Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 25 apr. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 15 gennaio 1997
IL CORRIERE DELLA SERA 15 GENNAIO 1997

SOLDI AI PARTITI, PERCHE' LA CONSULTA HA DETTO NO A PANNELLA

Il conflitto sollevato dal leader riformatore è inammissibile anche se viene lasciata aperta la possibilità di impugnazione davanti alla Corte.

Conclusa la consultazione elettorale decade il potere di controllo dei promotori dei referendum

A FAVORE

CONSO: PICCOLO, MA UN PASSO AVANTI C'E'. LA FORZA DEL "PRECEDENTE" HA PREVALSO.

Intervista a Giovanni Conso di Maria Antonietta Calabrò

Per Giovanni Conso, ex presidente della Consulta, l'ordinanza di ieri costituisce comunque un piccolo passo avanti.

D. Se l'aspettava così questa ordinanza?

R. Anche se non siamo in Inghilterra dove lo 'stare decisis' (l'attenersi alle decisioni già prese) è un cardine del sistema, un vero e proprio vincolo giuridico, la forza del 'precedente' ha prevalso ancora una volta, anche se nel nostro ordinamento vale più come un principio di coerenza. Non che la Corte Costituzionale non deroghi mai alla sua giurisprudenza, ciononostante questo accade molto di rado, specialmente quando si tratta di questioni di ordine processuale, come quelle della legittimazione ad adire la Corte.

D. Qual è questo famoso precedente?

R. E' un'ordinanza del 27 luglio 1988 che ai tempi in cui io ero vicepresidente, aveva dichiarato inammissibile un ricorso per conflitto di attribuzione presentato dai promotori del referendum sfociato nell'abrogazione delle norme del Codice di procedura civile sulla responsabilità dei magistrati. Ciò avvenne dopo l'emanazione della legge 117 del 1988 che adesso è oggetto di uno dei trenta referendum all'esame della Corte. Come si vede c'è una notevole somiglianza con il caso del conflitto sollevato dopo l'approvazione della nuova legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Ma allora come oggi la Corte ha affermato che il potere dei comitati promotori cessa con la pubblicazione dei risultati dei referendum.

D. Ma lei come giudica l'ordinanza di ieri?

R. Rispetto a quella dell'88 anche se riprende lo stesso principio di diritto, dice però più cose e di non piccolo rilievo. Sottolinea che - e lo dice espressamente, è quasi un invito sottinteso - la nuova legge è pur sempre assoggettabile all'ordinario sindacato della Corte. E per di più sottolinea che esiste la possibilità di controllo della Corte in ordine all'osservanza da parte del legislatore dei 'limiti relativi al divieto di formale o sostanziale ripristino della normativa abrogata'. Insomma, si riconosce che qualche limite esiste, mentre nell'ordinanza dell'88non si diceva nulla a proposito. Quindi bisognerà vedere come finisce questa storia sempre che ci sia un giudice ordinario che sollevi il caso davanti alla Consulta.

D. Ci sono altre alternative?

R. Come sta avvenendo per la legge sulla responsabilità civile dei magistrati si potrebbe a sua volta sottoporre la nuova legge sul finanziamento a referendum; oppure si potrebbe procedere a una modifica alla legge istitutiva del referendum che risalendo al 1970 si è rilevata lacunosa in più punti e avrebbe bisogno di un aggiornamento. Quella sarebbe la sede per fissare i limiti cui deve soggiacere la nuova disciplina di una materia, quando sul tema si sia svolto un referendum. Speriamo che al più presto uno di questi tre canali (giudizio della Corte, referendum, o nuova legge sui referendum) possa portare un netto chiarimento su una questione troppo delicata.

D. Ma allora non sarebbe stato meglio passare già ora, senz'altro, al merito della questione?

R. Risolvere al più presto il merito di una questione delicata come questa del finanziamento pubblico avrebbe avuto il vantaggio di evitare lunghe diatribe, interminabili querelle. Per questo sono sempre più convinto assertore del modello cui si ispira il 'Conseil Constitutionnel' francese,cioè al modello per cui la Corte interviene prima addirittura dell'entrata in vigore della legge.

