) benefici" economici "e la facoltà di sottoporsi all'ulteriore valutazione del Consiglio, ai fini della successiva nomina a magistrato di cassazione e dell'immediato conferimento delle relative funzioni", bensì anticipi "la nomina stessa, collegandola senz'altro (...) al superamento del primo vaglio cui sono sottoposti i magistrati di corte d'appello".

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5. Del significato della pronuncia e dell'esclusione del carattere di leggi a contenuto costituzionalmente vincolato attribuibile alle norme disciplinanti la progressione a magistrato di cassazione. Dell'ammissibilità del referendum anche sotto questo profilo.

5.1. Affinché si possa ritenere che le due leggi abrogande abbiano il carattere di leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, occorrerebbe dimostrare che esse - e il meccanismo di progressione sostanzialmente automatica da esse presisposto - costituiscano l'unica possibile modalità di attuazione delle disposizioni costituzionali in tema di magistratura.

Così non è. E, a dimostrarlo, basta richiamare, da una lato, il riferimento contenuto nell'art. 105 Cost. alle "promozioni" dei magistrati (che è cosa ben diversa dalla semplice progressione di carriera); dall'altra, l'interpretazione consolidata dell'art. 107, comma 3, Cost., da cui deriva il "divieto di qualsiasi tipo di arbitraria categorizzazione dei magistrati stessi, non sorretta da alcuna ragione di ordine funzionale" (sent. 86 del 1982).

Il riferimento della Costituzione alle "promozioni" dei magistrati ed alla "diversità di funzioni" da essi svolte non può essere - in quanto poco confacente ad interpretazioni più favorevoli - obliterato!

5.2. Dal quadro normativo della legge n. 831 del 1973, come interpretato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 86 del 1982, risulta che - a differenza del sistema di progressione nella carriera di magistrato d'appello - il magistrato di Corte d'appello che ha maturato l'anzianità di qualifica e di servizio necessarie per aspirare alla qualifica di magistrato di cassazione ha diritto:

- ad essere sottoposto a valutazione favorevole del CSM per essere dichiarato "idoneo" a concorrere ai posti di magistrato di cassazione che risultino vacanti;

- a ricevere - a seguito della suddetta valutazione favorevole - il trattamento economico equiparato a quello previsto per i magistrati di Corte di cassazione;

- ad essere sottoposto ad ulteriore valutazione da parte del CSM per essere dichiarato "idoneo" alla nomina a magistrato di cassazione e all'immediato conferimento delle relative funzioni.

La particolare garanzia che gli articoli 105 e 107, comma 3, Cost. - oltre alle altre norme della Costituzione che fanno riferimento alle funzioni della Corte di cassazione - stabiliscono nei confronti della categoria dei magistrati di cassazione è, pertanto, diretta a far coincidere necessariamente, nell'avente diritto, "nomina" e "conferimento delle relative funzioni" previa valutazione di idoneità da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Tuttavia, dal fondamento costituzionale del principio che erige i magistrati della cassazione a sola "categoria funzionale", inderogabile dal legislatore ordinario, dedotto dalla Corte cost. con sent. n. 86 del 1982, non potrebbe farsi derivare il carattere di legge a contenuto costituzionalmente vincolato per le norme disciplinanti la progressione nella relativa qualifica (né - come si vedrà infra, sub n. 6.1. - l'eterogeneità della richiesta referendaria, causa il differente regime legislativamente previsto per la progressione a magistrato di corte d'appello).

Il legislatore positivo - a seguito dell'esito positivo del referendum in epigrafe - ben potrebbe adottare anche in questo caso - oltre che per l'accesso nelle carriere a magistrato d'appello - un diverso sistema di progressione, tale, cioè, da non ruotare più intorno alla sola valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura "sul merito" o "sul non demerito" del magistrato avente diritto alla progressione al ruolo di cassazionista. Ma, ciò, potrebbe fare - ed è questo il punto, per così dire "vincolato", che discende dalla pronuncia de qua - sempreché l'attribuzione della nomina, nel solo caso della qualifica di magistrato di Corte di cassazione, non sia affatto disgiunta dal conferimento delle corrispondenti funzioni.

Posta in questi termini, la sent. n. 86/1982 costituisce non già soluzione obbligata - se non all'interno di un quadro legislativo predeterminato - per il legislatore, bensì una direttiva di principio. Tale direttiva non potrebbe in alcun modo essere elusa, ma, per il suo contenuto, non può certamente incidere sull'ammissibilità del referendum abrogativo di cui si discute, perché non pregiudica le diverse soluzioni cui il legislatore potrebbe accedere per disciplinare ex novo il sistema di progressione delle carriere dei magistrati: insomma, la sentenza n. 86 del 1982 era sì "a rime obbligate", ma solo in quel quadro ordinamentale; certo non vincola il legislatore futuro - e, dunque, nemmeno il referendum - a quella determinata soluzione.

