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Partito Radicale Rinascimento - 1 febbraio 1997
La Stampa Venerdi' 31 Gennaio 1997

"Un altro referendum elettorale"

LA STRATEGIA DI BERLUSCONI

Il Cavaliere vuole la mobilitazione popolare

di Augusto Minzolini

ROMA - Ma se passasse la legge Rebuffa, il Polo potrebbe promuovere un altro referendum elettorale per l'abolizione della quota proporzionale? A questa domanda che gli viene posta nell'anticamera del gruppo di Forza Italia di Montecitorio, Silvio Berlusconi offre una riposta sorniona: "Certo che potremmo farlo. Sarebbe un modo per coinvolgere di piu' la gente e attrarre l'attenzione sul lavoro della Bicamerale". Cosi', con tutta la prudenza del caso, Silvio Berlusconi sta tirando fuori piano piano la strategia con cui si appresta ad affrontare la trattativa sulle riforme nella Bicamerale. Un'ipotesi, quella di mettere in campo un nuovo referendum elettorale, che il leader di Forza Italia ha sempre accarezzato (questo giornale ne ha gia' parlato qualche settimana fa) ma che finora aveva evitato di tirare fuori per non frapporre altri ostacoli all'avvio della commissione per le riforme.

Ma perche' Berlusconi ventila un altro referendum elettorale? Non e' detto che questa risorsa sara' mai messa in pratica, ma il Cavaliere ha bisogno di una bandiera su cui far nascere una mobilitazione popolare diversa dall'Assemblea Costituente, su cui ormai c'e' il cappello di Cossiga e Segni. E ancora, deve procurarsi un' arma di pressione da usare verso quei settori della maggioranza che non vogliono concedere nulla sull'elezione diretta del premier (in particolare Rifondazione). L'ipotesi di un altro referendum per l'abolizione della quota proporzionale risponde a entrambe le esigenze e la legge Rebuffa (che e' gia' calendarizzata nell'aula di Montecitorio per il 3 febbraio) e' lo strumento necessario per rendere realizzabile uno scenario di questo tipo: il provvedimento spazzerebbe via i motivi alla base della sentenza con cui, ancora ieri, la Consulta ha bocciato i referendum elettorali di Marco Pannella. E dunque l'esame della Corte non costituirebbe piu' un ostacolo per un eventuale nuovo referendum

. Cosi' non deve meravigliare il fatto che Berlusconi abbia chiesto proprio su questo punto "un segnale" (insieme all'assicurazione che la maggioranza non tentera' di modificare surrettiziamente i regolamenti parlamentari durante i lavori della Bicamerale) all'uomo che ormai e' gia' il presidente "in pectore" della Bicamerale, Massimo D'Alema. E per evitare incomprensioni, il leader di Forza Italia ha sfoggiato un linguaggio piu' politico del solito: ha parlato di "segnali" e non di "condizioni", e' stato attento a dire che se questi messaggi di collaborazione non arrivassero "il Polo non abbandonerebbe la Bicamerale", ma certo non si creerebbe quell'atmosfera di fiducia indispensabile per varare le riforme. Eppoi, annunciando che il centro-destra si asterra' sulla presidenza D'Alema, Berlusconi ha fatto una nuova apertura di credito al segretario del pds: "Noi siamo per una pace calda piuttosto che per una guerra fredda".

Insomma, il Cavaliere ha cominciato a usare il linguaggio dei segnali in codice con il segretario pidiessino, lasciando ai "professori" il compito di rendere piu' espliciti i termini della trattativa. "Prima di fare il presidente della Bicamerale - ha spiegato Rebuffa - D'Alema deve dire in aula se e' disposto a far votare la mia legge". "Il segretario del pds - ha aggiunto Marcello Pera - deve dimostrare che sulle riforme e' disposto ad andare oltre la maggioranza di governo, a costo di rischiarne la vita".

E il prossimo 3 febbraio, su un provvedimento come la legge Rebuffa che riguarda un tema squisitamente istituzionale, si verifichera' se il piano funziona.

Infatti, Rifondazione ha gia' fatto sapere che osteggera' in tutti i modi il provvedimento. D'Alema accettera' il rischio di sostenerlo ugualmente? Fara' questa apertura di credito a Berlusconi, mettendolo in grado di promuovere un nuovo referendum elettorale? Ieri nell'Ulivo, sull'argomento, sono risuonate risposte contrastanti. Prima c'e' stata un'apertura di Fabio Mussi. Poi Pietro Folena ha ammesso in Transatlantico che, per dare slancio alla Bicamerale, "bisogna farsi carico anche dei problemi di Berlusconi". Nelle stesse ore, pero', il capogruppo dei deputati popolari, Sergio Mattarella, ha posto delle condizioni: "Si puo' dire di si' alla legge Rebuffa ma inserendo nella legge una norma che impedisca di usarla per far passare altri referendum elettorali". In altre parole, nell'Ulivo su questa legge sono venuti fuori gli stessi sospetti, le stesse diffidenze, le stesse dietrologie con cui nel centro-destra era stata valutata nelle scorse settimane la proposta della commissione bicamerale. Ma davvero il

confronto sulle riforme potrebbe avere delle chances di successo se si partisse in quest'atmosfera?

Proprio per evitare di partire con il piede sbagliato, ieri pomeriggio Massimo D'Alema e Franco Marini hanno avuto un lungo colloquio nell'aula di Montecitorio sui "segnali" da inviare a Silvio Berlusconi. Ci sono state in serata altre consultazioni tra i vertici di Botteghe Oscure e di piazza del Gesu'. Alla fine il segretario del ppi ha fatto sapere che il suo partito era disponibile ad accettare la legge Rebuffa. Certo, nei prossimi giorni potrebbero esserci dei ripensamenti, ma il segretario dei popolari non vuole ostacolare il lavoro di D'Alema. "E' indispensabile creare - ha spiegato Marini ai piu' recalcitranti dei suoi - un clima di fiducia". "A me - ha aggiunto De Mita - questa legge Rebuffa mi pare una cavolata. Ho dei dubbi che sia costituzionale e comunque non faccio drammi su un argomento del genere". Adesso bisognera' vedere la reazione di Bertinotti, ma quale che sia e' difficile che possa condizionare D'Alema. Anche il segretario del pds - come Berlusconi - ha bisogno di un'arma per premere s

u Rifondazione e il pericolo che possa essere promosso un nuovo referendum elettorale sarebbe lo strumento adatto. Bertinotti si troverebbe davanti a un bivio: salvaguardare nella legge elettorale la quota proporzionale (indispensabile per la sopravvivenza di Rifondazione) oppure mostrarsi aperto sull'elezione diretta dell'esecutivo.

Augusto Minzolini

 
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