LA RIVINCITA DEI PARTITI
Fondo di prima pagina di Sergio Romano
Il Congresso del Partito Popolare assomiglia come un gemello ai congressi che si tenevano negli anni della 'Prima Repubblica'. Il segretario politico - Bianco, Marini, Castagnetti o un outsider - non sarà liberamente o imprevedibilmente eletto dal 'popolo' degli iscritti. Verrà scelto come sempre nelle quinte dell'organizzazione e sarà il risultato di una prova di forza fra le principali tendenze del partito. I delegati ascolteranno, interverranno, daranno sfogo alle loro emozioni ed alle loro speranze. Ma finiranno per ratificare gli accordi di vertice fra gli 'ottimati' del partito. E lo stesso accadrà in febbraio per il congresso del Pds. Non occorre scomodare Mosca, Pareto, Michels e altri filosofi della politica a cavallo del secolo per sapere che i partiti europei sono soprattutto apparati, nomenklature, strutture organizzative, e che diventa leader chi riesce ad impadronirsene. Se ne scandalizzano generalmente gli ingenui o coloro che vogliono scalzare un gruppo dirigente per sostituirvi il proprio. I
partiti sono anzitutto macchine per la conquista del potere; e il manovratore emerge sempre dal gruppo dei macchinisti che ne conoscono il funzionamento. Vorremmo che i partiti fossero più rappresentativi e le loro regole più trasparenti. Ma il modello di riferimento - per adottare un confronto tratto dall'economia aziendale - è quello delle società controllate da Mediobanca e dai 'patti di sindacato', non quello dell' 'azionariato popolare' sognato dal presidente del Consiglio. Non di questo, quindi, conviene sorprendersi. Dobbiamo chiederci piuttosto se è giusto e conforme agli interessi del Paese che i partiti continuino ad essere il perno su cui ruota la vita politica nazionale. L'aspetto più interessante delle ultime settimane non sono le grandi manovre che precedono i congressi del Partito popolare, del Pds e di Forza Italia. E' il 'ritorno alla politica' invocato da leader, segretari di partito, commentatori. La frase può avere due significati. Nel suo senso migliore significa che il potere deve usci
re dalle procure, dai sindacati, dalle lobby e dalle corporazioni per ritonare nelle istituzioni che rappresentano direttamente o indirettamente la volontà popolare. Nel suo senso peggiore significa la restaurazione del sistema che Giuseppe Maranini trent'anni fa, definì 'partitocrazia'. E' questo, temo, il significato nascosto della campagna restauratrice di queste ultime settimane. Dietro la parola 'politica', virtuosamente declamata sul proscenio nazionale, si nascondono i partiti e le loro ambizioni. Dopo essere stati duramente colpiti e decimati dagli, scandali, dalle indagini giudiziarie, dai referendum di Segni e Pannella, i partiti stanno approfittando di questa lunga e inconcludente transizione costituzionale per riorganizzarsi e riprendersi il terreno perduto. Hanno aggirato il referendum abrogativo sul finanziamento pubblico e hanno approvato con l'assenso del capo dello Stato una legge che garantisce la loro esistenza. Avranno, probabilmente, fra qualche settimana una legge che riduce il falso i
n bilancio - grave reato contro la fiducia, fattore di corruzione e malcostume - a illecito amministrativo. Molte delle decisioni che competono al Parlamento e all'esecutivo si prendono, come in passato, nelle segreterie e negli apparati. Siamo, ancora oggi, a dispetto di quel che è accaduto in questi anni, la sola democrazia occidentale in cui un segretario politico conti più di un ministro e in alcuni casi, del Presidente del Consiglio. Siamo l'unica grande democrazia occidentale in cui il gruppo parlamentare di un partito sia meno influente della segreteria. Altrove i congressi importanti sono quelli dei partiti di opposizione, dove si definisce la strategia per la conquista del potere. Da noi invece i congressi importanti sono quelli della coalizione al potere, con i quali si rimettono continuamente in discussione gli equilibri del governo; come se le elezioni fossero state un rito inutile e inconcludente. Quanto tempo ci vorrà perché i partiti ricomincino a scegliere sfacciatamente i giudici della Corte
Costituzionale, i membri del Consiglio Superiore della Magistratura, i presidenti delle Casse di risparmio, i consigli di amministrazione delle imprese di Stato, il vertice degli enti pubblici? Conosciamo gli argomenti con cui la restaurazione verrà presentata e giustificata. Ci verrà spiegato che i partiti sono indispensabili al funzionamento di una moderna democrazia e che i loro detrattori sono qualunquisti e reazionari. ma il problema in discussione non è l'esistenza dei partiti. E' il loro ruolo nella vita istituzionale del paese. I partiti servono ad elaborare idee, creare movimenti di opinione, formare personale politico. Ma non debbono sostituirsi agli organi costituzionali o pregiudicarne le competenze. Si proclamano pilastri della democrazia, ma hanno un'irresistibile tendenza a svuotare di potere il Parlamento e l'esecutivo. Saremo un Paese normale soltanto quando l'elezione del segretario del PPI - un partito che rappresenta grosso modo il 7 per cento del paese - non sarà più materia di prima pa
gina. Il rafforzamento della democrazia italiana passa attraverso l'indebolimento dei partiti politici.