DICHIARAZIONE DEL COMITATO PROMOTORE DEI REFERENDUM ELETTORALI. Roma, 30 gennaio 1997.
Sui referendum elettorali la Corte Costituzionale ha confermato di essere un organo fuori-legge, che agisce contro la Costituzione e la legalità repubblicana ed attenta, in maniera flagrante, ma purtroppo ancora impunita, ai diritti fondamentali dei cittadini e degli elettori.
Nelle scorse settimane, a differenza di molta stampa, non abbiamo dato grande rilievo alle indiscrezioni sui rapporti od equilibri di forza che andavano costituendosi all'interno della Consulta sui quesiti elettorali: sapevamo di non potere sperare nulla da una lotta per bande, organizzata politicamente, e per ragioni "politiche", fra "filo-referendari" ed "anti-referendari".
Se davvero ne fossero esistiti, di giudici "favorevoli" (non ai referendum elettorali, ma a che la legge venisse applicata e non violata) avrebbero potuto impedire il massacro della Costituzione, avrebbero potuto onorare la legge, come avevamo chiesto, facendo mancare il numero legale, non partecipando alla votazione, sollevando e denunciando lo scandalo che alla fine, invece, li ha sommersi e travolti.
Sapevamo di non potere contare su di una Corte in cui le divisioni riflettevano variazioni su di un medesimo tema: quello della riduzione dei criteri di ammissibilità a criteri di valutazione politica. Senza certezza del diritto, era chiaro che i referendum (e tanto più i referendum di grande importanza politica) erano perduti. E tali sono stati.
La legge elettorale è la fragilissima chiave di volta di un equilibrio istituzionale pericolante: riuscire ad imporre, con il concorso dei cittadini, una riforma elettorale maggioritaria, avrebbe spazzato via, democraticamente, non già i piccoli partiti, come qualche impostore sostiene, ma il sistema dei partiti, di tutti gli "attuali" partiti; avrebbe consentito di riconvertire la partitocrazia in democrazia; avrebbe significato, letteralmente, la Rivoluzione liberale e democratica.
Oggi grazie alla Corte Costituzionale, il Governo è salvo. Sarebbe caduto immediatamente, come Bertinotti non ha mancato di minacciare, non appena fosse stata messa in discussione la quota proporzionale.
Grazie alla Corte, sono salvi i partiti, così come sono, e come li abbiamo ereditati da 40 anni di partitocrazia.
La sentenza non ci coglie impreparati, nè impauriti. Sappiamo che la lotta contro un potere fuori-legge ed eversivo sarebbe stata dura. Sappia la Corte (ed il potere di cui è corte) che continuerà.