Il referendum abrogativo, o meglio, l'effetto abrogativo ad esso conseguente, nell'eliminare le norme che concernono il sistema di progressione come "selezione meramente negativa" (supra n. 1.1), impone, infatti, al legislatore positivo di colmare il vuoto normativo introducendo un meccanismo selettivo per l'accesso alle funzioni superiori che tenga conto dell'effettiva idoneità di ogni singolo aspirante.

In questo, dunque, il referendum non solo non contraddice il principio individuato dalla Corte, ma si pone perfettamente nel solco aperto dalla sentenza n. 86 del 1982, costituendone per così dire lo sviluppo naturale.

Da una parte, pur ritenendo necessario che al conferimento delle funzioni si pervenga previo accertamento delle caratteristiche attitudinali e professionali dei magistrati, i promotori considerano non sufficiente il tipo di sistema di valutazione che oggi - anche a seguito dell'intervento interpretativo di codesto Eccellentissimo Collegio - ne costituisce il fulcro: essendo incentrato essenzialmente e comunque sulla mera valutazione del merito o del non demerito (come del resto riconosce la stessa Corte cost. sent. 86/1982, punto 6, del considerato in diritto) del magistrato promuovibile alle funzioni "superiori".

Dall'altra, nel proporre l'abrogazione anche della legge n. 570 del 1966, non "toccata" dall'intervento interpretativo della Corte costituzionale, i promotori vogliono che per effetto dell'abrogazione referendaria, il legislatore introduca una disciplina generale sulla progressione a tutte le qualifiche superiori a quelle di magistrato di tribunale (e, quindi, a quelle di magistrato d'appello e di magistrato di cassazione) che sia incentrata su un diverso e più penetrante sistema di selezione dei magistrati promuovibili.

***

6. Dell'omogeneità, chiarezza e univocità del quesito abrogativo.

6.1. Sicuramente il quesito è dotato del requisito dell'omogeneità, sotto tutti i profili considerati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale: la richiesta, infatti, è stata formulata in modo tale che non può affatto sostenersi che si tratti di una "pluralità di domande eterogenee, carenti di una matrice razionalmente unitaria", tale da incidere negativamente sul principio democratico e sulla libertà di voto (cfr. sentt. 22, 24, 25 e 26 del 1981). Il referendum di cui in epigrafe è sicuramente ispirato al principio comune della soppressione dell'attuale sistema di progressione delle carriere a magistrato della Corte d'appello, di Cassazione ovvero di incaricato di funzioni direttive.

In senso contrario non potrebbe sostenersi che, essendo stata la legge n. 831 del 1973 parzialmente reinterpretata dalla Corte costituzionale a seguito della sentenza n. 86 del 1982 (cfr. supra, sub n. 4.3.), quest'ultima introdurrebbe un sistema differente di progressione rispetto a quello previsto dalla legge n. 570 del 1966 per l'accesso alla qualifica di magistrato di corte d'appello.

A parte il rilievo - già più sopra evidenziato, cfr. supra n. 5 - circa il precipuo significato che la pronuncia assume nell'ambito della disciplina sulla progressione delle carriere a magistrato di cassazione, deve ancora una volta ribadirsi come l'elemento unificante della richiesta referendaria stia proprio nella chiara intenzione dei promotori di abrogare l'attuale sistema di progressione delle carriere dei magistrati in quanto fondato, in un caso - magistrato di corte d'appello - e nell'altro - magistrato di corte di cassazione - su una mera valutazione del CSM sul "merito" ovvero sul "non demerito" del magistrato che abbia maturato l'anzianità richiesta dalla legge e, quindi, su un tipo di selezione che è stato correttamente definito "meramente negativo".

Per quanto riguarda la chiarezza e univocità del quesito (sentt. 27 del 1981, 47 del 1991), è evidente l'alternativa posta al corpo elettorale (sent. 28 del 1981, confermata dalle sent. n. 64 e 65 del 1990): il mantenimento o la soppressione dell'attuale disciplina della progressione delle carriere dei magistrati (v. anche supra sub n. 1).

Ma la chiarezza del quesito è altresì confermata dal fatto che esso è stato strutturato in modo da ricomprendere ogni disposizione che incarna il suddetto principio abrogativo: il carattere onnicomprensivo dell'abrogazione (si colpiscono due leggi interamente) esclude che sia possibile dubitare sull'effettivo intento dei promotori (arg. a contrariis ex sentt. n. 47 del 1991 e n.65 del 1990). Pertanto, la perfetta aderenza tra la formulazione del quesito e l'intento dei promotori conferma l'assoluta congruità della richiesta abrogativa e la sua indiscutibile ammissibilità.

P.Q.M.

Si chiede che codesta Eccellentissima Corte costituzionale voglia dichiarare ammissibile il referendum de quo, nella formulazione sottoposta dall'Ufficio centrale. Con riserva di ulteriormente illustrare le posizioni dei promotori.

Roma, 4 gennaio 1996

Prof. Avv. Giovanni Motzo Prof. Avv. Beniamino Caravita di Toritto

 
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