VELTRONI E RUTELLI, I DIOSCURIdi Angiolo Bandinelli
da: L'Opinione, venerdì 17 gennaio 1997
Veltroni e Rutelli hanno finalmente acquisito al patrimonio pubbblico romano Villa Blanc, la splendida residenza liberty sulla Via Nomentana. I Dioscuri del buonismo ulivista stavolta l'hanno azzeccata. Ma qualche loro precedente iniziativa è meno incoraggiante. Vediamo.
Un paio di mesi fa il Ministro e il Sindaco di Roma illustrarono un grande progetto per la valorizzazione dei Fori. Il famoso parco archeologico della capitale sarebbe stato aperto gratuitamente a cittadini e turisti così che questi, non più trattenuti dal costo del biglietto d'ingresso, possano liberamente passeggiare tra le mura, le colonne, gli archi e i boschetti di lauro della mitica area.
Il Foro Romano costituisce, con il Palatino, il più vasto sito archeologico "urbano" d'Europa. Nel corso dei secoli, il fascino e l'influenza culturale esercitati da queste rovine sono stati immensi: Piranesi se ne ispirò per vertiginose invenzioni architettoniche, Gibbon vi meditò sulla decadenza dell'Impero Romano, Goethe vi si fece ritrarre, disteso su un marmo e con un cappellone in testa, quale araldo di una Classicità ritrovata dopo le furie dello Sturm un Drang, Henry James inscenò nell'adiacente Colosseo la vicenda di Daisy Miller. Senza l'acanto che incornicia le colonne e i frammenti marmorei, gli archi e i sepolcreti, non avremmo avuto il Romanticismo delle rovine, della decadenza e del fato, del sublime.
Oggi, l'atmosfera, il gusto romantico sono del tutto scomparsi. I turisti si aggirano smarriti tra cumuli di macerie informi, casuali, rosicate e degradate, a rischio di cadere nelle voragini degli scavi abbandonati e incustoditi, e per capire se sono a Roma o a Hiroshima devono rivolgersi a guide improvvisate o consultare piantine e Baedeker approssimativi. Le rovine sono ridotte a pietrame buttato qua e là, annerito dalle piogge acide che hanno offuscato il bagliore del travertino, il suo ineguagliabile contrasto cromatico col laterizio. Alcuni monumenti, come l'arco di Settimio Severo, sono stati sottoposti a lavaggi che hanno evidenziato il logoramento della pietra; altri appaiono condannati a un inspiegabile destino di distruzione. Gli Orti Farnesiani, con le scalinate, grotte, stucchi, piante e balconate dove è custodita la tomba del grande archeologo Boni, sono da lustri recintati con rugginose tubature. Proprio lì sotto, poi, c'è l'arco di Tito, una vicenda incredibile.
L'arco fu eretto per le vittorie di Vespasiano e Tito su Gerusalemme. Le sue strutture, incorporate durante il medioevo nelle fortezze dei Frangipane, furono isolate di nuovo sotto Sisto IV e nel 1821 il Valadier ne ridisegnò le parti mancanti, conferendo alla rovina una forma e un'eleganza nuove. Sotto l'unico fornice, famosi altorilievi celebrano le vittorie dei due imperatori, mentre la volta a botte è decorata con ricchi fregi. Ebbene, i due altorilievi sono smangiati e ingialliti fino all'osceno, mentre i fregi sono letteralmente scomparsi sotto una patina nerofumo. Eppure l'arco è anche un documento eccezionale delle origini della Diaspora e dunque dell'Olocausto e dovrebbe restare a significativo monito contro gli errori e le violenze degli uomini. Roba da appello all'UNESCO.
Ma la proposta dei due Dioscuri, di aprire il Foro alle passeggiate dei romani e dei turisti, si è già arenata. Pare fosse approssimaiva, non concordata con la sovrintendenza, i tecnici, gli archeologi. I quali, peraltro, hanno le loro responsabilità. Per loro, i Fori sono sopratutto occasione di scavi; che poi questi vengano abbandonati a se stessi e il complesso sia inagibile ad una visita intelligentemente fruita, a loro non importa, la loro cultura non è fatta per rispondere a questi problemi.
Anche qui, insomma, il momento scientifico e quello didattico, senza il quale non v'è moderno museo ma solo conservazione accademica o risorsa volgarmente turistica, sono separati e si ignorano, aprendo il varco alle più estemporanee sparate. La vicenda dei Fori è un indizio amaro della mancanza di respiro, di progettualità della classe dirigente romana e nazionale. Vedremo ora come ci si comporterà con Villa Blanc: se il progetto andrà avanti o sarà una nuova mossa ad effetto pronta ad arenarsi ai primi scogli.