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Conferenza Movimento club Pannella
Partito Radicale Rinascimento - 1 febbraio 1997
la Repubblica 31 gennaio '97

Ma e' gia' pronta la soluzione per tagliare il proporzionale

di ANTONELLO CAPORALE

ROMA - Persa la Costituente, svanisce tra i cavilli dei codici anche la possibilita' di bloccare, con l'abolizione della quota proporzionale, il (crescente) potere d'interdizione dei gruppi e gruppuscoli minori, tutti filiazione della galassia democristiana. Aumenta percio' la rabbia di Gianfranco Fini e Alleanza nazionale ritorna sensibile al richiamo della foresta: "Oggi piu' che mai c'e' la ragione per sostenere l'Assemblea costituente". Il Polo, nel giorno del pollice verso della Consulta, si divide: i grandi piangono di dolore, i piccoli ballano di gioia. Fini, costretto a sedersi nella Bicamerale, luogo per lui dannato, gravido di grandi e piccoli inciuci tra D'Alema e Berlusconi, spiega cosa pensa di questa sentenza e, soprattutto, cosa intende fare nella Bicamerale: "Bocciando i referendum elettorali e quello sul Csm, la Corte ha ribadito il concetto politico che sta a cuore a tutti i sostenitori della Bicamerale: le riforme devono farle i partiti, non i cittadini cui e' vietato esprimersi... Percio'

c'e' una ragione in piu' per sostenere la Costituente e per non rinunciare al presidenzialismo". D'Alema e' avvertito, in commissione la guerra e' dichiarata. Dinanzi ai microfoni, mentre Casini vede "piu' luci che ombre" - contento come mai di veder svanita l'eventualita' (catastrofica per il Ccd) di un referendum antiproporzionale - anche Silvio Berlusconi ha parole di fuoco: "Si tratta di scelte discrezionali, di tipo politico, nelle quali e' prevalsa una volonta' e una logica di conservazione". Nell'Ulivo, che brinda silenzioso a un risultato che non scuote le alleanze e tranquillizza le ali, da Rinnovamento italiano al Ppi, a Rifondazione comunista, il Pds decide di assumere un atteggiamento apparentemente neutrale. Ci pensa pero' Massimo D'Alema ad esprimere "l'amarezza" per l'esito negativo: "E' chiaro che nel momento in cui si restringe una possibilita' di partecipazione popolare, questo non ci fa piacere". Dietro ai microfoni, sottotraccia, prende forma e corpo la piccola rivincita dei grandi parti

ti contro i piccoli. Forza Italia, con il costituzionalista Giorgio Rebuffa, ha presentato, e dalla prossima settimana e' al voto della Camera, una proposta che consentira' un domani non lontanissimo, di portare finalmente al voto i quesiti sull'abrogazione della quota proporzionale. Il sistema elettorale non sara' tema dei lavori della Bicamerale, per non frantumare ogni possibile accordo. La strada-Rebuffa e' quella piu' lunga, ma anche la piu' sicura. Berlusconi ha chiesto ieri a gran voce a D'Alema di impegnarsi a dire si'. "Aspettiamo di vederlo all'opera", dicono a Forza Italia. Ci si aspetta "un atto coraggioso" e non e' affatto detto che non arrivi.

La spinta a sostenere questa microlegge, presupposto per lo svolgimento dei referendum elettorali che qualche movimento s'incarichera' di richiedere, trova braccia e gambe anche dentro Botteghe oscure. Ieri il costituzionalista Augusto Barbera ha spiegato che dire si' a questa legge e' "l'unico riparo per recuperare una situazione che invece di rafforzare le posizioni restauratrici avra' l'effetto di rafforzare le posizioni presidenzialistico-plebiscitarie". Naturalmente nell'Ulivo la battaglia dei "piccoli" per sventare la trappola mortale, e' gia' iniziata. Se i popolari, silenziosi, lavorano ai fianchi l'alleato pieno di dubbi, Rifondazione comunista e' loquacissima. I comunisti hanno aperto gli occhi e Oliviero Diliberto, il capogruppo, chiede alla aggioranza di far quadrato, di offrire alle richieste di Berlusconi "risposte non equivoche". La legge Rebuffa "e' truffaldina, serve a cambiare le regole del gioco, e consentire il passaggio dei referendum. L'obiettivo e' di spazzare via i partiti per lasciar

e il posto alla democrazia dei notabili, dei potentati economici". Nell'Ulivo il subbuglio sara' grandissimo, ma il Pds ha buone possibilita' di mettere ordine. Non e' un'iniziativa partita dalla maggioranza e, all'interno di essa, le forze che vi si oppongono non sono in grado di mettere in gioco Prodi.

Non destabilizza il quadro politico perche' il governo e' totalmente fuori da questa vicenda. Una crisi no, e allora, per Bertinotti, Marini e Dini l'unica via da percorrere e' di concentrare le armi della rivolta in Parlamento dove troveranno anche quelle di Casini e Buttiglione. Vicinanze forse poco gradite, ma utili quando si trattera' di stoppare la legge e far cambiare idea, se davvero questa dovesse confermarsi, a D'Alema.

 
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