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CORRIERE DELLA SERA - CRONACA DI AGRIGENTO
Domenica, 19 Gennaio 1997

Conclusa la requisitoria sullo Psichiatrico siciliano dove si indaga sulle morti di trentasei degenti ricoverati in condizioni disumane

''Agrigento, due colpevoli per il manicomio''

Il pm chiede otto anni per il direttore, sei per il primario. La prima denuncia risale a nove anni fa. Corleone, sottosegretario alla Giustizia: ''Si fa luce su una strage degli innocenti''.

Pannella: ''La verita' storica diventi giudiziaria''

ARTICOLO DI FRANCO NUCCIO

AGRIGENTO - Per decenni quei morti sono stati ''dimenticati''. Inghiottiti in un vortice oscuro e spaventoso che la societa' civile continuava a chiamare ospedale, ma che in realta' aveva tutti i connotati del

lager. Uomini trattati come bestie, nudi e denutriti, abbandonati in stanze luride, lordi di escrementi, lavati con getti d'acqua gelida.

Ieri mattina un magistrato ostinato e puntiglioso ha presentato il conto, anche a nome di quei fantasmi che invocavano giustizia. ''Otto anni di reclusione per Gerlando Taibi, sei anni per Angelo Mongiovi'''. Il pubblico ministero Pino Bianco ha concluso cosi' la sua requisitoria nel processo per quello che e' ormai diventato lo ''scandalo'' dello Psichiatrico di Agrigento. Un manicomio dove sono morti 200 degenti in 11 anni, molti dei quali a causa di una epidemia di Tbc che sarebbe stata causata dalle condizioni disumane di degrado in cui erano costretti a vivere.

Gerlando Taibi era il direttore sanitario dell'ospedale, Angelo Mongiovi' il primario. Entrambi sono accusati di omicidio colposo e abbandono di incapace aggravato.

L'inchiesta ruota attorno alla morte ''sospetta'' di 36 ricoverati, che nei mesi scorsi ha fatto divampare una dura polemica tra i periti. Un consulente del pubblico ministero, il professor Luigi Cancrini, sostiene senza mezzi termini che nelle cartelle cliniche dei ricoverati c'e' la prova di un vero e proprio genocidio. La malattia, insomma, sarebbe stata favorita proprio dalla strafottenza di medici e infermieri. ''Sedici persone morte di tubercolosi - scrive Cancrini - si sono ammalate perche' costrette a vivere in padiglioni senza riscaldamento e senza vetri; nude, spesso; immerse negli escrementi, spesso''. Non la pensano allo stesso modo i periti d'ufficio nominati dal tribunale, i professori Leopoldo Basile e Giorgio Zaccaria, secondo i quali non vi e' alcun nesso di ''causa-effetto'' fra il decesso dei degenti e il loro stato di abbandono.

Nella sua requisitoria, durata 3 ore e mezzo, il pm ha ripercorso le tappe di questa tragica vicenda. Il primo a segnalare le condizioni in cui erano costretti a vivere i degenti dell'ospedale, alla fine degli anni '60, era stato lo stesso primario di Psichiatria, il professor Mario La Loggia, uno dei professionisti piu' noti della citta', figlio di uno dei ''padri'' dell'autonomia siciliana e fratello di un presidente della Regione. Nonostante quella denuncia, nel manicomio di Agrigento nulla cambio'. Per l'accusa gli unici responsabili non sarebbero dunque soltanto gli imputati ora a giudizio, come dimostra un altro processo ''parallelo'' (stesso pm, stesso tribunale) nei confronti di altri due dirigenti della Usl che devono rispondere degli stessi reati. Il lager continuo' a esistere nel disinteresse

generale. Il sistema di ''gestione'' degli ammalati fu tale da realizzare quello che il professor Luigi Cancrini ha definito ''un vero e proprio omicidio''.

I primi a squarciare il velo sugli orrori dello Psichiatrico furono i ragazzi di radio Concordia, una piccola emittente radiofonica vicina alla Curia, che accompagnarono i cronisti lungo i gironi danteschi di quell'inferno a pochi passi dal viale della Vittoria, la strada dove i loro coetanei passeggiavano ogni pomeriggio per lo ''struscio''. A guidarli era un giovane battagliero sacerdote, don Enzo Di Natali, che prima di abbandonare la tonaca perche' anche lui veniva considerato un ''pazzo'', racconto' sul settimanale diocesano, L'Amico del popolo, il calvario di quei poveri cristi. Nell'88 i parlamentari radicali Domenico Modugno e Franco Corleone, con un blitz nei reparti dell'ospedale, provocarono l'apertura di un caso politico nazionale. Uno scandalo documentato dalle foto agghiaccianti e

dall'inchiesta di Gad Lerner - ascoltato durante il dibattimento come testimone - su L'Espresso.

In tribunale era presente anche Franco Corleone, oggi sottosegretario alla Giustizia, che ha commentato con soddisfazione le richieste del pm. ''Dopo un'attesa durata 9 anni - ha detto - finalmente si fa luce su una strage degli ''innocenti''. E Marco Pannella, che su questa vicenda ha sollecitato caparbiamente l'attenzione dei media e dell'opinione pubblica, ammonisce: ''La classe dirigente che ha amministrato Agrigento non deve impedire che la verita' storica diventi anche verita' giudiziaria''.

 
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