UN PROCESSO LUNGO NOVE ANNI
Articolo di Bruno Perini
Una storia lunghissima e drammatica che attraversa tre decenni, cominciata malissimo e finita peggio. Un processo a fisarmonica, stracolmo di incongruenze e di angolature oscure che sembrava non
finire mai. Venticinque anni di inchiesta che si concludono con la condanna definitiva - salvo improbabili colpi di scena da parte dell'inchiesta bresciana, che dovrebbe stabilire se la sentenza d'Appello dell'11 novembre 1995, come ha pubblicamente denunciato Adriano Sofri, fu preconfezionata per chiudere un capitolo della nostra storia che infastidiva quasi tutti. Quale che fosse il verdetto, comunque, una cosa era ormai certa: il processo Calabresi non andra' alla storia (ne' sarebbe andato in caso di assoluzione) come esemplare di giustizia. Un quarto di secolo. L'inchiesta sull'omicidio del commissario di polizia Luigi Calabresi dura da circa 25 anni. Da quando, la mattina del 17 maggio del 1972, Calabresi fu ucciso a colpi di pistola mentre usciva dalla sua abitazione milanese in via Cherubini. Per anni sull'omicidio incombe il silenzio, si fanno supposizioni di ogni genere ma sul piano giudiziario non si muove nulla. Sembra che quella storia debba entrare a far parte del libro dei grandi misteri: pass
ano gli anni di piombo, arrivano gli anni della Milano da bere e dello yuppismo spinto e quella vicenda pare sotterrata dal mutare rapido dei tempi. Nel 1988, dopo ben 16 anni dall'omicidio, arriva improvvisa la svolta: Leonardo Marino, l'uomo che Sofri definira' nel suo promemoria, "San Marino", si presenta in una caserma dei carabinieri e racconta la sua
versione dei fatti. Il pentimento di Marino ha un effetto immediato: il Pm Ferdinando Pomarici chiede e ottiene il 28 luglio del 1988 l'arresto di tre ex dirigenti di Lotta Continua: Adriano Sofri, fondatore di Lotta Continua e docente all'Accademia d'arte di Firenze, Giorgio Pietrostefani, dirigente industriale, e Ovidio Bompressi. I primi due sono accusati di essere i mandanti dell'omicidio mentre Bompressi e' accusato di aver materialmente assassinato il commissario Calabresi. Marino confessa ai giudici di aver guidato l'auto usata per compiere l'attentato. Inizia cosi' una delle piu' tortuose storie giudiziarie del dopoguerra. Il 2 maggio del 1990 c'e' la sentenza di primo grado: 22 anni a Sofri, Pietrostefani e Bompressi, 11 anni a Marino. Il 12 luglio del 1991 la Corte d'Assise d'Appello conferma le condannne inflitte in primo grado. Gli imputati negano ogni responsabilita'. Il 23 ottobre del 1992 la prima clamorosa notizia: le sezioni Unite della Cassazione annullano la sentenza di condanna e rinviano
gli atti alla Corte d'Assise d'Appello di Milano.
Sembra che ci sia uno spiraglio per riaprire davvero il processo e la storia che ci sta dietro. E infatti il 21 dicembre del 1993 i giudici d'Appello assolvono tutti, ma il 27 ottobre del 1994 la Cassazione annulla di nuovo con rinvio la sentenza di assoluzione. Sembra che si voglia a tutti i costi la condanna, che arriva puntualmente in secondo grado l'11 novembre del 1995 con la conferma delle pene originarie. L'unico che ne esce indenne e' Leonardo Marino. Per lui il reato e' prescritto.