CONTRARIO

CAIANIELLO: SI E' PERSA UN'ALTRA OCCASIONE PER DIRE CHI GARANTISCE LA CONSULTAZIONE

Intervista a Vincenzo Caianiello di Maria Antonietta Calabrò

Per Vincenzo Caianiello ex presidente della Consulta, la Corte avrebbe dovuto avere più coraggio e ammettere il conflitto sollevato da Pannella.

D. L'ordinanza di ieri non le piace proprio...

R. Secondo me c'era la possibilità per una scelta diversa. E invece eccoci qui con un'altra occasione persa e con un problema grossissimo che rimane aperto: chi è il garante dei referendum? Il capo dello Stato firmando la legge ha detto: "Non sono io il garante".La Corte Costituzionale ha affermato: "In via di principio potrei essere io il garante, ma il comitato promotore non può presentarsi davanti a me". La Corte ha imposto un intoppo di tipo procedurale, di legittimazione: il comitato promotore non può essere organismo permanete di controllo.

D. Augusto Barbera, nei giorni scorsi, ha affermato: "A nessuno può venire in mente che ancora oggi abbia un potereil comitato che organizzò il referendum sul dicorzio 25 anni fa...

R. Esattamente si tratta di ragionare in termini di tempi ragionevoli... Il referendum sul finanziamento pubblico risale a poco meno di quattro anni fa. Secondo me il termine ragionevole è quello di cinque anni e spiegherò anche perché. Il comitato rimasto battuto in una consultazione referendaria non può per legge riproporre il quesito se non dopo cinque anni: ciò significa che la volontà referendaria deve 'vivere' per almeno cinque anni. Rovesciando il ragionamento, potremmo dire che per cinque anni l'esito del referendum deve poter essere salvaguardato dai soggetti che hanno indetto la consultazione popolare. E questo èil caso della legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Invece la Corte ha detto di no a questa soluzione e ha indicato la strada del 'normale' controllo di costituzionalità.

D. Secondo lei questa apertura potrebbe servire oppure no?

R. Ho molti dubbi in proposito.Vero è che non si ètrovato il modo di affrontare il vero nodo della questione: cioè su chi garantisce i risultati di un referendum. Se il comitato non ha più alcun potere non appena si è avuto l'esito alle urne, il Parlamento potrebbe votare una legge in contrasto con il risultato referendario , non tre anni dopo, ma addirittura il giorno dopo il responso delle urne, anche in caso di vittoria del sì. Il parlamento si potrebbe mettere sotto i piedi la volontà popolare il giorno dopo le elezioni.

D. Già la volontà popolare non se ne va in giro a presentare ricorsi alla consulta e se non lo fanno i comitati promotori dei referendum, chi lo fa?

R. Accade quello che è già avvenuto con la responsabilità civile dei magistrati: una vera e propria restaurazione rispetto alle norme che sono state abrogate dal referendum. La legge di oggi è più limitativa dei diritti del cittadino, di quanto non fosse quella precedente. La Corte oggi ci dice per salvarsi l'anima è possibile praticare il normale giudizio di legittimità. Ma è più facile a dire che a fare.Innanzitutto non vedo quale sarebbe il parametro di costituzionalità che sarebbe violato da una norma che si mette sotto i piedi i risultati dei referendum. Secondo, davanti a quale giudice si può impugnare una legge come quella nuova sul finanziamento: davanti al giudice ordinario o a quello tributario? E poi per fare qualsiasi azione, bisognerebbe attendere quantomeno la prossima dichiarazione dei redditi, il prossimo 740, perché nessun cittadino avrebbe la legittimazione ad andare in giudizio se non dopo aver versato i soldi ai partiti.

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail