e Superstet.E' vero che con l'abolizione della golden share si apre la possibilità
che Cuccia si acchiappi la Superstet, a cui punta da sempre, ma la
questione non è così semplice.
Con la golden share sarebbe precluso a chiunque di controllare la Stet
senza il consenso dello Stato; non solo a Cuccia, quindi, ma anche che so
io alla AT&T. Si potrebbe dar luogo, in pratica, soltanto ad una
"privatizzazione di Stato".
Con l'abolizione della golden share, invece, gli scenari che si aprono
sono sostanzialmente due:
* una privatizzazione privata (quella che piace a Cuccia);
* una privatizzazione vera e propria.
Bisogna innanzitutto tener presente che la Superstet sarà un'azienda con
una capitalizzazione di borsa di circa 55 mila miliardi, le cui azioni
sono già largamente (più del 50% dopo la fusione) in mano al mercato (fondi
comuni, gestioni patrimoniali, gestori esteri). Per controllarla sarà
quindi sufficiente una quota intorno al 25-30%. Vale a dire che
chi la vuol comprare dovrà sborsare come minimo 14 mila miliardi,
cioè circa 3 volte la capitalizzazione di Mediobanca, Banca Commerciale
o Credito Italiano. Pertanto sarà necessario organizzare una cordata di
investitori pronti a rilevare la suddetta quota. In Italia l'unico in
grado di portare avanti un'operazione del genere è Cuccia, che potrebbe
anche coinvolgere qualche colosso tedesco o francese. Se pertanto la
privatizzazione sarà in qualche modo riservata all'Italia (di fatto o
di diritto), possiamo già metterci l'animo in pace. Ma anche se non
lo sarà, Cuccia ha dalla sua una speranza, e cioè che il governo, in nome
del famigerato azionariato diffuso, ci riproponga il limite al possesso
azionario. In tal modo sarà necessario trovare tanti investitori che
accettino di comprarsi che so io l'1% della Stet (leggi 550 miliardi)
per dare poi il controllo di fatto al capo-cordata. E quale folle americano,
inglese, o che so neozelandese, sborserebbe una tale cifra per non
contare nulla in un'azienda che opera in Italia (che non è proprio l'ombe-
lico del mondo)?. Invece un americano, un inglese o un neozelandese
sborserebbe sì una cifra maggiore ma per contare nella gestione aziendale.
In sostanza se ci ripropinano il limite al possesso azionario sarà una
privatizzazione privata, altrimenti sarà una vera privatizzazione.
L'abolizione della golden share non è ancora una condizione sufficiente
per approdare a privatizzazioni serie, ma è senz'altro una condizione
necessaria.
E' vero, infatti, che non è il caso di farsi illusioni, ma con la golden
share la possibilità di approdare a una privatizzazione autentica non
esisteva neppure. Ora almeno è una delle possibilità.
--- MMMR v4.50reg